La rosa più rossa si schiude
di Liv Strömquist
Fandango, 27 agosto 2020
Traduzione di Samanta K. Milton Knowles
€ 19,50 (cartaceo)
Non proviamo più niente. Ecco il problema. In amore, secondo Liv Strömquist, siamo diventati “fornelli tiepidi”, di quelli che “se uno ci appoggia la mano per sbaglio non si brucia”. E la Strömquist vuole sapere il perché, scomodando filosofi, scrittori, sociologi, serie tv e cultura pop contemporanea. Il risultato? Un vero e proprio sistema filosofico, in cui Marsilio Ficino e Beyoncé si incontrano per insegnarci come amare. In modo terribilmente convincente.
La scomparsa dell’alterità della figura amata come conseguenza del nostro narcisismo, spiegato tramite la mania per i selfie e la propensione di Leonardo di Caprio a gettarsi sulle sue eterne modelle bionde e identiche l’una all’altra; l’eccessiva razionalità che ci porta a voler fare scelte ponderate persino riguardo chi dovremmo o non dovremmo amare; la volontà di dimostrarsi distaccati a tutti i costi, di essere sempre il lato “meno amante” nelle relazioni; tutto questo vorrebbe schermarci dalla sofferenza, dal rischio di spezzarci il cuore che sussiste ogni volta in cui ci buttiamo anima e corpo in una relazione.
Ma è possibile amare così, in modo asettico, sicuro, razionale? Secondo Liv Strömquist, la risposta è no. Dal Simposio di Platone alle poesie di Hilda Doolittle, passando per Thomas Mann, la letteratura ci porge esempi di amore totalizzante che oggi ci sembrano superati, svilenti, incompatibili con la nostra cultura individualista e focalizzata sul guadagno. Eppure così facendo soffriamo molto più di prima. È solo tornando ad accettare e accogliere i nostri sentimenti che potremo instaurare vere relazioni alla pari, fondate sulla comunicazione e sul rispetto dei bisogni reciproci.
Così descritta, questa graphic novel sembrerebbe essere suppergiù accattivante e intrattenente come l’ultimo numero di una rivista femminile, di quelle che si trovano dai parrucchieri. E invece non è affatto così. Non solo il contenuto filosofico viene documentato e argomentato in modo magistrale, al punto che alla fine c’è anche una bibliografia (non dimentichiamoci che la Strömquist è stata anche insignita di un dottorato honoris causa) anche grazie ai disegni semplici e diretti e dal tono colloquiale, ma è anche accompagnato da un umorismo lucido e tagliente che trabocca dalle pagine, affollate da una miriade di figure storiche e non che dissezionano l’umanità in modo chirurgico. Senza però che questo occhio critico escluda la speranza che la natura umana riesca a recuperare la sua propensione naturale a un amore generoso e disinteressato, che possa portare a rapporti migliori tra i sessi e, chi lo sa, a meno pene d'amore per tutti.
Marta Olivi