Caro nemico
di Jean Webster
Caravaggio editore, 2020
Edizione a cura di Enrico De Luca
Traduzione di Miriam Chiaromonte
pp. 360
€ 16,90 (cartaceo)
€ 7,49 (ebook)
Ci sono altre tre ragazze sullo stesso piano della torre... una Studentessa dell'ultimo anno che indossa gli occhiali e che ci chiede in continuazione di fare per piacere un po' più di silenzio, e due Matricole che si chiamano Sallie McBride e Julia Rutledge Pendleton. Sallie ha i capelli rossi e un naso all'insù ed è abbastanza amichevole. (Papà Gambalunga, p.32)Così ci viene presentata Sallie McBride dalle parole di Judy Abbott mentre scrive a papà Gambalunga (qui potete trovare la recensione) del suo arrivo al college. Dal cartone animato ce la ricordiamo con gli occhiali (come vuole la tradizione degli anime per i personaggi bravi a scuola), per nulla snob e supponente come Julia e animata dai migliori sentimenti di amicizia per Judy. La nostra conoscenza della storia - almeno, quella di chi sta scrivendo - si fermava al cartone animato senza sospettare che ci fosse un seguito al romanzo epistolare di Jean Webster e, meno che mai, che in questo seguito prendesse la parola proprio Sallie. La giovane viene infatti convinta e, in qualche modo, strappata alla sua "frivola" esistenza per assumere un ruolo delicato e complesso: la gestione dell'istituto John Grier dove Judy (all'epoca ancora nota come Jerusha) ha trascorso la sua infanzia.
Caro Nemico, ultimo romanzo dell'autrice americana Jean Webster, continua nell'impostazione epistolare. Judy, prolifica e scanzonata scrittrice e disegnatrice, cede penna e parola a Sallie, che ha abbandonato, almeno temporaneamente, la vivace e civettuola vita di società che intratteva a Worcester per assumersi, a seguito delle insistenze dell'amica, il ruolo di direttrice dell'orfanatrofio John Grier. Sallie racconta le vicissitudini che non mancano mai di animare la vita del John Grier tramite una fitta corrispondenza con la stessa Judy, il rampante Gordon e Robin MacRae, lo spigoloso e burbero medico dell'orfanotrofio che si trova così spesso in disaccordo con la nuova direttrice da essere soprannominato, appunto, "caro nemico" nell'apertura delle lettere.
I racconti dell'orfanotrofio erano già presenti già in Papà Gambalunga. Ricordiamo la ferale abitudine di scegliere i nomi degli orfani da quelli incisi sulle lapidi del cimitero o le punizioni feroci a cui venivano sottoposti. Uno su tutti, il legare una bambina a una corda per aver osato mangiare un biscotto. Certo, tramite gli occhi di Judy e complice la visione colorata dell'anime, tutto ciò assumeva il tono di un'avventura straordinaria, ricco bacino da cui attingere per le storie che la ragazzina metteva in piedi per perseguire il suo sogno di diventare scrittrice. Ma se già attraverso la visione edulcorata e brillante di Judy si percepiva il grigiore del luogo, è tramite le parole di Sallie, un'adulta che non ha mai avuto alcuna familiarità con luoghi come quello, che ci rendiamo conto appieno della realtà di quelle istituzioni.
[...] quindi ho cercato il refettorio. Orrore unito a orrore... quelle spoglie pareti color mattone verdastro e tavole ricoperte di tela cerata con tazze e piatti di latta e panche in legno e, come decorazione, quella scritta illuminante: «Il Signore provvederà»! Il benefattore che ha aggiunto quell'ultimo tocco deve possedere un cupo senso dell'umorismo. (p. 13)I bambini vivono in ambienti poco aerati, non hanno diritto a godere della loro infanzia e sono completamente avulsi dall'uso di giocattoli come dimostra la sorpresa nell'arrivo del regalo di Gordon composto da peluche. Non vengono preparati a nulla del mondo fuori, non hanno nessuna dimestichezza con l'uso del denaro e nessuna educazione al vivere civile che possa garantire loro un inserimento nella società. La loro adozione è sempre difficile, più influenzata dal bell'aspetto dell'orfano in questione e trattata come un'attività per impegnare il tempo delle buone signore.
