Il grande libro del ghiaccio
di Enrico Camanni
Editori Laterza, 2020
pp. 372
€ 22,00 (cartaceo)
€ 12,99 (e-book)
Un grande libro, in tutti i sensi. Sia dal punto di vista delle dimensioni (quasi 400 pagine, realizzate con carta di prima qualità e profumatissima, almeno per chi ama, come la sottoscritta, mettere il naso tra le pagine) sia dal punto di vista del contenuto. "Il grande libro del ghiaccio", da poco uscito per le edizioni Laterza, è un ampio racconto su tutto ciò che concerne il ghiaccio, materiale che racchiude in sé una magia: tanto può essere duraturo, quasi "eterno" (pensiamo alle "carote" di ghiaccio raccolte nell'Antartide che possono darci segnali risalenti a un milione e mezzo di anni fa), quanto può essere labile, caduco, effimero, proprio come ghiaccio al sole...
La magia del mondo bianco risale agli albori della Storia, fino a un centinaio di anni fa, quando il freddo e la neve rappresentavano un ostacolo insormontabile per tante attività umane, dalla guerra alla vita domestica. Il "generale inverno", insieme al suo luogotenente, il ghiaccio, era un nemico da temere e rispettare. Molto più recente e repentina l'inversione di prospettiva, che ha visto nell'Ottocento svilupparsi la visione romantica dei ghiacciai e nel secolo scorso l'addomesticamento della neve, con la nascita del turismo e dello sci di massa. Fino ad arrivare al paradosso dell'invenzione della neve, con le piste innevate artificialmente. Perché nel frattempo il riscaldamento globale (in gran parte dovuto alle attività dell'homo industrialis) ha messo in grave pericolo il mondo bianco, ha sciolto ghiacciai che si pensavano perenni, ha sgretolato rocce tenute insieme per millenni dal ghiaccio, ha cambiato la fisionomia delle montagne e delle valli con frane e inondazioni.
L'ammirazione e la distruzione vanno di pari passo in un evidente cortocircuito sociale, economico e culturale, perché l'uomo romantico che ama e rimpiange i ghiacciai è lo stesso uomo industriale che li umilia (p. 336)
Ma questa è la parte finale, la più triste, del grande racconto del ghiaccio affidato a Enrico Camanni, alpinista, scalatore (ha aperto numerose vie di roccia), istruttore, curatore di mostre ed eventi legati alla montagna, giornalista (ha fondato e diretto il mensile Alp e la rivista internazionale L'Alpe), storico della montagna e scrittore. Torniamo invece agli albori del rapporto uomo-ghiaccio e lasciamoci trasportare dalla scrittura. Dotato di un piglio narrativo avvincente, Camanni regala infatti a questo ponderoso saggio la levità del racconto. Non aspettatevi dissertazioni scientifiche o mineralogiche o geologiche, ma predisponetevi a partire per un lungo viaggio che vi porterà a spasso nel tempo e nello spazio. Dai viaggiatori del Grand Tour, che attraversavano le Alpi con un misto di terrore e piacere, alle grandi esplorazioni dei Poli, con le navi dei primi temerari che terminavano la loro corsa strette nella morsa dei ghiacci (la Fran, la Erebus, la Terror), dalle avventure di Roald Amundsen ai Poli fino al mitico (e ormai conquistato) Passaggio a Nord-Ovest. Nomi e avventure che fanno brillare gli occhi a chi è appassionato di esplorazioni geografiche.
Ma la storia prosegue. Non è in fondo un enorme pezzo di ghiaccio che ha fatto inabissare "l'inaffondabile" Titanic? Dal mare alla terra, dove ghiaccio e neve hanno determinato la riuscita o la disfatta di tante guerre. Come dimenticare la nostra Guerra Bianca? La sfiancante e tremenda guerra di posizione del 1915-18 tra le nostre truppe e gli Austriaci, tutta giocata (se si può usare questo termine) sul fronte dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello.
