di Katharine Burdekin
Sellerio, 2020
1^ edizione: 1937
pp. 336
€ 15 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Nel 1937, 11 anni prima della pubblicazione di 1984, l’Inghilterra vide la pubblicazione di un altro romanzo distopico che, come il romanzo di Orwell, puntava a sconvolgere le ideologie sempre più radicali di un’Europa che stava rapidamente precipitando verso la Seconda guerra mondiale. La copertina recava il nome, maschile, di Murray Costantine; ma ci vollero più di cinquant’anni prima che fosse scoperta l’identità che si celava sotto lo pseudonimo, quella di Katharine Burdekin.
La notte della svastica è ambientato in un futuro distante sette secoli, in cui, in seguito al sanguinoso conflitto che noi conosciamo come Seconda guerra mondiale, il mondo è stato spartito dalle due potenze che hanno prevalso, quella tedesca e quella giapponese. La Burdekin ci delinea l’orrore di un governo nazista che è riuscito ad instaurare un enorme impero tramite una religione fondata sul culto di Hitler, elevato a un dio, e su una ferrea gerarchia degli esseri umani. Nel ventiseiesimo secolo, infatti, gli uomini hitleriani sono ormai gli unici a vivere liberi, guidati da canoni morali di violenza fisica e sopraffazione, mentre le donne vivono in campi di concentramento, rasate e private di ogni dignità, corpi utili solo alla procreazione. In questo mondo feudale, di cavalieri e servitori, dove vige la legge del più forte, e un uomo è reso tale solo dalla sua brutalità, sono scomparse da secoli nel fuoco la storia, l’arte, la filosofia e la letteratura, bruciate insieme ai libri che le recavano.
Eppure, nella buia notte della ragione, si apre uno spiraglio di luce. Un libro, una fotografia. Un filo di resistenza che di padre in figlio ha attraversato le generazioni, per finire nelle mani del protagonista Alfred. Che inizia a porsi sempre più domande. Può la violenza essere il principio organizzativo di una società? Che cos’è che davvero rende un uomo tale? Come si possono cambiare le coscienze di chi è stato addestrato a non pensare?
Con uno stile filosofico, che procede per dialoghi densissimi e che si astiene da giudizi e descrizioni, la voce narrante di La notte della svastica lascia al lettore il compito di immaginarsi panorami e di trarre le proprie ineluttabili conclusioni. Coinvolgendoci pagina dopo pagina nella rete di un’ideologia vischiosa, il romanzo suscita riflessioni urgenti non solo sul contesto storico dell’Europa alle porte del secondo conflitto mondiale, ma anche sulla natura umana, avvertendoci della facilità con cui essa, in ogni momento storico, cade nelle trappole della sopraffazione e delle facili ideologie. Ma tra le righe si apre anche uno spazio di speranza, che sopravvive anche laddove tutto sembra ormai perduto: la speranza nelle generazioni future, e nella potenza di un’educazione diversa.
Katharine Burdekin, con una sensibilità fuori dal comune, riesce a percepire le radici oscure che il nazismo affonda nella psiche umana, e a portarle senza pietà in superficie tramite la creazione di un mondo distopico che anticipa non solo 1984 (tanto da suggerire a molti studiosi che ne sia stato una fonte di ispirazione) ma anche romanzi più recenti, come ad esempio l’ormai classico Il racconto dell’ancella. Nella nuova traduzione edita da Sellerio, il romanzo ci aggredisce con la sua attualità e ci incita non solo a lanciare uno sguardo all’indietro, verso la Storia, ma anche all’interno di noi stessi e, soprattutto, verso il futuro che noi, giorno dopo giorno, andiamo costruendo. Sì, proprio noi.
Marta Olivi