Cattivi scienziati.
La pandemia della malascienza
di Enrico Bucci
add editore, 2020
pp. 192
€ 8,90 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)
Quali sono i danni causati alla comunità scientifica, e più ancora alla comunità umana nel suo insieme, dal comportamento egoistico di chi costruisce una carriera sulla menzogna? (p. 103)
Parafrasando la famosa risposta di Gandalf a Frodo all’inizio
della Compagnia dell’Anello (il film,
non il libro) si potrebbe dire che alcuni libri arrivano precisamente
quando intendono farlo. O, meglio ancora, alcuni libri vengono pubblicati precisamente quando
necessario. Sebbene infatti la prima edizione di Cattivi scienziati sia del 2015, l’editore torinese ha pensato
bene, visti i tempi, di farne uscire una versione tascabile e ampliata, con un
ultimo capitolo dedicato a questo 2020 così fuori dal comune. Il sottotitolo, presente
già nella versione originale, risulta oggi tanto più adatto se
consideriamo che la pandemia, lì metaforica e riferita alle cattive
abitudini di quelli che, più che cattivi scienziati, nella prefazione Elena
Cattaneo definisce proprio non scienziati, oggi è qualcosa di concreto.
Perché parlo di un libro necessario, io che tanto detesto
questo aggettivo, troppo spesso riferito a taluni casi editoriali? Perché mai come in
questo periodo – quantomeno da quando sono esplosi i social network, vale a dire da una decina di anni a questa parte – stiamo
assistendo a un dilagare in apparenza incontrollabile di mala- e pseudoscienza, che raggiunge il parossismo nelle fake news inventate dai
complottisti (e qui la politica non ne esce incolpevole) e supportate da letture
sbagliate o falsate (quando non parliamo di vere e proprie falsificazioni di
dati) di articoli scientifici.
Eccoci dunque alla domanda posta all’inizio: quali sono i danni che chi mente – fabbricando o falsificando dati,
o plagiando lavori altrui – nell’ambito scientifico produce sull’intera
comunità umana? Bucci, nella sua chiarezza espositiva, lo dice apertamente: enormi, a volte incalcolabili, se si pensa che solo una minima percentuale
delle frodi viene scoperta (fra il 2 e l'11%); e che solo una minima percentuale di pubblicazioni
scientifiche (attualmente l’unico mezzo di valutazione
utilizzato dalla comunità accademica per gli avanzamenti di carriera) viene
ritrattata, a fronte di migliaia di articoli contraffatti all’anno. Basti un
esempio quantitativo:
Solo negli Stati Uniti, e solo considerando la ricerca biomedica finanziata dal NIH [National Institutes of Health], abbiamo quindi stimato una perdita di miliardi di dollari finiti in pubblicazioni manipolate; non si può dire che sia una cifra insignificante, sembra piuttosto il bilancio di un’economia criminale. (p. 130)
A questo possiamo aggiungere la
constatazione che Bucci fa qualche pagina prima, quando si chiede cosa
accadrebbe se si scoprisse che i dati contenuti nelle pubblicazioni scientifiche
si rivelassero falsi «in un numero ragguardevole di casi» (p. 116), al punto da
non riuscire più a distinguere il vero dal falso. La conseguenza sarebbe drammatica:
«la Scienza cesserebbe di essere utilizzabile per fare previsioni e i suoi
enunciati sarebbero relegati al rango di semplici ipotesi, non più utili di
altre nell’indirizzare il nostro agire» (ibid.).
A supporto della sua tesi, Bucci cita decine e decine di
casi di frode, utilizzate da ricercatori e professori per aumentare il proprio
capitale, per fare carriera (raggiungendo anche posizioni di rilievo, talvolta direttive), per soddisfare la propria megalomania. Se confrontiamo quanto
riportato nel saggio con quanto avviene quotidianamente in tv e sui social,
dove persone senza competenze si arrogano il diritto di affermare quali comportamenti bisognerebbe adottare sulla base di un
presunto buon senso, avremo la misura del danno.
Cattivi scienziati
è un libro schietto e diretto, latore suo malgrado di pessime informazioni. È
un libro, tuttavia, che riporta lo stato delle cose e, sebbene ridimensioni la
fiducia nella comunità scientifica (o forse proprio per questo motivo, ché l'idolatria è sempre una pessima abitudine), risulta
come anticipato necessario. Ciò che dice è necessario. Il messaggio che
trasmette è necessario.
Avere consapevolezza di ciò che abbiamo intorno è, a
maggior ragione, necessario.
David Valentini
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