Morte e vita perché senza ghiaccio non ci può essere conservazione di alimenti, le popolazioni lo sanno da tempo immemore. E allora ecco una gustosa divagazione sull'inventore del metodo per conservare grandi blocchi di ghiaccio sulle navi cargo, il "Re del ghiaccio", Frederic Tudor, che si arricchì (prima di finire sommerso dai debiti) portando il ghiaccio dal Canada in India o a Cuba. Dove, negli anni a venire, avrebbe tintinnato nei bicchieri di mojito o di daiquiri.
Ho citato soltanto alcuni dei mirabolanti racconti che Camanni dispiega in questa "enciclopedia" e già così è chiaro quale sorprendente miniera di notizie contenga questo libro. Fino ad arrivare al piatto forte: il ghiaccio inteso come montagna, che è l'habitat naturale dello scrittore, e montagna intesa come sport, divertimento, scalata, conquista. Ecco allora che si parte per il regno degli 8mila, per l'Hymalaia, la nuova frontiera dell'arrampicata dopo che è calato il sipario sulla conquista esplorativa delle Alpi. Dall'Everest di sir Edmund Hillary al K2 degli italiani fino al 16 ottobre 1986, quando, con la scalata del Lhotse, Rheinhold Messner diventa il primo uomo ad aver collezionato tutti e 14 gli 8mila. E dall'esplorazione verticale via a capofitto nella Patagonia o nella conquista dell'Antartide, con l'esplorazione orizzontale dei grandi ghiacciai, fino a tornare su un ghiaccio a noi più prossimo con le costruzioni di treni e funivie per avvicinarsi o sorvolare i ghiacciai nostrani, dalla Mer de Glace, affianco a Chamonix, fino all'Aletschgletscher della Svizzera.
Potrei continuare all'infinito, tanti sono gli argomenti e i racconti che Enrico Camanni butta a piene mani nel libro... forse a un certo punto addirittura troppi, correndo il rischio che il lettore esca da queste pagine con una sbornia d'acqua (materia prima del ghiaccio), mi si passi la battuta.
La penna di Camanni passa con disinvoltura dall'infinitamente piccolo (i cristalli di ghiaccio) all'enormemente grande (come lo possono essere le distese di ghiaccio della Groenlandia e dei Poli che rappresentano il 99% del ghiaccio del pianeta) e lo fa trattando, forse per la prima volta, il tema del ghiaccio senza distinzione di disciplina: scienza, leggende, storia, geografia, storia delle esplorazioni geografiche, cronaca, ars bellica, climatologia, arte, fotografia, antropologia, filosofia, estetica si passano la palla per raccontare, in tutti i suoi aspetti, la storia e la vita del ghiaccio. Ciò che rappresenta e ha sempre significato per l'umanità. Per questo, e lo ripeto, non è un libro adatto a chi cerca un taglio rigorosamente scientifico, ma diventa estremamente piacevole per il lettore che si lascia prendere per mano e accompagnare nel mondo bianco attraverso la storia del nostro pianeta. Che oggi ha la febbre (Covid-19 a parte) e, per chiudere il cerchio, gli ultimi capitoli del libro sono dedicati, con numeri e dati aggiornati e precisi, al declino che sembra il destino inesorabile dei ghiacciai.
Quando il ghiacciaio lascia il posto alla roccia emerge una specie di terra di mezzo che non è più bianca e non è ancora verde (...). Dal suolo da poco liberato dal ghiaccio sale un odore di putrefazione e morte (...). Per alcuni anni, prima che la vegetazione curi pazientemente le ferite, il sottopelle del ghiacciaio è una rovina inguardabile e impercorribile, con tutti i grigi della scala cromatica e nessuna sfumatura di vita (...). Il lascito di un ghiacciaio è la più sconfortante espressione naturale che io abbia incontrato nei miei pellegrinaggi alpini. Nichilismo assoluto. (p. 306).
Meditiamo gente, meditiamo.
Sabrina Miglio