«Così scendono le generazioni nella fornace del tempo»: "Gente nel tempo", un romanzo di Massimo Bontempelli da (ri)scoprire
Gente nel tempo
di Massimo Bontempelli
Utopia, 2020
pp. 192
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
«Il tempo, discesa di fatti minimi; se vi getti dentro un'avventura intensa, lo ingombri e scompigli, intorbidi il ritmo, gli togli ogni verità, è una disperazione». (p. 133)
Immaginate di ricevere un'inquietante predizione, sul letto di morte, da parte della capostipite della famiglia. Come reagireste? La Gran Vecchia nel primo e unico capitolo in cui è protagonista indiscussa sa farsi rispettare da tutti i presenti: dispone prete, medico, notaio e parenti, con un fare da generalessa che fa quasi sorridere il lettore, facendo dimenticare per un attimo che le condizioni di salute della donna sono ormai gravissime. Si apre all'insegna di un'ironia beffarda, Gente nel tempo: Bontempelli lascia che il lettore si abitui al fare deciso della matrona della famiglia Medici per poi arrivare in un crescendo di tensione alla terribile profezia: «Del resto, nessuno di voi morirà vecchio», leggiamo a pagina 18. Nessuno dei presenti riesce a ridimensionare la portata di una simile frase: il figlio della Gran Vecchia, Silvano, è immediatamente colpito, così come sua moglie Vittoria, per non parlare delle due bambine, Nora e Dirce. A loro la nonna ha infatti dedicato anche un altro terribile pensiero:
«E nessun altro ha da nascerne, specialmente tipi come voi che non siete mai stati buoni a niente e morta io sarete ancora più inutili, perciò è meglio che la famiglia finisca; anche quelle due lì quando saranno grandi è meglio che non ne facciano...» (p. 18).
Parte così un romanzo che fin da subito si ibrida con il racconto fantastico, ma porta con sé anche la suspense tipica del mistero e traccia un crescendo di elementi orrorifici, pur non avendo niente di apparentemente spaventoso. Qual è il nemico giurato delle protagoniste, Nora e Dirce? Nessun mostro dalle fattezze strane; no, il loro peggior nemico è il tempo, perché ogni cinque anni, dalla morte della Gran Vecchia, nella loro famiglia sembra verificarsi una morte. Potrebbe trattarsi di una semplice coincidenza, ma come vivere la propria vita sapendo che cinque anni volano e che si riproporrà di nuovo lo stesso atroce dubbio? È chiaro che se addirittura in paese iniziano a girare ciniche scommesse su quale delle due sorelle Medici sopravvivrà, il turbamento si fa prima ansia e poi terrore.
Diventa difficile ricominciare, farsi una vita, pensare a una famiglia, perché «non importa morire, importa non sapere quando. L'ignoranza è la giovinezza» (p. 163). Nora e Dirce sono state private della loro giovinezza, non possono essere spensierate: Nora prova a lanciarsi in un carpe diem tanto vivace quanto disperato, mentre Dirce è più chiusa in sé stessa.
Fuori infuria la storia, la Prima guerra mondiale inizia e si conclude rapidamente - non è questo che interessa a Bontempelli, che sintetizza davvero in poche righe quel che le due eredi Medici hanno vissuto -, ma il tempo passa, il conto diabolico dei cinque anni prosegue:
"Forse pare loro aver da combattere un nemico comune, non sanno rassegnarsi a capire che contro quello non si lotta".
E l'attesa di noi lettori cresce, immaginiamo Nora e Dirce in un testa a testa, costrette a separarsi o a diventare l'una nemica dell'altra o, al contrario, portate a stringersi ancora di più in una morsa d'affetto ugualmente letale. C'è altrimenti un modo per spezzare la profezia?
Questo romanzo del 1936 ci presenta una famiglia che crolla, ingrigita da una predizione che si trasforma di pagina in pagina in una maledizione, che non solo porta i personaggi a vivere in funzione del futuro, ma che blocca anche il loro presente in tentativi di vita continuamente frustrati. Giustamente Marinella Mascia Galateria nella prefazione parla di «un percorso a tappe agghiacciante e diabolico», perché niente di quello a cui andiamo incontro nella narrazione è prevedibile o razionale. Pare che il destino si diverta a ridurre i membri della famiglia Medici a piccoli e impotenti manichini, nelle mani di un regista (il tempo) ben spietato e sadico. D'altra parte, c'è qualcosa di peggio di avere un conto alla rovescia rimbombante, che ti ricorda quanto potrai ancora vivere? Forse sì: scoprire che non necessariamente a questo giro tocca davvero a te lasciare questo mondo, e devi così ricominciare una nuova roulette russa per i successivi cinque anni.
Ancora piacevolissimo sia per il dettato sia per il ritmo narrativo, Gente nel tempo è anche specchio di un tempo inquieto e inquietante, che Bontempelli decide di non raccontare direttamente, ma di farci avvertire con tutta la precarietà e l'angoscia di quei giorni incerti.