La storia degli alberi e di come hanno cambiato il nostro modo di vivere
di Kevin Hobbs e David West
L'ippocampo, 2020
Illustrazioni di Thibaud Hérem
Traduzione di Lucia Corradini
pp. 216
€ 19,90 (cartaceo)
Sono gli alveoli polmonari del pianeta; ci fanno sentire piccoli e transitori; sono terapeutici da abbracciare. Per buona parte di noi, almeno quella non formata in campo botanico, gli alberi sono spesso associati a queste tre riflessioni.
di Kevin Hobbs e David West
L'ippocampo, 2020
Illustrazioni di Thibaud Hérem
Traduzione di Lucia Corradini
pp. 216
€ 19,90 (cartaceo)
Sono gli alveoli polmonari del pianeta; ci fanno sentire piccoli e transitori; sono terapeutici da abbracciare. Per buona parte di noi, almeno quella non formata in campo botanico, gli alberi sono spesso associati a queste tre riflessioni.
Il primo albero del pianeta, originato da spore, nacque circa 385 milioni di anni fa e apparteneva alla famiglia delle felci. Oggi, delle 391000 specie di piante vascolari esistenti, circa un quarto è composta da alberi. Ognuno di loro ha le proprie caratteristiche, il proprio territorio e terreno d'elezione e, da quando hanno intrecciato le loro radici con le nostre vite, hanno anche funzioni e applicazioni ben precise.
La storia degli alberi e di come hanno cambiato il nostro modo di vivere di Kevin Hobbs e David West gira intorno a due concetti. Il primo, e il più evidente, è di come l'uomo abbia imparato a trarre il massimo vantaggio dall'utilizzo e dallo sfruttamento degli alberi; il secondo, più sotteso, evidenzia come la natura riesca sempre a trovare una strada. Anche e soprattutto senza il nostro intervento.
Più vicini alla natura, i nostri antenati sapevano trarre tutti i benefici possibili dalle specie autoctone e spesso in modo sostenibile. In molte civiltà gli alberi hanno assunto un importante significato culturale o religioso. Erano considerati qui come un dono, là come un simbolo divino. (p. 8)
I cento alberi raccontati in questo volume edito da L'ippocampo, si fanno conoscere come se ciascuno di loro raccontasse una storia. Ogni albero è corredato da una piccola scheda con il nome comune, l'origine, il clima congeniale, l'habitat e la longevità oltre che dalle illustrazioni di Thibaud Hérem: ogni tavola ricorda quasi l'impostazione degli erbari botanici del XIX secolo e rende ogni albero degno di stare in cornice. Ma, lungi dall'essere trattati in maniera strettamente scientifica evidenziando solo gli aspetti botanici, tutti gli alberi sono osservati, in larga parte, dall'ottima umana: a cosa servono, cosa producono, presso quale civiltà sono stati utilizzati o adorati, come hanno influenzato l'arte e la cultura.
Scopriamo quindi che il tasso è stato associato alla morte perché con il suo legno venivano costruite lance e archi; che dobbiamo a Catone il Censore l'abitudine di chiudere orci e bottiglie con il sughero per conservare meglio gli alimenti; che il sandalo, sfruttato sia per il profumo che per la produzione di olio, oggi è a rischio a causa dell'uso massiccio tanto che non si riesce a determinare la longevità della pianta perché prima dei vent'anni vengono tutte tagliate; che la resina del pino domestico, una volta ridotta in polvere, è usata come antiscivolo per le scarpette delle ballerine; che la noce delle Molucche può essere usata come candela che brucia per quindici minuti e che serve per misurare il tempo. Queste e moltissime altre curiosità economiche, storiche e artistiche ci fanno vedere come la nostra stessa evoluzione sia intrecciata con quella degli alberi molto più che per il semplice utilizzo del legno come combustibile o materiale da costruzione. Soprattutto ci mostrano come gli alberi abbiano sempre goduto di moltissimo rispetto e vera e propria adorazione nel corso dei millenni.
L'albero della Bodhi, un tipo di fico, è la pianta sotto la quale Buddha raggiunse l'illuminazione e quindi è sacro per buddhisti e induisti; la jacaranda è di buon auspicio per gli esami universitari; l'agrifoglio in Germania è considerato la pianta della corona di spine di Cristo e veniva distribuito alla domenica prima di Pasqua al posto delle palme o dell'ulivo. Non solo in tempi antichi, ma anche nella cultura odierna, gli alberi sono sempre stati ammantati di rispetto e adorazione. Sentimenti che purtroppo stiamo andando a perdere senza renderci conto di un dettaglio fondamentale e che è una delle tematiche sotterranee del volume: che le piante possono benissimo fare a meno di noi e che, anzi possono riparare a tutti i nostri danni.
Nei nostri tempi, che si definiscono illuminati, gestiamo ancora da dilettanti lo sviluppo sia degli alberi spontanei che di quelli coltivati. Invasivit, diffusione di parassiti e malattie, incendi forestali sono tra i maggiori problemi da affrontare. (p.9)
L'eucalipto prospera anche con gli incendi: il suo olio è estremamente infiammabile, ma una volta che il fuoco ha fatto piazza pulita delle piante intorno a lui, è in grado di crescere nel terreno ricco di cenere. Un bel sollievo se pensiamo agli incendi che hanno devastato l'Australia solo pochi mesi fa. L'albero del paradiso può germogliare dal cemento e su terreni pieni di detriti. La paulonia depura dall'inquinamento e assorbe l'anidride carbonica ed ecco perché è così coltivata in Texas. Un ginko biloba è riuscito a ricrescere ad appena un chilometro dal punto di esplosione della bomba di Hiroshima.
Rovesciando la visione e guardandola dal punto di vista degli alberi, non siamo noi ad aver imparato come sfruttarli al meglio: sono loro che ci sono venuti in aiuto. Hanno imparato a nascondersi e a rivelarsi poco alla volta come dimostrano le nuove specie che vengono scoperte anche in tempi molto recenti: è il caso dell'albero Esser degli Inca, pianta che chiude il volume e che è stata scoperta sulle Ande solo nel 2017. Abbiamo ancora tanto da imparare, ma sembra che non riusciamo a fare tesoro di quanto già sappiamo. Questo volume, oltre che per la splendida impostazione grafica, ci spinge, esperti e non, a una riflessione sul nostro modo di vivere e di utilizzare le risorse che abbiamo a disposizione. Gli alberi sono arrivati molto prima di noi e, a giudicare dalle loro infinite abilità, saranno ancora qui quando la razza umana se ne sarà andata. E racconteranno, divertiti, di quando l'essere umano incideva la corteccia della lacca incurante dei suoi vapori velenosi: e tutto per rendere lucidi e brillanti mobili e statue.
Giulia Pretta