La linea del sangue
di Jesmyn Ward
NN editore, 2020
Traduzione di Monica Pareschi
pp. 320
€ 19 (cartaceo)
Christophe con la sua rabbia che covava lenta sotto la cenere, e Joshua con la sua improvvisa, sporadica sventatezza. Sì, ciascuno aveva il suo carattere, ma la pelle di uno era la pelle dell'altro, come per tutti i gemelli. (p. 97)
Dopo un anno di attesa, torniamo a Bois Sauvage con La linea del sangue, appena uscito per NN editore nella sempre accurata traduzione di Monica Pareschi. Chi di voi si è già lasciato avvincere da Salvare le ossa (qui la recensione) e da Canta, spirito, canta (qui la recensione) non ha bisogno di presentazioni: sa bene come quella zona del Mississippi raccontata da Jesmyn Ward sia una terra a tratti paludosa, caldissima, dove il sole picchia tiranno e i serpenti strisciano nella calura del mezzogiorno. In un posto così non si possono che raccontare storie acri e al tempo stesso dotate di una loro straordinaria unicità, riarse dal caldo e intrise dal sudore della fatica. Fatica per trovare un proprio posto nel mondo: ne La linea del sangue, che si ambienta prima dell'uragano Katrina e dunque prima di Salvare le ossa, sono due gemelli a cercare un modo per uscire dalla miseria. Christophe e Joshua - questi i loro nomi - sono stati cresciuti dalla nonna che chiamano Ma-mee, una donna di grande saggezza, in grado di carpire le loro preoccupazioni al primo sguardo, nonostante i suoi occhi siano ormai velati e colgano solo colori e forme. Ma-mee c'è sempre stata, ha messo insieme il pranzo con la cena con quel poco che avevano a loro disposizione, mentre la madre dei gemelli, Cille, è andata a cercare lavoro ad Atlanta e si limita a mandare un esile assegno mensile a casa: niente di strano per Bois Sauvage, dove molti bambini sono soliti crescere con parenti più o meno vicini. Il padre, Samuel detto "Sandman", è sempre stato lontano e disinteressato a Chris e a Joshua: troppo dipendente dalle droghe, ha cercato lavoretti - più o meno leciti - per procurarsi nuove dosi, che hanno via via distrutto la sua bellezza.
Ora che i due ragazzi sono diplomati, per loro è arrivato il momento di non gravare più sulle spalle di Ma-mee: la ricerca di un lavoro, inizialmente una sfida alla quale entrambi arrivano con entusiasmo, si trasforma ben presto in un motivo di frustrazione: solo Joshua viene chiamato a lavorare al porto - un mestiere faticosissimo e rischioso per una paga appena sufficiente -, mentre Chris si trova alle strette, finché il cugino, Dunny, gli propone di dargli una mano a spacciare.
Domani avrebbe fatto i conti con la gelosia lancinante che provava per il fratello, quell'amore appiccicoso come colla, e il senso di vergogna, di protezione e di responsabilità che sentiva nei confronti di Ma-mee. Voleva che fosse fiera di lui, non che un giorno, mentre gli metteva i calzini puliti nel cassetto della biancheria, si trovasse tra le mani la sua erba. Non era sicuro di poter affrontare una cosa simile, se fosse accaduto. (p. 85)
A Bois Sauvage, quando già di primo mattino non è affatto difficile trovare qualcuno che fuma blunt con una birra nell'altra mano, Chris e Joshua hanno sempre cercato di tenersi lontani dalla promessa di un guadagno facile con l'erba. Ma ora? E come può Joshua tenere a freno l'angoscia di Chris, che per la prima volta si sta allontanando da lui?
