Volo di notte
di Antoine de Saint-Exupéry
traduzione di Cesare Giardini
Bompiani, 2020
pp. 112
€ 9,00 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)
Pensava: “Quel corriere non deve fare dietro-front per un nulla. Se non li scuoto un po’, i miei uomini finiranno con l’avere sempre paura della notte.” (p. 52)
Associare il nome di Antoine de Saint-Exupéry al suo Piccolo Principe è cosa immediata. Al di
là del capolavoro che l’ha reso celebre, tuttavia, de Saint-Exupéry è stato un prolifico scrittore, con all’attivo diversi romanzi e un notevole carteggio, nonché corriere della Compagnia Generale di Imprese Aeronautiche Latécoère e capitano di complemento dell’aviazione francese durante la seconda guerra mondiale.
Si può ben dire che tutta la sua vita sia stata segnata dal
volo, sia in veste civile che militare, in un’epoca in cui il mezzo stesso, e
soprattutto la strumentazione di bordo e quella di terra, dovevano ancora
raggiungere degli standard di sicurezza affidabili. È fuori di errore affermare
che le donne e gli uomini della sua generazione sono stati dei veri pionieri
nel settore aeronautico; un settore “nato” da poco, se consideriamo che il
primo aeroplano dei fratelli Wright si era sollevato da terra solo nel 1903.
Cosa vuol dire volare – e non solo di notte – a bordo di un
biplano agli inizi degli anni Trenta, de Saint-Exupéry ce lo fa comprendere sin
dalle prime pagine. La scrittura dell’autore francese, delicata, poetica,
eppure incisiva, trasmette alla perfezione quel misto di terrore e meraviglia
che attanaglia il pilota mentre sorvola pianure e colline: «la notte saliva,
simile a un fumo oscuro, e colmava già le valli. Queste non si distinguevano
già più dalle pianure. Però i villaggi s’illuminavano e le loro costellazioni
si rispondevano» (p. 10).
L’incanto, dunque: la certezza di essere uno dei pochi
privilegiati a poter godere di un paesaggio sconosciuto e, soprattutto, inaccessibile
ai più; a quegli “altri” che, costretti a terra, possono solo limitarsi a
indicare col dito quel minuscolo punto là in alto, mentre loro sono presi da
più umane faccende là in basso.
L’incanto, ma anche la paura costante: la consapevolezza di
essere soli, supportati dal telegrafista di bordo e dai responsabili
presenti in aeroporto che, è vero, si impegnano al massimo per la buona
riuscita... ma in fin dei conti sono a terra, loro.
Fabien, pilota del biplano e corriere dell’America del Sud,
sa di essere un pioniere. Come il direttore Rivière – uomo dai modi bruschi e
dal carattere scostante – sa di portare sulle proprie spalle il peso non
soltanto della posta e dei pacchi affidatigli, ma anche del futuro stesso dell’aviazione.
Volo di notte, sebbene racconti dell’uragano
che colpisce il biplano destinandolo a sconfitta sicura, vuole parlare soprattutto
di tutti coloro che, pur consapevoli del proprio tragico destino, hanno
consentito all’umanità di muovere un passo in avanti, di affondare il piede
nell’oscurità per poter accendere una fiammella nell’ignoto. Perché nonostante i rischi e le perdite, nonostante la vita umana non abbia prezzo, «tuttavia i ponti vengono costruiti» (p. 77).
Fabien e Rivière sono due facce della stessa medaglia: uno
incastrato lassù fra i nuvoloni neri carichi di fulmini e acqua, l’altro
rinchiuso laggiù fra le sale dell’aeroporto di Buenos Aires e circondato da
sottoposti tremuli e diffidenti. Entrambi, però, sanno che bisogna andare
oltre, che la sconfitta di pochi può significare la salvezza di molti. Che,
insomma, bisogna superare la «paura della notte». E soprattutto delle altezze.
Volo di notte è un
romanzo breve di spiccata intelligenza, che in poche pagine sa condensare la
bellezza, l’orrore, la meraviglia e la morte. Chiunque abbia amato de
Saint-Exupéry per Il Piccolo Principe
amerà di certo anche questo altrettanto breve testo.
David Valentini