Come Pinocchio nella balena.
Scuola e letteratura in carcere
di Sonia Trovato
Prospero editore, 2019
pp. 118
€ 14,00
Un anno scolastico in carcere: questa è l’esperienza descritta da Sonia Trovato, insegnante precaria che, sotto gli occhi attoniti di una segretaria poco comprensiva, ha rifiutato cattedre apparentemente ben più appetibili, interessandosi unicamente alla convocazione per la casa circondariale. Un’esperienza che l’ha condotta fin nella “pancia della balena”, dove ha insegnato le materie del biennio a un gruppo eterogeneo di studenti detenuti. Ci tiene molto, l’autrice, a rispettare quest’ordine nella disposizione delle parole per definire la compagine umana che si è trovata di fronte, per smontare fin da subito il pregiudizio di chi appiattisce lo spessore dell’individuo riducendolo alla dimensione della reclusione, volendo a tutti costi vedere il detenuto come un criminale irredento e irredimibile. Quella che viene narrata in questo breve volume di Prospero editore è invece una realtà molto diversa: una realtà in cui la scuola diventa non più costrizione ma scelta e occasione di riscatto, in cui la letteratura torna a parlare alla vita e della vita, così come dovrebbe sempre essere e troppe volte invece si dimentica; una realtà in cui un testo diventa occasione di dibattito e di confronto, di scoperta di retroscena comuni e sentimenti condivisi, ma anche protagonista di improvvisi rovesciamenti – assolutamente inevitabili per gli studenti e straordinariamente spiazzanti per l’insegnante (come la lettura “stupefacente” della “roba” verghiana o l’interpretazione carceraria dei complementi dell’analisi logica).
Non mancano aneddoti che mettono in evidenza alcune discrasie del sistema, nate da eccessi di zelo (o d’ingenuità), come nel caso dell’incontro per la prevenzione dell’alcolismo, rivolto a detenuti che da troppi mesi ormai non possono indulgere in un vizio spesso assai gradito. Ecco allora che la “consistente sequenza di diapositive raffiguranti cocktail e volti ebbri”, mostrata da una volenterosa dottoressa, si rivela controproducente: “per i presenti sarà come veder scorrere un album di famiglia di parenti defunti e compianti. [...] Ogni cocktail è un sospiro” (p. 33).
Il volume di Trovato si configura quindi come un resoconto ironico, che nulla però vuole togliere o negare alla serietà della condizione dei reclusi, che viene anzi restituita con una profondità che nasce proprio dalla leggerezza (in base a quell’ossimoro solo apparente rilevato già dalle Lezioni americane di Calvino). La detenzione diventa la chiave d’accesso a una prospettiva decentrata sul reale (e forse anche per questo per gli allievi è così facile immedesimarsi con Cosimo Piovasco di Rondò, il barone rampante): “Prof, anche noi da qui vediamo le cose diversamente da come le si può vedere fuori. È tutto più lontano ma più chiaro” (p. 71). Forse uno degli elementi di maggior interesse del libro è allora la scelta dell’autrice di riportare proprio questo punto di vista altro (o da un altrove), citando diversi passi dai lavori di scrittura prodotti nel corso dell’anno dagli studenti, che descrivono sogni di libertà o riflettono sulla situazione carceraria, in particolare sul rapporto tra errore e riscatto, talvolta con un’intensità e un’efficacia comunicativa inaspettate. La lettura delle “voci” che emergono dal ventre della balena è quasi un ascolto, tanto i pensieri risuonano forti, e contribuisce a dimostrare il messaggio sotteso al volume e alle citazioni letterarie che intervallano, come spiriti guida, la narrazione dei diversi episodi di vita vissuta: ovvero che forse proprio nella dimensione angusta del carcere la parola ritrova il suo peso, la sua densità, il suo valore necessario. Che soltanto se messa alla prova, continuamente testata, misurata sull’esistenza la letteratura, e la scuola in senso lato, ritrovano un senso. Questa verità, mai imposta dall’autrice eppure palese per il lettore, rende il volumetto prezioso e fornisce un importante spunto di riflessione, per gli insegnanti ma non solo, sul senso da dare alla disciplina e all’istituzione scolastica, che per quanto bistrattata, rimane uno dei più importanti luoghi di formazione di una coscienza sociale e civile del nostro presente.
Carolina Pernigo