L’incubo di Hill House
di Shirley Jackson
Adelphi, 2004
pp. 233
€ 12 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)
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La prima edizione originale di questo classico della letteratura gotica risale al 1959, quella italiana al 1979, e da allora sono trascorse molte primavera, sono stati ricavati ben due film da questo testo, nel 1963 “Gli invasati”per la regia di Robert Wise e nel 1999 “Presenze” di Jan de Bot. Nel 2018 è approdato come serie tv su Netflix, e da qui la riscoperta. Adelphi lo ripubblica nel 2004, e via via ne ripubblica varie edizioni.
È un libro costruito sull’emotività e le sensazioni della protagonista, la giovane Eleanor Vance, che ricomincia a vivere la sua vita, dopo un lutto importante, ovvero la morte della madre.
Eleanor ha accudito per anni sua madre, proprio durante una di queste notti non si è accorta di una crisi, e lei è morta. Per ricominciare a vivere, e cercare di superare questo lutto, decide di far parte di un’esperimento, invitata dal professore Montague. Si troverà, insieme ad altri due estranei e allo stesso professore, all’interno di un’edificio stregato, in cui passerà una parte dell’estate, per studiarne i fenomeni paranormali. Questo è il piano. In quest’avventura Eleanor non è sola, a farle compagnia ci sono una spregiudicata e carismatica Theodora e Luke Sanderson, in rappresentanza della famiglia proprietaria della casa.
In cosa questa dimora è diversa dalle altre? Gli indizi sono davvero pochi, all’inizio, perché tutti coloro che vi si sono avvicinati sono subito andati via, senza troppe spiegazioni, rifiutandosi di parlarne; persino gli abitanti del villaggio in cui sorge la proprietà si rifiutano di dare informazioni sugli avvenimenti. La casa stessa è dunque un personaggio reale, che chiede ai suoi inquilini di scoprirla e di capirne i segreti. I misteriosi avvenimenti che vivranno i protagonisti sono frutto della loro fantasia o sono colpa di questo essere bizzarro? Di questa costruzione senza amore né speranza, nata dall’amore del primo proprietario ma tragicamente destinata a portare solo morte nelle vite di chi la elegge a sua dimora.
Guardandosi allo specchio, con la luce vivida del sole mattutino che ravvivava persino l camera azzurra di Hill House, Eleanor pensò: È la seconda mattina a Hill House, e sono incredibilmente felice. T’arrise la vittoria, t’arriderà l’amor; ho detto bugie e mi sono resa ridicola, e persino l’aria ha il sapore del vino. Sciocca come sono, mi sono quasi spaventata a morte, ma in un modo o nell’altro mi sono meritata questa gioia; è tanto tempo che l’aspetto. p.130
Interessante poi provare a individuare il luogo in cui sorge questa dimora, si trova sulle colline del New England? Così sembrerebbe dalle indicazioni che il dottor Montague fornisce a Eleanor, ma alcuni elementi non tornano
Il rapporto che la casa instaura con i suoi abitanti è un rapporto esclusivo, e se si vive un periodo particolare come quello di Eleanor, non c’è modo di scappare alla malìa che Hill House può esercitare. Nell'opera della scrittrice non bisogna certo cercare orride atmosfere o colpi di scena tipici dei racconti dell'horror, ma c'è l'atmosfera gotica, la sottile angoscia che il mistero può generare, la paura è più legata agli aspetti impliciti di una personalità disturbata, che proietta paure o manie dentro l'edificio, che non a oscure presenze. Il lettore sarà dunque portato a scoprire o a capire se è tutto frutto della fantasia di questa donna o se davvero la casa l’ha cambiata, l’ha catturata, o infine ha solo rivelato a se stessa chi è e cosa vuole, in un mondo di pregiudizi borghesi americani, che più di ogni altra cosa la inchiodano a quello che dovrebbe essere e che forse non è, in una società che ha come sfondo precisi canoni religiosi e uno scenario, quello degli anni Cinquanta, in cui la diversità è sempre considerata diabolica. I suoi tormenti arriveranno a condurla fino ad un punto finale che sembra inevitabile e disastroso insieme, e che porterà il lettore ancora una volta a domandarsi se non fosse già scritto tutto dall’inizio.
"Svolti a sinistra nella 5, in direzione ovest" diceva la lettera, e con grande prontezza, quasi fosse lui a manovrare il volante, eccola sulla Route 5 in direzione ovest, ormai alla fine del viaggio. Dica quello che vuole, pensò Eleanor, mi fermerò lo stesso un minuto a Hillsdale, solo per un caffè, perché non sopporto che questo lungo viaggio finisca così presto. p.27Nel libro di Colin Dickley (purtoppo solo in inglese) "Ghostland: an American History in Haunted Places" si cerca di capire proprio quale sia questa famigerata collina su cui sorge Hill House. L'autore propone alcune interessanti teorie che porterebbero a collocarla in Vermont, luogo in cui la Jackson si trovava quando scrisse il libro e in cui il regista Wise, in The Haunting ha ambientato il film. Però l'indicazione di Montague parla anche di una cittadina, Ashton, che si raggiunge attraverso la Route 39 e non ci sono cittadine di nome Ashton in Vermont, ma ce n'è una che sta all'incrocio tra la 39 e la 5 in Illinois. Poco importa, perché cittadine in cui gli abitanti odiano le grandi case dei ricchi, poste lì a ricordarci le differenze sociali, sono ovunque nella provincia americana.
Il rapporto che la casa instaura con i suoi abitanti è un rapporto esclusivo, e se si vive un periodo particolare come quello di Eleanor, non c’è modo di scappare alla malìa che Hill House può esercitare. Nell'opera della scrittrice non bisogna certo cercare orride atmosfere o colpi di scena tipici dei racconti dell'horror, ma c'è l'atmosfera gotica, la sottile angoscia che il mistero può generare, la paura è più legata agli aspetti impliciti di una personalità disturbata, che proietta paure o manie dentro l'edificio, che non a oscure presenze. Il lettore sarà dunque portato a scoprire o a capire se è tutto frutto della fantasia di questa donna o se davvero la casa l’ha cambiata, l’ha catturata, o infine ha solo rivelato a se stessa chi è e cosa vuole, in un mondo di pregiudizi borghesi americani, che più di ogni altra cosa la inchiodano a quello che dovrebbe essere e che forse non è, in una società che ha come sfondo precisi canoni religiosi e uno scenario, quello degli anni Cinquanta, in cui la diversità è sempre considerata diabolica. I suoi tormenti arriveranno a condurla fino ad un punto finale che sembra inevitabile e disastroso insieme, e che porterà il lettore ancora una volta a domandarsi se non fosse già scritto tutto dall’inizio.
Samantha Viva
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