di James Purdy
traduzione di Maria Pia Tosti Croce
Racconti edizioni, 2020
pp. 128
€ 13,00 (cartaceo)
€ 2,99 (ebook)
Quando ho lasciato la Virginia ero poco più che un ragazzo, avevo diciassette anni, ed è così che la gente del paese mi ricorda; sono andato in guerra, ma sebbene sia stato lontano circa nove anni, non sono davvero tornato così uomo come il capitano e il sergente ci avevano promesso quando prestammo giuramento, sono tornato come uno prosciugato di qualsiasi cosa, tranne qualche fievole brandello di memoria. (p. 42)
Non è semplice scrivere di questo libriccino – ultimo, in
ordine di apparizione, degli Scarafaggi targati Racconti edizioni.
Non è semplice, in primo luogo, perché questo racconto lungo
non è inquadrabile all’interno di un genere letterario preciso. Abbiamo elementi
che lo potrebbero connotare come racconto di formazione, altri che lo
avvicinerebbero al genere horror o al surreale, vi sono riferimenti al gotico e
al soprannaturale; ma, in fin dei conti, se si volesse incastonare l’opera di
Purdy all’interno di una cornice ben precisa, sarebbe tutta fatica sprecata. Certamente
l’atmosfera generale del libretto è cupa e densa di significati ultraterreni;
certamente il protagonista evolve durante il testo fino a raggiungere un
proprio momento di catarsi che, addirittura, lo riabilita all’interno della
società civile da cui si è ritirato; certamente c’è una forte componente
omoerotica che scorre sotterranea fra le pagine: tuttavia, l’impressione che
resta alla fine è quella di un mosaico di generi e sottogeneri che
contribuiscono a formare l’immagine di Come
in una tomba. Forse bisogna solo allontanarsi e guardare l’opera nel suo
complesso e da una prospettiva più ampia. A quel punto, dimenticati i generi
che, come le categorie aristoteliche, forniscono di solito il quid di un’opera, è possibile apprezzare
appieno la storia di Garnet Montrose.
Ma la difficoltà non è limitata solo al genere: anche la
trama è di non semplice gestione. Sebbene gli eventi si susseguano piuttosto
lineari, infatti, stabilire esattamente perché accada qualcosa a quel
personaggio in quel dato momento (in conseguenza di quale atto, per quale
motivazione) è compito non da poco. Eppure la difficoltà di lettura e la non
sempre chiarissima concatenazione di eventi-motivazioni non sono elementi che
fanno venire la tentazione di mollare il libro e dedicarsi ad altro; anzi, la
capacità creativa di Purdy è tale da far comprendere (quasi) immediatamente che
quella difficoltà di lettura e quella non sempre chiarissima concatenazione di eventi-motivazioni
sono parte integrante della storia stessa. Sebbene sia quasi impossibile empatizzare
o fraternizzare con Garnet Montrose e con gli altri personaggi (i quali, tutti,
risultano decisamente inumani, e dunque lontani da una possibile comprensione),
allo stesso modo, incredibilmente, ritroviamo che il suo percorso è il nostro percorso, il suo
dolore il nostro dolore. L’amore e l’odio che attraversano la storia sono
sentimenti esasperati, e perciò tanto più forte colpiscono; l’emarginazione di
Garnet, che ha il corpo color delle more, salvo poi alla fine svestirsi di quel
colore e tornare alla normalità come dopo un percorso di redenzione, è una
emarginazione crudele e violenta, eppure se ne capiscono subito gli effetti
benefici. È una lettura che in qualche modo ristabilire un ordine interiore pur lasciando un caos sterminato dentro il lettore. Ancora una volta è difficile spiegare perché, ma tant'è.
Come in una tomba
è un viaggio interiore, più che una lettura. Bisogna abbandonare ogni pretesa
di verosimiglianza, e scendere di un gradino ulteriore rispetto a quella suspension of disbelief tanto cara a
Coleridge, per poter godere di quest’opera così minuta e così
complessa.
David Valentini