Signorina. Memorie di una ragazza sposata
di Chiara Sfregola
Fandango, 2020
pp. 222
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Quattro anni dopo la cosiddetta legge Cirinnà – che regola le unioni civili tra persone dello stesso sesso – è uscito a giugno in libreria un libro sul matrimonio. Sul matrimonio tra donne, ma non solo. L’ha scritto Chiara Sfregola, già autrice di Camera Single (Leggereditore, 2016) produttrice di serie televisive, moglie. In realtà non è esattamente un libro sul matrimonio ma un libro che dal matrimonio parte per esplorare altri temi. È un memoir arguto e leggero, ma anche un bilancio semiserio sullo stato delle cose. L’autrice usa la pratica femminista del partire del personale per parlare del pubblico: racconta la sua coppia per parlare di cosa significhi fare parte di una coppia oggi e cosa significhi – eventualmente – sposarsi e soprattutto dimostrare di poterlo fare.
È un libro sulle parole, scomposte e osservate dalla sua prospettiva di lesbica e femminista: signorina (che un tempo significava zitella, ora l’offesa è dare della signora a chi pensa sia sinonimo di vecchia), moglie, casalinga, maternità, proprietà, priorità, monogamia. Sfregola ci ricorda che il matrimonio tradizionale si reggeva su quattro pilastri che oggi non esistono più:
Forse è per questo che il matrimonio oggi è un’istituzione in disuso: perché pensiamo che l’unico presupposto necessario per sposarsi sia l’amore, quando invece storicamente il matrimonio si reggeva su quattro pilastri molto precisi: quello sociale, quello economico, quello sessuale e quello riproduttivo.
È nato per dare un collocamento alle donne, ma oggi – grazie al cielo – le figlie femmine non sposate non le chiudono più in convento.
Era praticamente l’unico impiego cui le donne potevano ambire, ma oggi le donne per fortuna lavorano.
Erano l’unico modo legale (sempre per le donne) per fare sesso, ma oggi tutto vogliamo tranne una sposa o uno sposo vergine.
Sanciva la legittimità della prole ma oggi un bambino su tre nasce fuori dal matrimonio. Quando nasce. Se nasce.
Con l’emancipazione della donna – che di fatto ha portato anche all’emancipazione dell’uomo – sono caduti tutti presupposti fondamentali del matrimonio, ecco perché è diventata un’istruzione in disuso. Ci volevano gay e lesbiche per farlo tornare di moda.
Al netto di queste considerazioni Sfregola si pone e ci pone una domanda: non sarebbe utile, bello, interessante aggiornare il matrimonio - che è un’istituzione patriarcale – imparando anche da cosa vuol dire sposarsi per le coppie omosessuali?
Mi sembrava una domanda molto intrigante, così le ho chiesto se le andava di aggiungerne altre di domande, e di chiacchierare a margine e a partire dal suo libro.
Perché scrivere Signorina proprio ora, a 4 anni dalla legge sulle unioni civili?
È stato un caso, non ho scritto questo libro pensando di scriverlo! Mi stavo dedicando al mio secondo romanzo, che drenava le mie energie. Allora ho iniziato a scrivere dei pensieri, più leggeri e ironici, ma senza l’idea di farne un libro. Avevo creato questo piccolo file, e mi sono resa conto che scriverlo era qualcosa che mi rilassava. È stata un’altra scrittrice, Ilaria Gaspari, a farmi riflettere sul fatto che fosse un libro. E allora ho pensato di pubblicarlo.
Credit: Chiara Sfregola |
L’onestà con cui parli dei tuoi privilegi è una forza del libro. Sei bionda, bianca, borghese, realizzata sul lavoro, lo sai e sai anche che il matrimonio è un’istituzione patriarcale. Ma con grande consapevolezza conosci i suoi limiti, conosci i tuoi e difendi il tuo diritto a lottare per questo riconoscimento sociale (aggiornandolo). Ma cos’hai da dire alle signorine che non sono come te?
