Il dono di Antonia
di Alessandra Sarchi
Einaudi, 25 agosto 2020
pp. 208
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Ha fatto tutto quello che credeva giusto, e voleva fare, come madre. E ora l'unica cosa che sua figlia vorrebbe è liberarsi di lei. Allontanarsi il più possibile, cancellarla.Invece qualcuno, che non può chiamare figlio, la cerca. (p. 112)
Antonia si è attorniata di maternità: ha lasciato la città per dedicarsi all'allevamento in campagna, vede ogni giorno la natura che le nasce e rinasce attorno, eppure non sa come fare a porre un freno al dolore che sente per sua figlia Anna, che si allontana sempre di più da lei. Quanto più la ragazza conta le calorie della colazione e si dedica a ore di sport, tanto più Antonia sente che, con la sua magrezza, le sfugge dalle braccia, da un confronto. A poco sta servendo la terapia: Antonia non riesce a tacere e a non intervenire, né sa sfogarsi a dovere con chi ha attorno. Non parla davvero neanche con le nuove amiche che ha conosciuto al gruppo di ascolto per i genitori di figli con problemi alimentari: Antonia ascolta, ascolta cosa le raccontano le altre, e pensa, questo sì, noi lettori cogliamo la sua emotività in ogni pagina, ma non trova il coraggio di confessare che «più della gioia, avevo paura del sangue che crea vincoli e ti toglie libertà» (p. 118). Lo dice invece al marito, Paolo, che cerca di stare accanto sia a lei sia alla figlia, ma è destinato a restare sullo sfondo di una vicenda che Alessandra Sarchi decide di declinare perlopiù al femminile.
Antonia fa fatica a parlare del suo passato: solo Paolo sa quel che è accaduto in California, e che l'ha portata a lasciare tutto e ricominciare daccapo in un paese fuori Bologna. Il suo presente è fatto di impegni quotidiani da portare a termine, ma è soprattutto occupato dalla preoccupazione del distacco che Anna sta tracciando tra loro:
Se elimini parte dopo parte, rimane l'idea di madre, che ti sei costruita nel tempo. Ti sei allontanata dal suo corpo e te ne rimarrà sempre nostalgia, confusa al senso di promiscuità di cui hai voluto liberarti.
Anna lo ha fatto, cerca di farlo ogni giorno, per capire cosa possa essere, cosa ci sia di diverso dentro e fuori di lei. Ha iniziato a spostare la tazza di latte che Antonia le preparava ogni mattina, poi il pane, la pasta, i biscotti; ogni giorno un po' meno, poi quasi più niente. Una mensa vuota, liscia, ripulita; forte come un'arma, nodosa come il legno. Ha ridotto sua madre a un'idea da combattere. (p. 123)
E che cosa rimane dell'identità di Antonia? Poco, la donna si sente più volte svuotata e nel corso del racconto viviamo da vicino le sue sensazioni. Poi, come un fulmine a ciel sereno - e in effetti Alessandra Sarchi inizia una nuova sezione del libro - i pensieri di Antonia nonché la narrazione vengono invasi da Jerry, che le telefona dalla California e chiede di incontrarla. Anni di lettere distrutte prima ancora di aprirle si annullano in pochi secondi: Jerry è il figlio che Antonia non può chiamare così; lei ha semplicemente donato un ovulo alla sua amica, Myrtha, che non poteva avere figli. Un flashback accurato ci riporta a ventisei anni prima e ci consente di capire quell'amicizia profonda - in cui troviamo infatuazione, ammirazione, forse non priva di una punta di invidia -, mentre resta un po' in ombra il motivo per cui Antonia, dopo la donazione, abbia deciso di partire per l'Italia, lasciare tutto e tagliare definitivamente i ponti con Myrtha. Ora il dilemma è: incontrare Jerry e raccontare anche ad Anna quel che è accaduto in California, o rinunciare probabilmente per sempre di conoscere quel "figlio non-figlio" e tenere il proprio segreto?
Come è facile immaginare anche dalla sinossi, il romanzo di Alessandra Sarchi è intriso di quesiti etici sotterranei e non offre una soluzione unitaria: lascia che siano le storie a parlare di vita vissuta, per quanto alcune riflessioni siano scomode e possano ammettere la fragilità della protagonista. È proprio la scelta di questo punto di vista umanissimo e imperfetto a suscitare in noi lettori grande empatia, ed è forse anche per questo che alla fine della prima sezione, tutta incentrata sul rapporto tra Antonia e la figlia Anna, facciamo fatica ad accettare che la seconda sezione sia virata verso una nuova storia, il non-rapporto tra Antonia e Jerry, nonché il flashback del passato californiano. Invece, se accompagniamo questo brusco cambiamento, verremo ripagati: ci accorgeremo di quanti punti di contatto ci sono tra le due diverse realtà, quanto il desiderio di comunicazione venga continuamente negato e come la maternità sia eccome un grandissimo dono, ma anche qualcosa che svuota e può rivoluzionare la vita e la propria identità.
GMGhioni
Come è facile immaginare anche dalla sinossi, il romanzo di Alessandra Sarchi è intriso di quesiti etici sotterranei e non offre una soluzione unitaria: lascia che siano le storie a parlare di vita vissuta, per quanto alcune riflessioni siano scomode e possano ammettere la fragilità della protagonista. È proprio la scelta di questo punto di vista umanissimo e imperfetto a suscitare in noi lettori grande empatia, ed è forse anche per questo che alla fine della prima sezione, tutta incentrata sul rapporto tra Antonia e la figlia Anna, facciamo fatica ad accettare che la seconda sezione sia virata verso una nuova storia, il non-rapporto tra Antonia e Jerry, nonché il flashback del passato californiano. Invece, se accompagniamo questo brusco cambiamento, verremo ripagati: ci accorgeremo di quanti punti di contatto ci sono tra le due diverse realtà, quanto il desiderio di comunicazione venga continuamente negato e come la maternità sia eccome un grandissimo dono, ma anche qualcosa che svuota e può rivoluzionare la vita e la propria identità.
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