Fino a quando
di Linus
Mondadori, 2020
pp. 108
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Disponibile l'audiolibro su Audible, letto dall'autore
Ci sono momenti che non dovrebbero arrivare mai: quando il tuo cantante preferito si ritira dalle scene, il gruppo che hai seguito fin dall'adolescenza si scioglie o il deejay che ti ha fatto compagnia per tanti anni decide che quello sarà l'ultimo giorno in radio. Realtà? No, finzione, ma prima o poi potrebbe accadere che Linus, che è sempre stato uno dei miei deejay preferiti, si ritiri per lasciare la radio agli altri. Nel romanzo autobiografico che è uscito da poco per Mondadori, Fino a quando, l'autore immagina quando verrà quel giorno. Potremmo forse chiamarlo un romanzo fantastico? Solo in parte, perché in realtà questo è un percorso autobiografico che ci permette di intrecciare la figura di Linus, nota a tutti, con Pasquale di Molfetta. Se siete ascoltatori fedeli a "Deejay chiama Italia" come la sottoscritta, avrete notato che poco si sa della vita privata di Linus, sempre piuttosto riservato e attento a non condividere troppi dettagli della sua vita privata.
Questo romanzo, invece, si muove tra il presente dell'ultima giornata di diretta - una mattina che si apre con una nevicata eccezionale che lascia il palazzo di Deejay piuttosto sguarnito - e flashback sull'infanzia e la giovinezza. Linus non è uomo da commozione facile, ma quando racconta del suo passato ci sono scene decisamente liriche, che si fissano nella nostra memoria per l'umiltà con cui ci vengono raccontate. Un esempio? I tanti pomeriggi della domenica passati dal piccolo Pasquale sulle sedie di un bar ad aspettare che il padre finisse di giocare a carte, senza avere niente da fare, se non esplorare il locale e poi abbandonarsi alla propria noia. O i primi amori, che si consumano a suon di errori (ma poetici nel rivederli da adulti).
C'è anche quello che forse ha attirato la maggior parte dei lettori: il racconto della scalata alla radio, un percorso fatto di frustrazioni e fallimenti, uscite di scena che minacciavano di essere definitive e grandi ritorni, fino al successo. «Se siete cresciuti dove sono cresciuto io, come sono cresciuto io, ci vuole un bel coraggio a chiamare lavoro il semplice parlare», scrive Linus a p. 37, e in effetti anche in trasmissione allude spesso alla fortuna di fare un mestiere che è difficile chiamare "lavoro". E non solo per un senso di colpa atavico nei confronti di chi si sporca la mani, ma anche perché Linus ha provato ad alzarsi ogni mattina a orari impensabili, nel freddo pungente, per andare a lavorare in fabbrica. «Pochi soldi, tanti ricordi» (p. 58) è un'ottima sintesi di quella che è stata la giovinezza dell'autore, a cui dovremmo aggiungere un grande sogno: la radio. Per passare da uno scantinato a un palazzo intero c'è voluto impegno, così come una notevole caparbia: tante sono le persone che sfilano davanti ai ricordi del Linus-personaggio, alle prese con l'addio alla radio; e tanti sono quelli che se ne sono andati, ma dopo aver scavato un solco profondo nella memoria.
Per quanto il successo sia poi arrivato, non manca mai la convinzione che less is better («C'è troppa roba in questo ufficio», leggiamo in apertura del capitolo a p. 81), e un sottile senso di colpa inconscio batte alla porta della coscienza, di tanto in tanto.
Per i più curiosi, anche l'incontro con la moglie Carlotta viene qui raccontato, ma senza infiocchettare nulla (anche se i fatti, nudi e crudi, raccontati con la sobrietà tipica di Linus, sono già di per sé molto romantici).
Come si concluderà la storia? Mentre aspettiamo che vada in onda l'ultima puntata di "Deejay chiama Italia", cresce la paura che la puntata non possa esserci per via delle straordinarie condizioni atmosferiche; intanto ci godiamo i ricordi che spuntano senza indugi eccessivi, per delineare un percorso che è stato accidentato, ma anche estremamente piacevole:
«Mi ha tenuto in vita il piacere di farla, la radio. Questo sì. E quanto mi è piaciuto questo gioco. Quanto mi è piaciuto costruire ogni giorno una puntata nuova, diversa. Quanto ho sofferto ogni volta che proprio non girava e quanto mi sono sentito sollevato il giorno dopo, quando di nuovo ritrovavo la rotta» (p. 100).
È quel che succede a chi ha la fortuna-sfortuna di trasformare la propria passione in una professione: un vivere quel che si fa tra esaltazione e disperazione, senza mai il grigio tran-tran della quotidianità, ma investendoci anche tanto di sé.
Se siete curiosi, potete anche ascoltare Fino a quando su Audible, letto dallo stesso Linus: non aspettatevi pause ad effetto o una lettura recitata. Linus è senza sovrastrutture: come nel libro ha scelto di raccontarsi in un centinaio di pagine, anche nel registrare la lettura preferisce non indugiare in una eccessiva ricerca di empatia da parte degli ascoltatori. Ma il risultato è anche per questo convincente e coerente a Linus, per come lo abbiamo conosciuto in questi anni di radio.
GMGhioni
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