«Non ho più un soldo». Si allontanò dal fratello e portò le mani dietro la testa, il torace si allargo e i gomiti si aprirono come ali. «Però posso fare delle scelte» bisbigliò. (p. 117)
È questo l'inizio di due percorsi che sembrano sempre più lontani: Joshua inizia a vivere il suo amore per Laila, ragazza con cui è cresciuto, quasi con un senso di colpa; non desidera mostrare la propria felicità al fratello, per non ferirlo ulteriormente, ma vuole scoprire queste nuove emozioni. D'altro canto, Chris è sempre più assente, inaccessibile, e frequenta compagnie che inequivocabilmente ruotano attorno allo spaccio. Ma ecco che quando un nuovo e difficile equilibrio sta per stabilirsi, a Bois Sauvage fanno ritorno (separatamente) Cille e Sandman. Non si tratta della ricomposizione di un nucleo familiare, come potrebbe pensare il lettore che non si è mai imbattuto in Ward, ma l'inizio di un accumulo di tensioni che rischiano di implodere o esplodere.
L'amore tra fratelli, presente anche in Canta, spirito, canta come una forma di affetto purissimo, atavico e insopprimibile, trova qui un'altra espressione: è più crudo eppure altrettanto forte, perché Joshua e Chris sono profondamente diversi, ma «la pelle di uno era la pelle dell'altro», addirittura sentono ciò che l'altro vive e pensa. I loro capelli ricci, tenuti a bada solo dalle treccine che la bella Laila intreccia pazientemente per loro, sono simbolo di quella ribellione tenuta a bada a stento, caratteristica della loro linea del sangue.
Jesmyn Ward ci trasporta senza esitazioni nel bayou, alla foce del Mississippi, tra sentimenti fortissimi e spesso scomodi, difficili da contenere, tra pulsioni generate dall'istinto e momenti di vera e pesante indolenza, alimentata dal clima. Anche questo romanzo ha uno stile particolarmente sorvegliato e sapiente (si noti la struttura circolare dell'opera, che si apre e si chiude all'insegna dell'acqua, ma non posso aggiungere altro in queste sede), tra metafore che spesso ricorrono all'elemento naturale, come sottolinea la traduttrice nella nota che accompagna il testo, e un lessico che ora sa ferire con la sua carnalità, ora addolcisce la sinossi con momenti di scabra poesia. Anche da questo romanzo si esce cambiati, e certamente leggere in sequenza la trilogia di Bois Sauvage permette di tracciare una rete tra i personaggi e i temi dell'opera, ma ogni opera è già di per sé autonoma, finita, splendidamente lavorata.
GMGhioni
L'amore tra fratelli, presente anche in Canta, spirito, canta come una forma di affetto purissimo, atavico e insopprimibile, trova qui un'altra espressione: è più crudo eppure altrettanto forte, perché Joshua e Chris sono profondamente diversi, ma «la pelle di uno era la pelle dell'altro», addirittura sentono ciò che l'altro vive e pensa. I loro capelli ricci, tenuti a bada solo dalle treccine che la bella Laila intreccia pazientemente per loro, sono simbolo di quella ribellione tenuta a bada a stento, caratteristica della loro linea del sangue.
Jesmyn Ward ci trasporta senza esitazioni nel bayou, alla foce del Mississippi, tra sentimenti fortissimi e spesso scomodi, difficili da contenere, tra pulsioni generate dall'istinto e momenti di vera e pesante indolenza, alimentata dal clima. Anche questo romanzo ha uno stile particolarmente sorvegliato e sapiente (si noti la struttura circolare dell'opera, che si apre e si chiude all'insegna dell'acqua, ma non posso aggiungere altro in queste sede), tra metafore che spesso ricorrono all'elemento naturale, come sottolinea la traduttrice nella nota che accompagna il testo, e un lessico che ora sa ferire con la sua carnalità, ora addolcisce la sinossi con momenti di scabra poesia. Anche da questo romanzo si esce cambiati, e certamente leggere in sequenza la trilogia di Bois Sauvage permette di tracciare una rete tra i personaggi e i temi dell'opera, ma ogni opera è già di per sé autonoma, finita, splendidamente lavorata.
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