L'ultimo volo per Tokyo
di Hayashi Mariko
Atmosphere Libri, maggio 2020
Traduzione di Anna Specchio
pp. 200
€ 16,50
Uno degli aspetti più oscuri della società giapponese è il suo endemico maschilismo. Inteso in una maniera del tutto diversa rispetto a quello occidentale di spiccata matrice religiosa (penso al cristianesimo) o rispetto a quello dei Paesi di fede islamica, il maschilismo giapponese non ha nulla a che vedere con un’imposizione spirituale, quanto con una connaturata essenza sociale che porta le dinamiche umane a svolgersi in questo modo perché non potrebbero svolgersi altrimenti. Non dimentichiamo, infatti, che fino alla metà del XIX secolo il Paese del Sol Levante viveva totalmente chiuso nei suoi confini geografici e solo l’epoca Meiji ha permesso a questo arcipelago di isole di aprirsi al resto del mondo.
Come molti altre peculiarità di questa cultura, tuttavia, anche il maschilismo nipponico è ricco di contraddizioni: famoso è il ruolo della donna nella gestione dell’economia domestica, di cui l’uomo di casa spesso non conosce neanche un dettaglio. Certo, per avere la possibilità di gestire la casa in maniera totalizzante è assai probabile che la donna abbia abbandonato il proprio lavoro proprio all’indomani delle nozze, e qui torna il maschilismo. Ma che la gestione economica di famiglia venga affidata alla donna è spesso impensabile in una medesima realtà occidentale: anche qui non mancano le donne dipendenti dal marito, eppure non gli fanno di certo i conti in tasca.
Tutto questo preambolo può sembrare avulso dal contesto letterario in cui si inserisce L’ultimo volo per Tokyo, la prima opera di Hayashi Mariko (classe 1954) pubblicata in Italia grazie a un’iniziativa di Atmosphere Libri e arrivata nel nostro Paese con 25 anni di ritardo rispetto alla pubblicazione in patria. Eppure non si può parlare della Hayashi senza citare il femminismo non radicale che nutre le sue opere, tutte bestseller in Giappone, e quindi comprenderne la portata ideologica fondamentale per scoprire ancora di più nuovi aspetti della cultura nipponica.
Gli uomini accolgono volentieri le donne che amano il sesso, ma non gradiscono molto quelle interessate ai soldi e alla fama. Strano, visto che adorano quelle in possesso di entrambe le cose!
L’ultimo volo per Tokyo è una raccolta di cinque racconti scritti tra il 1984 e il 1985 tutti accumunati dall’avere per protagoniste le donne della nuova società economicamente all’avanguardia di un Paease che a soli 40 anni dal disastroso esito della Seconda Guerra Mondiale si muove accanto agli Stati Uniti come potenza mondiale. Le figure remissive da “buone mogli e sagge madri” (ryōsai kenbo) o quelle intriganti dall’esotico fascino di geisha lasciano, infatti, il posto a giovani che amano i piaceri della vita (dal sesso alla buona cucina), cercano di realizzarsi professionalmente attraverso il proprio lavor (anche come scrittrici) e rifiutano di adattarsi in toto a qualunque aspettativa, comprese quelle degli uomini.
Hayashi ritrae le sue donne in presa diretta, senza drammi o chiaroscuri; provano, sì, dubbi e timori, ma questi non sono sufficienti a scoraggiarle o a intaccare i loro progetti. Che si tratti di voltare le spalle a un vecchio amante o rischiare il tutto per tutto a favore della propria carriera, queste donne proseguono per la loro strada, costruendo la propria vita giorno per giorno, talvolta con un pizzico di malinconia in più, ma mai sconfitte. Sono pragmatiche, passionali, a volte spigolose o insicure; hanno problemi sentimentali, un’agenda piena di scadenze, segreti, un biglietto aereo o ferroviario sempre in tasca, e si adoperano senza sosta per raggiungere i loro obiettivi o colmare le loro mancanze: tutte le protagoniste de L’ultimo volo per Tokyo somigliano a una nostra amica, sorella, conoscente o, addirittura, a noi stesse.
Hayashi ritrae le sue donne in presa diretta, senza drammi o chiaroscuri; provano, sì, dubbi e timori, ma questi non sono sufficienti a scoraggiarle o a intaccare i loro progetti. Che si tratti di voltare le spalle a un vecchio amante o rischiare il tutto per tutto a favore della propria carriera, queste donne proseguono per la loro strada, costruendo la propria vita giorno per giorno, talvolta con un pizzico di malinconia in più, ma mai sconfitte. Sono pragmatiche, passionali, a volte spigolose o insicure; hanno problemi sentimentali, un’agenda piena di scadenze, segreti, un biglietto aereo o ferroviario sempre in tasca, e si adoperano senza sosta per raggiungere i loro obiettivi o colmare le loro mancanze: tutte le protagoniste de L’ultimo volo per Tokyo somigliano a una nostra amica, sorella, conoscente o, addirittura, a noi stesse.