Ella è un'affascinante, benevola gentildonna colta, appena uscita dal sanatorio dopo un anno di spossatezza nervosa. Il dottore dice che ha bisogno di un forte interesse nella vita, e consiglia l'adozione di un bambino. [...] Salutando la sua naturale predilezione per un bambino, scrive, come sopra, per l'usuale richiesta di una bambina dagli occhi azzurri. (pp. 235-236)
Sallie, giovane donna dai tratti sia fisici che caratteriali molto sanguigni a causa del suo sangue irlandese e scozzese, resta sconvolta da queste condizioni. È istruita e rappresenta una nuova generazione di donne che inizia a vivere il lavoro fuori casa come una condizione normale.
Le piace essere indipendente dalla sua famiglia, come piace a ognuna di noi in questi tempi degenerati (p. 44),
dice a Judy raccontando dell'incontro con una vecchia compagna di scuola.
Anche se non ha esperienza pregressa, si informa, studia, legge e, laddove non arriva con la formazione, supplisce con della normale empatia, e affronta una crescita personale che la fa passare dal definire i bambini "cosette sporche, bavose" al sentirsi madre di quei poveri 113 orfanelli. Per loro mette in campo una serie di migliorie nelle condizioni di vita, dal semplice cibo a una divisa meno avvilente del percalle a quadretti blu, cerca per loro le migliori condizioni per uscire dall'istituto e mostra di essere al passo con le teorie pedagogiche dell'epoca. Dai volumi montessoriani definiti "deliziosi" e che l'aiutano nella gestione del battagliero Punch, alle pratiche per distrarre i bambini senza ricorrere alle sgridate o alle punizioni, fino al responsabilizzarli affidando loro piccoli patrimoni personali da gestire (anche se poi i bambini li spendono tutti in caramelle), Sallie sconvolge tutti quelli che erano gli equilibri e appare come una bizzarra creatura dai capelli rossi anche agli occhi dei benestanti benefattori.
A differenza di papà Gambalunga, qui beneficiamo di una visione più sfaccettata di Sallie, data dal maggiore numero di interlocutori. Se Judy doveva solo relazionarsi con il suo misterioso benefattore, Sallie è diversa in base a chi si trova di fronte: se scrive alla sua cara amica confida tutte le pene, sia del suo incarico che quelle sentimentali, mostrando anche una certa sfacciataggine per l'epoca.
La vergognosa verità è che quell'unico uomo non sembra abbastanza per me. Mi piace la varietà di emozioni che si ricevono solo da una varietà di uomini. (p. 280)
È una battagliera femminista che rivendica il suo diritto di lavorare come direttrice di un istituto e che il suo impegno non è solo una dannata filantropia come scrive quando il rampante politico Gordon le fa le sue rimostranze sul suo lavoro. È ironica avversaria e pronta a migliorarsi tramite il confronto con il caro nemico, dottore dalla misteriosa vita alle spalle e studioso di malattie mentali e velato sostenitore dell'eugenetica aprendo così uno squarcio sulla posizione politica che gli Stati Uniti avrebbero preso di lì a poco sulla questione.
Restano i disegni sempre divertenti, resta lo stile brillante (tanto che Judy e Sally poco si distinguono come "voce"), ma proprio come Papà Gambalunga, Caro nemico non è un romanzo solo per un target giovane. Mette in campo tematiche e teorie che allora erano solo agli inizi, ma che sarebbero diventate fondamentali nella costruzione della moderna pedagogia. Segno di un romanzo e di una narrativa che è in grado di analizzare i mutamenti della società e che rientra quindi, in pieno diritto, nella categoria dei classici che necessitano di attenta lettura.
Giulia Pretta