di Federica Brunini
Feltrinelli, 2020
pp. 200
€ 15,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
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Sono passati esattamente vent’anni, tre mesi, dieci giorni, undici ore e trentacinque minuti da quando il maresciallo si è presentato alla porta di Villa Carla e la vita di Giorgia è cambiata radicalmente. Il punto-mostro, gli abissi oscuri del Lario, hanno inghiottito la persona per lei più importante. Poco tempo dopo, un segreto irrivelabile l’ha spinta a rinunciare per sempre alla seconda. Da quel momento l’esistenza della protagonista si è fatta fuga, totale dedizione all'alterità per non guardare alle proprie fratture interiori, per riuscire a tenersi insieme. Impegnata in una ONG come fundraiser, si divide tra Toronto e Bangladesh, Cambogia, Vietnam, Thailandia, scheggia in continuo movimento nel tentativo di salvare più vite possibili per non pensare alla propria.
Quando una contingenza – la vendita della villa di famiglia – la costringe a tornare nei luoghi in cui è cresciuta, tutti i nodi irrisolti del suo passato le si ripresentano davanti: la madre e la sorella, che sono rimaste e appaiono più legate che mai, lontane anni luce da lei (o almeno così le pare); Alex, amato un tempo e abbandonato, che adesso serba rancore e non le vuole parlare; la memoria del padre, che riecheggia continuamente intorno e dentro di lei con le sue frasi e con i suoi rituali tramandati.
È stato lui, personaggio intenso, esule dal passato tormentato, a insegnarle a sentirsi parte del tutto che la circonda, ad amare ogni giorno, ogni alba, ad approfittare appieno di ogni momento. Lui ad averla compresa davvero, ad averle trasmesso la generosità e lo spirito inquieto insieme al suo cognome slavo e ai suoi tratti somatici. È stato lui ad insegnarle i rudimenti della “geologia sentimentale”, a investire le pietre delle sue emozioni e a legarle ai momenti importanti della sua storia. Questo baule di sassi, accuratamente catalogati, la attende adesso nella sua camera di un tempo, con il suo carico, letterale e metaforico, di ricordi. Di fronte a essi, Giorgia non può più fare finta di niente – non può più abbandonarsi a quell’egoismo cieco che tutti le rinfacciano e che lei ostinatamente nega (come può essere egoista chi si dedica solo al suo prossimo?, si chiede, senza pensare che nella sua brama di lontananza si è curata di chi era lontano più che di chi la amava da vicino). Mentre il passato le presenta il conto, anche il presente si fa vivo davanti a lei: il nipote Nic, che ricorda così tanto il nonno e che finalmente ha l’occasione di conoscere; Rosalba, la figlia del suo amore perduto, quella figlia che lei non ha avuto; le stanze familiari, piene di oggetti che si fanno monumenti della giovinezza perduta e al contempo tasselli di una saga famigliare condivisa, da custodire e proteggere a ogni costo. Le domande tormentano la protagonista, i cui sentimenti sono rimasti cristallizzati alla stagione dei suoi vent’anni e le impediscono di realizzarsi pienamente. “Mi dispiace che tu sia una donna così.”, le dice la madre, che la capisce molto più di quanto lei non ammetta. “Così come?” “Rassegnata al dolore” (p. 118). Solo dicendo la verità a se stessa, solo riguardando retrospettivamente al proprio percorso, Giorgia può sperare di chiudere una volta per tutte le questioni rimaste in sospeso. In un romanzo in cui alcuni aspetti della trama avrebbero potuto comunque essere sviluppati, con piacere del lettore (anche solo, per dirne uno, il suggestivo rito privato a cui rimanda il titolo), Federica Brunini riesce bene a restituire attraverso la rapidità dei dialoghi la discrepanza tra l’immagine che la protagonista ha di sé e quella che ne hanno gli altri. Soltanto nel momento in cui accetta di guardarsi con gli occhi altrui, Giorgia inizia a crescere sul serio.
La circonferenza dell’alba si configura come un romanzo adatto all’estate, per le atmosfere di acqua e vento che riesce a riprodurre sulla pagina nelle belle descrizioni del Lario, ma anche per la scorrevolezza del testo (al quale si perdona volentieri qualche sbordatura sentimentale), per la delicatezza con cui riesce a descrivere una donna a un bivio esistenziale e per un finale che non ci si aspetta fino alle ultime pagine.
Carolina Pernigo