Terra Alta
di Javier Cercas
Guanda, 2020
Traduzione di Bruno Arpaia
Traduzione di Bruno Arpaia
pp. 384
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Alain Verjat scriveva che I miserabili, come gran parte del romanzo francese del XIX secolo, aveva un debito con il romanzo poliziesco. Nelle opere di Balzac, Nodier e Hugo, infatti, abbondano persecuzioni, suspense e personaggi oscuri o tutti d’un pezzo (si pensi al poliziotto Javert, per esempio). Allo stesso modo, Terra Alta di Javier Cercas, che è formalmente un romanzo poliziesco, deve moltissimo alla narrativa del XIX secolo, in particolare a quella francese e, soprattutto, a I miserabili.
Non è questa un’ipotesi interpretativa o una forzata lettura comparativa. È lo stesso autore a far del suo protagonista, Melchor, un vorace lettore e un epigono di Jean Valjean, personaggio principale del capolavoro di Hugo.
La trama dell’ultima fatica di Cercas, meritevole del prestigioso Premio Planeta per l’anno 2019, è presto riassunta: in un’amena località della provincia di Tarragona, sulle rive del fiume Ebro, una rinomata famiglia di industriali viene trucidata nella sua villa. Le indagini dei Mossos d’Escuadra (la polizia catalana) si concentrano sulle attività economiche del patron dell’azienda, ma ben presto gli investigatori si ritrovano in un vicolo cieco e il caso viene archiviato. Se non fosse che, uno dei detective che lavora sul caso, Melchor, non si dà per vinto e continua a scavare in maniera extra-ufficiale fino ad arrivare alla soluzione del caso, che affonda le radici nella Guerra Civile Spagnola e mette in evidenza un universo retto da equilibri oscuri, in cui l’appartenenza al clan prevale sulla giustizia e la verità.
Alla trama poliziesca, Cercas alterna la storia personale di Melchor, di come da figlio di una prostituta del quartiere periferico barcellonese di Nou Barris è arrivato a diventare ispettore dei Mossos d’Escuadra. Un percorso di maturazione, che passa attraverso una serie di ingiustizie, che può essere letto senza forzature in parallelo al percorso di maturazione che Hugo fa vivere a Jean Valjean ne I miserabili. Infatti, Melchor legge il capolavoro del romanziere francese e si identifica completamente nel suo protagonista, ma anche nell’antagonista, il gendarme Javert.
Sullo sfondo di Terra Alta, una Catalogna ferita dagli attentati terroristici dell’agosto del 2017 e divisa dal processo indipendentista dell’autunno dello stesso anno. Tuttavia, la storia recente della Spagna non si erge a vero e proprio protagonista. Lo fa quella passata, nel finale, a testimoniare una ferita, la Guerra Civile, che è ancora lontana dall’essere cicatrizzata. La zona in cui si svolge la vicenda, infatti, è stata teatro di una delle più sanguinarie battaglie del conflitto iberico, quella dell’Ebro, che ha visto l’impiego di soldati neanche maggiorenni (la "quinta del biberon").
Non ci sono dubbi che quest’ultimo romanzo di Javier Cercas sia un poliziesco, genere che lo scrittore spagnolo aveva già toccato con un racconto giovanile (Il movente) e un romanzo del 2012, Le leggi della frontiera. Tuttavia, Terra Alta trascende i confini della narrativa nera (la negra in spagnolo) e non si può ascrivere al genere nella sua interezza. Manca, di fatto, una caratterizzazione costumista, una critica evidente alla società e sono presenti alcuni archetipi e stereotipi di genere a tratti manieristici. Inoltre, la tensione non sembra orientata verso la soluzione del crimine o verso la società nella quale si muovono i personaggi, ma sul protagonista e le prove che la vita gli riserva. È Melchor il centro nevralgico della narrazione e l'attenzione del narratore è rivolta interamente alla sua storia personale, che diviene il prisma attraverso il quale osserviamo il mondo che lo circonda. Questi elementi fanno di Terra Alta un romanzo senza etichetta, che porta avanti una riflessione interessante sulla condizione umana e le sue miserie.
Considerando in ultima istanza la bibliografia dell’autore, ci troviamo di fronte a uno dei suoi pochi romanzi di non finzione. Inoltre, non mantiene legami troppo evidenti con fatti storici (Soldati di Salamina e Anantomia di un istante), personaggi realmente esistiti (L’impostore) o storie personali (Il sovrano delle ombre). E a differenza delle sua ultime opere, non è sorretto da una copiosa ed esaustiva ricerca storica. È un buon romanzo, ma forse non propriamente all’altezza delle aspettative: la prosa, seppur mirabile, si trova imbrigliata nella finzione pura e mancano le riflessioni introspettive, i flussi di coscienza, gli eterni paragrafi metaletterari che hanno fatto grande la letteratura dello spagnolo. Anche quella ricerca costante del dettaglio infinitesimale che ha fatto di alcuni testi di Cercas dei veri documenti storici (Anatomia di un istante) viene qui sacrificata per permettere alla storia di scorrere. Tuttavia, non è questa una ragione per non fermarsi a leggere Terra Alta, che si annuncia come il primo capitolo di una tetralogia: la speranza è che nei prossimi episodi possiamo godere del miglior Cercas in versione Victor Hugo. E che la saga si trasformi in un unico, grande, impeccabile, travolgente, romanzo totale.