di Marian Donner
traduzione di Marco Cavallo
Il Saggiatore, 2020
pp. 128
€ 14,00 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)
Tutto inizia e finisce con il corpo. Con ossa, muscoli e un cuore che batte. Siamo il sangue che scorre dentro di noi, la bocca che parla, le dita che tastano, la pelle che viene toccata. Mostriamo agli altri chi siamo, qual è la nostra posizione, attraverso il modo in cui vestiamo il nostro corpo, come lo adorniamo, come lo muoviamo e dove lo dirigiamo. È un corpo vulnerabile. Eppure, al tempo stesso, può essere un’arma. (p. 23)
C’è un assunto di base da cui prende avvio il manuale di
Marian Donner: nonostante la stragrande maggioranza di
pubblicità e slogan contemporanei inciti il singolo a vivere una vita più
anticonformista possibile – «Just Do It!
della Nike, Impossible is Nothing
dell’Adidas, Go Forth della Levi’s»
(p. 12), senza contare lo “Stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs –, la
realtà dei fatti è che «nessun datore di lavoro è impaziente
di incontrare dipendenti che “non amano le regole”» (p. 13).
Questa appena enunciata dall’autrice olandese è, senza
ombra di dubbio, una grandissima verità: è un dato di fatto che, mentre
il (neuro?)marketing suggerisce come determinati stili di vita siano la chiave
del successo, il resto del mondo – quello reale – funzioni diversamente. La
verità, suggerisce Donner, è che il mondo non ti vuole intraprendente, geniale,
affamato, folle: al contrario, ti vuole «bravo, sano, liscio, in forma, produttivo,
positivo» (p. 16). In una parola: inquadrato in un sistema scandito
da regole ben precise, che sono poi quelle della cultura Weird (western, educated, industrialized, rich and democratic, ossia "occidentale, acculturata, industrializzata, ricca e democratica").
Qual è dunque la proposta di Donner per sfuggire a questa
gabbia dorata? In che modo si può sfuggire alla ruota di questo destino che prevede – per tutti, indistintamente – di svegliarsi presto, fare una colazione sana, essere produttivi al lavoro, andare in palestra, bere un drink al massimo una volta a settimana eccetera? Il sottotitolo del saggio sembra suggerire una
soluzione radicale alla Fight club,
una sorta di rivoluzione armata contro il sistema capitalistico. Perché, vuoi o
non vuoi, è sempre contro il capitalismo che ci si scaglia, in quanto
sistema di valori non solo economici, ma anzi soprattutto morali, dominante, nonché interconnesso con quella cultura Weird di cui sopra.
Ebbene no, la sua proposta non è quella di una lotta armata. La sua proposta, diluita all’interno dei singoli
capitoli che compongono il libro – letteralmente: “Puzzare”, “Bere”, “Sanguinare”,
“Bruciare”, “Danzare” –, non prevede una insurrezione violenta contro il capitale, bensì di rivolgere uno sguardo quasi pacifico all’interno del proprio io;
ritrovare, insomma, ciò che si è e costruire ciò che si vuole essere al di là
degli imperativi categorici imposti dal sistema. Non guardare, ad
esempio, alle star hollywoodiane – ma lo stesso si può dire, in termini più
contemporanei, riguardo gli influencer di Instagram – come a dei miti da
raggiungere, perché inseguire quel tipo di perfezione è inseguire l’orizzonte,
che sfugge sempre e non si lascia mai raggiungere. Oltretutto, a ben vedere, quei miti
sono irreali a tutti gli effetti: al di là delle chirurgie estetiche e degli
stili di vita impossibili per dei comuni mortali, a farla da padrone oggi è la beauty work, ossia quella «tecnologia
che ritocca digitalmente le immagini» (p. 24). Quindi perché affaccendarsi a
voler assomigliare a persone che, in realtà, non esistono?
Lo stesso dicasi per consigli meno ortodossi come bere e
sanguinare, che vanno presi non proprio alla lettera: l’idea generale infatti è quella di non sentirsi in colpa se si conduce una
vita un poco sregolata, se il nostro corpo non è un tempio come certi dettami
vorrebbero che fosse, se non siamo perfetti. Ma poi, perfetti per chi?, sembra chiedere
Donner. Per una società, quella capitalista neoliberale, che ci considera solo
come mezzi e mai come fini? Lo sforzo di essere migliori, continua, deve essere
rivolto non verso un sistema ecumenico bensì verso coloro che veramente
sono importanti: «l’amore è resistere. L’amore è dire ancora una volta mi
dispiace» (p. 85) afferma Donner.
Manuale di
autodistruzione è un saggio con un titolo accattivante e un sottotitolo
(volutamente) altisonante che, forse, rischia di deludere il lettore che gli si
avvicina con intenti sovversivi. Non è un manuale di lotta armata, né un
breviario punk(ish) del 2020. È piuttosto, nonostante quanto affermi l’autrice, un
manuale di auto-aiuto; diverso, certamente, da quelli che propongono di
fare yoga la mattina, di bere tisane a colazione, di pronunciare ad alta voce
frasi di incoraggiamento e di affrontare con energia e positività il
cambiamento. È un libriccino agile e determinato su come un determinato tipo di pensiero
radicale può essere utile a combattere la cultura mainstream dominante.
David Valentini
Social Network