di Lorenzo Tosa
Mondadori, Strade Blu, settembre 2020
pp. 228
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
«Il treno è appena partito. In realtà, questa non è neppure una partenza, ma solo l’ultima tappa di un viaggio molto più lungo iniziato ormai quasi un anno fa, quando mi sono messo in testa di andare a caccia delle storie degli altri». (p. 15)
Lorenzo Tosa, giornalista, esperto di comunicazione e star dei social – come è stato definito da diverse testate giornalistiche – scrive e pubblica il suo primo libro per la collana Strade Blu di Mondadori, Un passo dopo l’altro. Viaggio nell'Italia che resiste, nonostante tutto.
In copertina, eloquente illustrazione di Andrea De Santis, una valigia aperta verde pastello in cui si può sbirciare il contenuto di storie italiane dal nord al sud, di storie della memoria collettiva e dell’irrequieta attualità, di «torce puntate nel buio, bussole in mare aperto, donne e uomini che marciano insieme, un passo dopo l’altro, alla conquista di diritti che troppo a lungo abbiamo creduto scontati (p. 16)».
Come il piccolo Potito Ruggiero che, con il desiderio di conquistare il diritto di manifestare per il Fridays For Future lanciato dalla giovane attivista Greta Thunberg, si è presentato da solo nella piazza principale di Stornarella, piccolo paese nella provincia di Foggia, con in mano un cartello scritto in inglese (I keep an eye on you) per farsi capire da tutto il mondo, a discapito degli abitanti meno preparati all'internazionalità. «È stata Greta a insegnarmi cosa significasse e quale fosse la posta in gioco. In quei giorni, per la prima volta, mi sono reso conto che il futuro che avevo sempre immaginato – avere un buon lavoro, una famiglia – avrebbe anche potuto non esistere mai. E di colpo ho realizzato che, se non avessi fatto qualcosa, se non fossi sceso in piazza ora, subito, avrei convissuto con quel peso per il resto della mia vita (p.156)». Una determinazione che disorienta, data la giovane età di Polito, per il quale si prova dell’affetto sincero quando confessa ingenuamente: «Non seguo molto la politica e non so se ha fatto abbastanza per fermare il surriscaldamento globale (p. 160)».
Ma lasciando la generazione Z, Tosa ci presenta Mailuna, ventunenne immigrata da Dakar (Senegal) che conosceva l’Italia solo per Silvio Berlusconi e non aveva mai visto la neve prima di metterci i piedi calzati di ciabatte di pelle. Una vita piena di sofferenza, ingiustizia e sacrificio che si intreccia ad altre testimonianze italiane, come quella di Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, un borgo sperduto nell'Aspromonte – una riproduzione in scala ridotta del mondo intero – e dei suoi abitanti. «Quella di Riace è una storia di migrazione infinita che attraversa le epoche e i continenti e, ciclicamente, finisce per ritornare sempre al punto di partenza» (p. 122).
Quel punto di partenza senza ritorno di Luciana Sacerdote e Liliana Segre, senatore a vita. Due donne e amiche che si incontravano ogni due o tre anni a Rapallo per parlare del presente e mai del passato, di quel passato inumano ed efferato di Auschwitz-Birkenau: «Sono ballerine che danzano sul filo invisibile delle loro esistenze protette, e con gli anni hanno imparato a memoria i passi necessari a non perdere l’equilibrio» (p. 9).
Ma persone disposte a raccontare le proprie memorie e i propri segreti ci sono, e Chiara Trevisan, «una persona e uno spazio in cui la sospensione del giudizio è palese (p. 31)», armata di bicicletta e carretto a rimorchio pieno di libri di narrativa e poesia legge ad alta voce – vis à vis – per le strade di Torino, ascoltando chiunque voglia condividere pensieri, perché lei è la donna che si fa trovare nei luoghi dove nessuno la cerca.
Infine, le storie di due combattenti. Elena Linari, calciatrice professionista diventata famosissima con Italia-Cina del 2019, che con coraggio ha sfidato i pregiudizi di genere nel mondo calcistico e di omosessualità; e Daniele Macchini, medico chirurgo, avversario e vittima del coronavirus.
È cauto, Lorenzo Tosa, nella scelta del titolo Un passo dopo l’altro, in cui sembra palesare la consapevolezza del sentiero da percorrere, almeno in un primo momento, dato che l’intitolazione viene infelicemente ripresa da uno dei racconti di Liliana Segre e Luciana Sacerdote, citando testualmente
«migliaia di prigionieri furono radunati fuori da Auschwitz e costretti a marciare senza una meta precisa né alcuna apparente direzione. Era una fiumana dolente di quasi sessantamila uomini e donne allo stremo, relitti umani, corpi scavati dalla fame, esseri moribondi, spinti a camminare, un passo dopo l’altro, solo per il riflesso condizionato di ordini che nessuno era più in grado di mettere in discussione» (p. 141).
Sperando in una involontaria analogia – contrariamente sarebbe davvero poco credibile il ridondante uso del politicamente corretto, leitmotiv di tutta la lettura – quello di Tosa è un libro della scoperta e dell’esplorazione di luoghi, ma soprattutto di individui che hanno scelto di raccontarsi. È una raccolta di racconti che il giovane giornalista decide di interrompere e riprendere affinché il lettore possa entrare ed uscire continuamente dalle vite e dalle “porte delle stanze” più riservate dei protagonisti, una scelta interessante per la narrazione. Storie di singoli che assomigliano a quelle segrete di ognuno di noi, perché in fondo, dietro smartphone e auricolari, abbiamo tutti una trama da raccontare e raccontarci.
«Siamo storie e personaggi scritti sull'acqua, di cui un giorno non ricorderanno nulla se non le facce che avevamo quando un meteorite invisibile si è abbattuto sulla nostra testa. Inventiamo posture e forme di resistenza che ci sembrano efficaci fino a prova contraria. Si tira avanti all'ora, che già le giornate paiono un parametro temporale eccessivamente ottimista. Non so neppure dove dormirò stanotte, forse un Airbnb o un bed & breakfast lungo la strada, non importa, qualcosa troverò» (p. 151).
A parte evocare grossolanamente il sublime epitaffio sulla tomba del poeta inglese e romantico John Keats, «qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell'acqua», l’autore, lungo le pagine del suo libro, a momenti sembra sprofondare nello sconforto e nella malinconia per poi tramutarsi nel salvatore delle giuste cause. Credibile o meno, abbiamo sperato di essere entrati con discrezione da una delle porte più riservate della sua “casa”.
Olga Brandonisio
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