di Labadessa
Feltrinelli, 2020
pp. 96
€ 16,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Poco più di un anno separa Bernardo Cavallino (ne ho parlato qui) dalla nuova opera cartacea di Labadessa. Ciò che
per primo salta agli occhi è che, se in quel libro l’illustratore napoletano
aveva sperimentato la forma del bianco e nero e del tratto grezzo, con Piccolo! lo vediamo tornare alle
origini, a quel mondo tricolore – rigorosamente giallo, rosso e bianco –, a
quei tratti netti e a quelle forme piatte che sin dalle prime vignette su
Facebook nel 2016 l’hanno reso famoso.
Altra differenza fondamentale con il precedente lavoro consiste
nella struttura del libro: se in entrambi persiste – come in effetti in tutta l’opera
labadessiana – un costante richiamo alla realtà contemporanea, e dei social
soprattutto, e uno sfondare la quarta parete attraverso il rivolgersi al
lettore in un continuo gioco metaletterario, Bernardo Cavallino aveva maggiormente il sapore di un graphic
novel, in quanto era possibile notare una trama forte e continua che si sviluppava dalla
prima all’ultima pagina; in Piccolo!
invece la trama principale – il rapportarsi dell’uomo-uccello con il suo bambino interiore – sembra piuttosto fare da sfondo, da collante, per le tre strisce
che vanno a costituire le tre favole esplicative dei tre valori fondamentali
della nostra epoca. Gino il robottino, La nonna e
il vento e La tana di Tino sono
in effetti tre – ulteriori – storie che, unite appunto al collante principale,
formano i quattro mosaici di Piccolo!.
Le favole sono indipendenti fra loro sia in tema di personaggi che di
contenuto, e risultano anche indipendenti rispetto al quadro principale,
lasciando in alcuni momenti un senso di frammentarietà che non viene colmato
appieno neanche nel finale. Il lettore accetta il gioco, ben sapendo/capendo che questa è una
storia da 3+1, e lo fa anche perché è Labadessa, uno che della coerenza non ha
mai fatto tesoro; tuttavia quando si arriva alla fine questa sensazione di
incompletezza rimane, accompagnata dalla percezione che tutto il viaggio sia
durato troppo poco (un rapido calcolo ci porta a realizzare che questo libro è
ben trentadue pagine più breve rispetto al precedente).
Ma cosa ci racconta Labadessa in questo volume? Di cosa ci
vuole parlare? La scelta dei tre valori da comunicare a Piccolo è già di per sé
rilevante: accanto a due temi fondamentali da sempre per la letteratura, lo
scorrere del tempo e le emozioni dell’amore, troviamo l’importanza
dei soldi. È una scelta fortemente anticlimatica, nonché un atto di coraggio e un
momento di notevole interesse che spezza la lettura e richiama il lettore su
qualcosa che deve farlo riflettere. Non l’amicizia, non l’arte, non i sogni: il terzo
elemento di cui parlare a un bambino (anche, c’è da dire, attraverso una
retorica a tratti un po’ spicciola del tipo “più ne hai e più ne vorresti” eccetera; ma d’altronde
si sa che nelle favole il bene e il male sono assoluti e molti concetti
complicati sono ridotti all’essenziale) sono i soldi. Se, come spesso accade,
tre è il numero perfetto e dunque inevitabile è ricondurre a tre i valori
fondamentali, azzeccata è la scelta di inquinare un percorso “romantico” in
questo modo. Tempo, amore e soldi: così Labadessa ci restituisce la nostra nuova sacra trinità.
Soffermiamoci infine su Piccolo. È di fatto
una palla rossa con un becco, due occhi (anche se se ne vede solo uno, come
accade per l’uomo-uccello) e un accenno di arti. È innocente e nulla sa del
mondo, salvo poi utilizzare un linguaggio a tratti scurrile. È un bambino che non
ha famiglia, né amici, consapevole di essere nato a pagina 2 di questo libro. È
anche, però, la manifestazione fisica di ciò che una volta l’uomo-uccello deve
essere stato… sebbene l’uomo-uccello sia nato già circa trentenne
sotto i colpi di matita di Labadessa, e di questo lui stesso è consapevole.
Allora, date queste premesse, la scelta di quella sacra trinità di valori
diventa ancora più rilevante: se io, adulto e cinico come l’uomo-uccello di
Labadessa, dovessi raccontare al me stesso ingenuo qualcosa sul mondo, cosa
potrei dirgli? Di cosa potrei parlare per non contaminare la purezza di chi
nulla sa delle cose? Come rapportarsi alla versione bambinesca di sé, al
proprio fanciullo interiore?
In definitiva: potendo mostrare al nostro piccolo io il mondo
in cui viviamo, saremmo in grado di mostrargli il futuro che lo aspetta?
Saremmo in grado di mostrargli il nostro (il suo) lato migliore, senza
deluderlo (senza deluderci)?
Questa è la sfida di Piccolo!,
e su questo Labadessa ha fatto centro.
David Valentini
Riproduzione delle tavole per concessione della casa editrice
Riproduzione delle tavole per concessione della casa editrice
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