Per di più, quell’uomo non conosceva quasi niente della Midori che gli stava di fronte in quel preciso momento: perché si trovava in quella città, in veste di che cosa si era spinta tanto lontano e tutte le altre cose. Doveva farglielo capire una volta per tutte.
Proprio per accentuarne l’immedesimazione, di ciascun di loro non conosciamo nulla dell’aspetto fisico: una donna è chi è per quello che dice e soprattutto per quello che fa. Lo sa bene l’autrice, che per anni ha combattuto contro il retaggio della kokeshi (bambola) da esposizione per imporsi in una società che teneva in considerazione le donne solo per il loro aspetto fisico.
Midori, una trentenne in carriera alle prese con il suo ex fidanzato; Hiroko, una scrittrice in erba in continua ricerca di ispirazione; Reiko, una giovane madre con problemi matrimoniali; Kuniko, una giornalista freelance amante del buon vino e, infine, Kuniko, una donna alla ricerca del successo professionale e di un uomo perfetto non sono solo dei corpi, ma delle anime volitive in grado di rivedere le proprie priorità di vita rispetto a quelle imposte dalla società e di imporsi quali identità pensanti e libere di provare qualunque emozione hanno voglia di provare.
Midori, una trentenne in carriera alle prese con il suo ex fidanzato; Hiroko, una scrittrice in erba in continua ricerca di ispirazione; Reiko, una giovane madre con problemi matrimoniali; Kuniko, una giornalista freelance amante del buon vino e, infine, Kuniko, una donna alla ricerca del successo professionale e di un uomo perfetto non sono solo dei corpi, ma delle anime volitive in grado di rivedere le proprie priorità di vita rispetto a quelle imposte dalla società e di imporsi quali identità pensanti e libere di provare qualunque emozione hanno voglia di provare.
Se le donne dei racconti fossero amiche tra di loro verrebbe quasi spontaneo paragonarle alle protagoniste di Sex and the City, ma dato che possiedono un’autonomia narrativa perfettamente costruita e compiuta in ciascuna delle storie che le riguarda, l’accostamento che viene in mente è con la conterranea Banana Yoshimoto.
Il suo istinto materno e i suoi sentimenti in quanto donna erano sempre in conflitto. Da una parte voleva proteggere e dall’altra voleva essere protetta: due emozioni che si intrecciavano in maniera complessa e quando si scontravano la lasciavano in silenzio.
Seppur questi racconti rientrino nella prima produzione della Hayashi, dimostrano già una maturità artistica spiccata, dimostrata (sappiamo noi a posteriori) da una prolifica produzione di più di 150 oepre tra romanzi, saggi (anche accademici) e racconti. Molto incisiva la scelta costante di raccontare tutto dal punto di vista della protagonista femminile stessa, che non condivide né percepisce i pregiudizi di cui è oggetto. La sua voce narrante è quindi sincera, esterna al marciume dei punti di vista altrui, e ben al di sopra delle trivialità in cui viene trascinata non appena interagisce con le persone intorno a lei, specialmente quando si tratta di uomini. Ciò che scopriamo lo dobbiamo di conseguenza ai dialoghi, unico possibile spazio riservato al confronto tra mentalità, e lo assimiliamo in maniera graduale osservando rigo dopo rigo le azioni dell’uno o dell’altro interlocutore. Così, attraverso un filtro esterno, ci accorgiamo che nei confronti delle donne si opta per lo più per un atteggiamento calcolatore, di arrogante superiorità e perfino di paternalistica ma inappropriata protezione, ispirato da una mentalità chiusa di cui gli uomini per primi non si rendono conto fino in fondo.
Ecco perché l’apparente ipocrisia dei loro comportamenti rivela, in realtà, una profonda mancanza di consapevolezza, un’arretratezza relazionale sconcertante, che le narratrici in prima persona faticano a descrivere come tale e che, però, risulta evidente a chi analizza l’intreccio nel suo insieme. Nell’ultimo racconto, Fino a Kyoto, poi, tale scelta del punto di vista trasforma tutta la storia in un gigantesco coup de théâtre che accentua con forza il potere dell’ideologia sposata dall’autrice.
Allora oggi, più che mai, L’ultimo volo per Tokyo si dimostra una lettura contemporanea e di stringente attualità rispetto ai temi di cui ancora ci troviamo a dibattere trattando la questione femminile. La voce di queste donne proviene da una società lontana, sia nello spazio che nel tempo, ma la forza con cui viene urlata insegna che per cambiare il mondo bisogna compiere un passo alla volta, iniziando dalla propria casa e finendo nella società; ma, soprattutto, costruendo tutto a partire da noi stesse: solo volendolo davvero un mondo diverso sarà, auspicabilmente, possibile.
Federica Privitera
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