Quasi un'estate
di Lia Levi
Edizioni e/o, 1995
pp. 240
€ 8,26 (cartaceo)
Ci sono romanzi che fin dalle prime pagine offrono delle ottime vacanze da noi stessi, perché ci immergono nella vita di personaggi che sono altro da noi. Quasi un'estate di Lia Levi è stato un vero e proprio viaggio nella vita della protagonista: l'azione si apre nel giorno del suo divorzio.
Per tanti anni avremmo potuto riassumere la sua vita così: «Ho Tullio vicino anche se gli mancano le parole vere, anche se ha la faccia del disinganno perché la sua famiglia non è come la voleva» (p. 110): Tullio si è lamentato spesso per i figli, diversi da come si aspettava; non ha capito che la laurea in architettura della moglie poteva procurarle un lavoro; non ha mai sentito il bisogno di comunicare come si sentiva, ma forse non lo ha fatto per incapacità:
Tullio non è contento di me ma vuole restare con me. E nemmeno lo sa. Se lo sapesse sarebbe già diverso. Se me lo dicesse sarebbe già diverso. Si aprirebbe una breccia nel nostro gigantesco silenzio. [...] Un giorno litigavamo e io l'ho gridato a Tullio quello che veramente mi mancava da lui. Gliel'ho detto che questo suo modo atono di sentire la vita finisce per toglierle ogni interesse perché ci consegna una esistenza asfittica e svuotata. Non facciamo mai vibrare in noi cose e persone, così non vibriamo neppure noi. A tutto quello che succede rispondiamo con un suono sordo e inerte. (pp. 154-155)
Eppure Tullio c'è sempre stato, ha raccolto la protagonista tra le sue braccia per pietà verso la sua infanzia, l'infanzia di una bambina cresciuta da due genitori anziani, troppo immersi nelle loro cose per preoccuparsi di lei. Così, da un giorno all'altro, la piccola si era ritrovata a tornare a casa da sola, inventando scuse con le sue amichette e osservando invece con occhi smaniosi all'uscita da scuola i genitori degli altri, lì ad attendere i figli. Quest'immagine ha fatto sì che Tullio provasse per lei un grandissimo desiderio di protezione, e quel suo esserci, in effetti, non è mai venuto meno fino al giorno del divorzio.
Forse proprio per questo la protagonista non sarebbe mai arrivata a un passo così crudo; d'altra parte, più volte si trova a pensare: dove sta scritto che essere parenti vuol dire non vivere nell'infelicità? Anche adesso, che sia lei che Tullio hanno dei nuovi compagni nelle loro vite, qualcosa stride: pur non essendoci più amore tra loro, è difficile accettare il distacco.
Ma come sono arrivati al divorzio? Mentre il gatto Mirtillo passeggia per la casa, scostante e al tempo stesso attento come solo lui sa fare, i figli, Sabina e Tommaso crescono. La protagonista si arrabatta tra la gestione della casa, l'attenzione alle paturnie di Tullio, l'impegno per prendere la laurea prima - quelle lunghe notti a studiare insieme, quasi vegliata da Tullio - e l'ambizione sempre più sopita di trovare un lavoro al suo livello. Tra le frequentazioni abituali, vanno sicuramente citate due presenze ricorrenti: Arianna, amica fin dai tempi delle scuole, che forse influenza continuamente la protagonista (o almeno questo pensa Tullio), che cambia vita nel corso del romanzo; e l'amico Leonardo, che invece accompagna la protagonista a vedere film che in qualche modo permettano di parlare delle loro vite, senza mai affrontare direttamente la questione della sua omosessualità o della sua felicità.
Come è facile immaginare, al centro di Quasi un'estate è un lungo flashback ad accompagnare i lettori alla scoperta del mondo della protagonista: un mondo ricco di benessere materiale, ma anche povero di condivisioni. La fame di affetto che fin dalle prime pagine appare in tutta la sua vividezza, la paura del distacco e dell'abbandono, fanno sì che la protagonista abbia accettato spesso di mettersi in secondo piano, in nome di una sorta di quieto vivere: ad esempio, quando i bambini sono un po' cresciuti, la donna inizia a collaborare con un ingegnere facendo per lui dei disegni che potrebbero essere svolti tranquillamente da uno studente universitario. Perché adagiarsi? La risposta in realtà è molto complessa, ma nel romanzo tutto trova una spiegazione, tranne la scelta di gatto Mirtillo di andarsene a vivre nella nuova casa di Tullio, evento collettore di tutta la sofferenza e del senso di tradimento che avverte la protagonista.
Lia Levi, che molti conoscono per le sue opere che mettono al centro la questione ebraica (qui invece appena accennata, quasi un cammeo), come ad esempio Una bambina e basta o L'albergo della magnolia, con Quasi un'estate scrive un romanzo borghese che affronta di petto il fragilissimo equilibrio di una famiglia in apparenza uguale a tante altre, ma con la propria personale resistenza all'infelicità. Il vero punto di forza della scrittrice, ancora una volta, è l'indagine psicologica, che ci porta a sentire le vite dei personaggi chiedendoci - e ottenendo senza sforzi - un nostro costante coinvolgimento.
GMGhioni