Sono consapevole che il mio è un punto di vista privilegiato, ed è un privilegio poter organizzare un matrimonio. C’è chi fa i debiti per sposarsi! A maggior ragione per due persone dello stesso sesso fare una festa di matrimonio, con gli invitati e tutto, implica aver fatto coming out. Ma penso che questo libro possa essere letto da persone diverse da me. Perché il punto è fare una riflessione su un tema che diamo tutti/e per scontato. Io stessa queste riflessioni sul matrimonio le ho fatte dopo essermi sposata: mi sono sposata per amore ma poi ho iniziato davvero a fare dei bilanci, dei ragionamenti, a scoprire delle cose su di me che non sapevo prima di scrivere il libro. Viviamo in un mondo in cui il matrimonio esiste. Non possiamo fare finta di niente, ma possiamo parlarne. E parlare della storia del matrimonio per me vuol dire parlare della storia delle donne.
A proposito di genitorialità scrivi: “non è rivoluzionario il matrimonio in sé, né fare figli. Non è l’orientamento sessuale dei componenti di una famiglia, né il loro loro sesso, a rendere avanguardistico questo schema. Lo sono, semmai, le pratiche che i coniugi mettono in campo: la parità nella coppia, l’equa ripartizione del lavoro familiare, della cura dei figli. La modernità sta nel mettere in discussione i ruoli di genere”.
Io non li ho e non so se li avrò, ma anche se può sembrare strano credo che i figli siano il senso della vita. Questo lo dico senza farne un dramma (e allo stesso tempo, chiaramente, sono convinta che una vita può essere felice anche senza figli). Intendo dire che il senso della vita è creare altra vita: non c’è niente di rivoluzionario in questo. Purtroppo è dimostrato che nelle coppie etero, anche nelle più paritarie, c’è uno squilibrio nei ruoli di cura tra i generi. E non possiamo fare finta che non sia così. La legge d’altronde non ti aiuta, vedi l’esiguità dei congedi di paternità ad esempio. Con la nascita dei figli si fa un salto indietro dal punto di vista dell’uguaglianza tra i generi, anche perché i figli ti riportano all’antichità, è un fatto animale: il seno ti fa male se non allatti. In una coppia di uno stesso stesso invece questi carichi e questi ruoli sono divisi in modo diverso. Nel caso di una coppia gay è chiaro che c’è una scelta ragionata dietro, anche perché nessuno dei due partorisce. Nel caso di una coppia lesbica, magari una delle due partorisce e non è escluso che in seguito l’altra possa farlo pure. Ma c’è di default una diversa interpretazione dei ruoli di genere: come donna stare accanto a un’altra donna che ha partorito è diverso. Quello che diventa veramente rivoluzionario non è il desiderio di fare figli, ma le pratiche che mettiamo in campo per crescerli: l’equa ripartizione del lavoro di cura che i figli richiedono.
A quali libri hai pensato mentre scrivevi il tuo?
Ho cominciato a scrivere questo libro dopo aver letto Fame di Roxane Gay. La sua riflessione sull’obesità, sul corpo – temi su cui l’autrice offre una chiave abbastanza provocatoria – mi ha fatto venire voglia di dire qualcosa di imprevisto su un tema su cui ognuno dice la sua. Ho poi sentito la memoria della lettura di Testo tossico di Paul B. Preciado e di King Kong Théorie di Virginie Despantes: i due sono stati una coppia ed entrambi sono pubblicati in Italia da Fandango. È stato questo che mi ha spinta a contattare questa casa editrice per pubblicare il mio libro.
Mi vengono in mente varie volte le parole della nota che Virginia Woolf lascia a suo marito Leonard prima di suicidarsi: “non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo stati noi”. Eppure erano una coppia atipica, lei aveva avuto delle storie con delle donne. Il matrimonio è una relazione costruita, non spontanea. È come un bonsai: sapientemente e costantemente potato per riproporre la bellezza di un albero anche in un ambiente domestico. Pare naturale ma non è naturale per niente.
Mi vengono in mente varie volte le parole della nota che Virginia Woolf lascia a suo marito Leonard prima di suicidarsi: “non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo stati noi”. Eppure erano una coppia atipica, lei aveva avuto delle storie con delle donne. Il matrimonio è una relazione costruita, non spontanea. È come un bonsai: sapientemente e costantemente potato per riproporre la bellezza di un albero anche in un ambiente domestico. Pare naturale ma non è naturale per niente.
Serena Alessi
@serealessi