La banda Apollinaire
di Renzo Paris
elliot, 2018
pp. 181
€ 17,50 (cartaceo)
"Avevano vent'anni e volevano cambiare l'arte mondiale" (p. 75)
Chi sono questi temerari? Sono i giovani artisti che, squatter ante litteram, si ritrovavano, in quella magnifica e rutilante Parigi d'inizio Novecento, nell'atelier (nome un po' pomposo per una stanza divisa da una tenda) di rue Ravignan dove Picasso radunava i suoi giovani amici. Gente come Max Jacob, André Derain, Vlaminck, André Salmon, Alfred Jarry, André Billy, Henry Rousseau,. E soprattutto lui Guillaume Apollinaire, tra i più grandi poeti del Novecento. Apollinaire è l'artista che riempie le pagine di questo romanzo biografico scritto da un altro poeta, quel Renzo Paris che iniziò a frequentare i versi di Apollinaire venticinquenne, traducendoli, su istigazione di Pier Paolo Pasolini, per le nuove edizioni della Newton-Compton negli anni 70.
E che a scrivere queste pagine sia stato un poeta lo si percepisce dal tocco narrativo, quando le vicende quotidiane vengono più evocate che descritte, dalla scelta dei versi che accompagnano la vita stessa di Apollinaire e degli artisti che si radunavano in quella brigata conosciuta come "bande à Picasso", o come l'autore preferisce "La banda Apollinaire". Alla quale Paris stesso sente di appartenere. Almeno spiritualmente, a distanza di un secolo. L'autore inizia a raccontare la vita del poeta a partire proprio da un'incursione personale: il 25 agosto 2005 Paris cammina per Roma, al rione Monti, percorre via Milano fino a incrociare via Nazionale. Lì, proprio sull'angolo, c'è, tuttora, un palazzo umbertino, signorile. È qui che il 25 agosto del 1880 nacque Wilhelm Albert Wlodzimierz Apollinaris de Waz-Kostrowitzky, in arte e per la vita Guillaume Apollinaire. Che fino ai 7 anni respirò l'aria di Roma, i colori, il popolo, la lingua. Finché la madre, bellissima polacca dedita al gioco d'azzardo, all'inganno, all'espediente e anche alla prostituzione, non si trasferì a Parigi. Passando prima per il Principato di Monaco, dove Apollinaire passò l'adolescenza leggendosi tutti i poeti simbolisti. Oltre ai classici, a Virgilio, a Petrarca, a Boccaccio, a Shakespeare e naturalmente ai francesi, Villon, Ronsard, Racine, La Fontaine. Perché poi, poeta riconosciuto
Raccomandava di conoscere le regole se si voleva violarle e che bisognava assolutamente conoscere come lavoravano i classici se si voleva fare qualcosa di nuovo (p. 170)
È proprio con l'arrivo a Parigi che si dispiega la parabola artistica di Apollinaire che si ritrova ben presto a essere tra i protagonisti più attivi di quel cambiamento che segnò la vita culturale parigina d'inizio Novecento.
Sono queste le pagine migliori di Paris che riesce a restituirci il senso di un'appartenenza, un'amicizia amorosa e artistica tra i giovani artisti che ruotavano intorno a Picasso, un legame che è letteratura, pittura, arte, vita, goliardia, piena corrispondenza alla vita di un'epoca votata al futuro, al furore, alla Belle Epoque. È in questa compagnia che Apollinaire, come tutti gli altri, si sente definito, perfettamente compiuto. Un circolo dove la poesia si alterna alla buona tavola, la pittura all'oppio, la scrittura alla mescalina, l'arte all'assenzio. Un vivere sopra le righe che era esso stesso avanguardia. Sono ancora lontani e neanche immaginabili gli echi della guerra che, nel 1914, tutto ciò farà tragicamente finire. Con la chiamata al fronte anche la banda Apollinaire si disferà, come si disferanno i corpi e le anime di questi giovani artisti accomunati nel destino a tanti coetanei, fabbri, operai, medici, avvocati, falegnami. La generazione perduta.
Renzo Paris ci accompagna negli anni più belli di Apollinaire aprendo le pagine di Alcools, dei Calligrammes, dei Poèmes à Lou, di Le Poète assassiné, de Le undicimila verghe e altre opere ancora cosicché il lettore tramite i suoi versi o citazioni di sue opere possa entrare nell'intimo del poeta, conoscere i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue fissazioni erotiche. C'è una carrellata godibilissima di tutti gli amori che attraversarono la vita del poeta. Da quella Marie Dubois che gli fece battere il cuore di ragazzino ad Annie Playden, la governante inglese che lo rifiutò. Da Marie Laurencin, anche lei pittrice e della stessa cerchia di artisti à Picasso, che gli preferirà un tedesco (affronto che Apollinaire non perdonò mai) alla contessa Louise de Coligny-Chȃtillon con la quale ebbe una storia d'amore ad altissimo tasso erotico e che gli ispirò poesie assai esplicite; da Madeleine Pagès, la bella professoressa maghrebina che Apollinaire incontrò su un treno e che fu un amore più epistolare che reale, fino all'ultima, quella Jacqueline Kolb che sposò per pochi mesi, prima di essere colto dalla febbre spagnola. Donne che punteggiarono l'esistenza del poeta, che gli fecero da muse e che la mia curiosità mi ha spinto a ricercare sul web, per dar loro un volto, per guardarle negli occhi. Ecco, a mio parere, un buon apparato iconografico avrebbe costituito un quid in più molto importante per un libro di questo genere: il lettore vuole vedere in viso il poeta, gli amici, le donne, gli ambienti in cui nasce e si eleva la sua poesia. Per contestualizzarla.
Della poesia di Apollinaire Renzo Paris ci rivela la poetica, la teoria che la sostiene, i rapporti tesi con il Simbolismo, il Realismo, le sue bestie nere, perché il poeta deve cantare non ciò che vede, ma ciò che immagina. La querelle con i Futuristi che lo vede cercare di scardinare la volontà di questi artisti di mettersi a capo di tutte le correnti d'avanguardia. Poi conosce Filippo Tommaso Marinetti e alla fine il Manifesto dell'Antitradizione futurista lo firmano entrambi.
Insomma, un libro pieno zeppo di spunti, di curiosità, di incitamenti all'approfondimento. Una passeggiata che noi lettori facciamo sempre a braccetto di Paris che ci porta a Roma, ma anche alla stazione Saint-Lazare di Parigi.
E il bello è che queste pagine, proprio per la vis che le anima e per il ritratto di quella Parigi irripetibile, risultano attrattive e affascinanti sia per chi ama la poesia, ça va sans dire, ma anche per coloro (e confesso di essere tra questi) che la poesia la frequentano poco.
Sabrina Miglio
Sabrina Miglio
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