Cultura, contegno e razza: "Il gioiello della corona" di Paul Scott

Il gioiello della corona di Paul Scott

Il gioiello della corona
di Paul Scott
traduzione di Stefano Bortolussi
Fazi Editore, 17 settembre 2020 

pp. 584
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


 

«Questa è la storia di uno stupro, degli eventi che vi hanno condotto e che l'hanno seguito e del posto in cui è accaduto». (p. 11)
Quel posto dall'azzurro cenere dei cieli smaltati, dalle vaste pianure e sagome scure delle colline all'orizzonte, di donne avvolte in sari di seta, e dal «lebbroso che sedeva a gambe incrociate mostrando il busto segnato dalle chiazze rosacee del male e sollevando le braccia simili a rami spezzati» (p. 156). Quel posto chiamato India, una terra ancorata alla potenza del Raj, impero Anglo-Indiano, dove tutti sono vittime dell'ipocrisia di un'ambizione coloniale. 
Scritto tra il 1965 e il 1967, Il gioiello della corona è il primo volume della tetralogia di The Raj Quartet, fissato per sempre dalla penna di Paul Scott (da cui sono state tratte due serie televisive: la più recente quella per BBC Radio 4, diretto da Sally Avens nel 2005).

Cinquecentottantatre pagine di voci che si susseguono, si rincorrono e si sovrappongono, tutte con l'unico obiettivo di trovare il colpevole di questioni atroci e di contenere passato presente e futuro nel palmo di una mano. Ma «esiste uno specifico evento storico che abbia un inizio preciso e una fine soddisfacente?» (p. 163). Difficile a dirsi quando si tratta di determinare colonialismo e postcolonialismo.

Prima di Scott, Edward Morgan Forster scrive Passaggio in India (1924), pietra miliare della letteratura coloniale, che affronta le ingiustizie della diversità tra inglesi colonizzatori e indiani colonizzati. Anche Roma Tearne, indiana di nascita e inglese nella vita, scrive Mosquito (2007), affrontando i disastri postcoloniali di una guerra civile scoppiata nel 1983 tra Tigri Tamil e il governo dello Sri Lanka, antiche fazioni indiane drammaticamente disorientate dall'abbraccio della corona inglese.

Tuttavia, Paul Scott indaga, come uno scrupoloso detective, tra gli accenti secchi e occulti del privilegio e del potere, tra la dualità della rara ostrica con la perla nera, l'India secondo gli inglesi, e la corona imperiale. Una drammatica duplicità che si determina nell'insormontabile fisicità di Bibighar e MacGegor House. Due abitazioni: i luoghi del bianco e del nero. La prima «costruita da un principe e abbattuta da un inglese» (p. 179), la casa delle donne, la casa dove il principe indiano teneva le sue cortigiane, e il luogo dove avvenne lo stupro della donna inglese: Miss Manners. La seconda, MacGegor House, eretta per amore bianco e sincero di una cantante. «È come se in quel chilometro e mezzo che le separa fossero passate, anche dopo la distruzione di Bibighar, le oscuri correnti di un conflitto umano [...] che per andare dall'uno all'altro non potevi percorrere un ponte, ma dovevi prendere il coraggio a due mani, immergerti nella corrente e lasciarti trasportare, qualunque fosse la sua destinazione» (pp. 184-185).
Ma la dualità del bianco e del nero sfocia con maggiore forza nell'incontro tra l’indiano Hari Kumar – Henry Coomer all'anagrafe della sua passata, artefatta vita inglese – e Ronald Merrick, sovrintendente britannico della polizia locale di Mayapore, una città immaginaria in una provincia senza nome della British India. Due uomini appartenenti a un’India divisa a metà. Quella di una bellezza primitiva e forse tragica, dell’odore speciale del fumo proveniente dai fuochi di sterco che fa pizzicare le narici – effluvio della presenza umana – contro quell'India organizzata e pulita del colonizzatore. L’India colorata di viola a est, dove la sera è già calata, in contrapposizione con quella colorata di rosso a ovest, dove la sera deve ancora arrivare.

Eppure, il filo narrativo che avvolge il romanzo in un fiocco bellissimo e ben legato è la storia d’amore e di attrazione pericolosa tra Kumar, anglicizzato a metà, e la goffa e altissima donna inglese Miss Manners, ingenuamente affascinata dalla cultura indiana, i quali sono, allo stesso tempo, protagonisti e vittime degli eventi storici che li travolgono. È il 1942, e l’India, oltre che in guerra contro l’Asse, è sulla soglia dell’Indipendenza. Da una parte gli indiani sostenitori del Raj e dall'altra la satyagraha, la fallimentare politica di non-collaborazione non-violenta di Gandhi, con il conseguente caos di tumulti, sommosse, incendi dolosi e sabotaggi interni che ha insabbiato definitivamente le prove di ingiustizie e abusi di potere. Sì, il caos, perché il colonialismo crea disordine e disorienta anche la più radicata identità, nonostante l'imperturbabilità britannica e la sicurezza indiana di riuscire a sentire ancora il profumo dietro all'odore di sterco.

Un'interessante analogia di ciò che è il colonialismo ce la suggerisce il vicecommissario – inglese – Robin White in uno dei suoi resoconti: 
«Proviamo a immaginare che la famiglia in questione sia un gruppo alquanto eterogeneo e che quelli che hanno meno voce in capitolo sulla gestione casalinga siano proprio coloro a cui la casa apparteneva originariamente. L’attuale padrone di casa, autonominatosi tale, ripete da anni che quando si sarà finalmente convinto che hanno imparato a riparare il tetto, assicurarsi che le fondamenta reggano e mantenere il tutto in buone condizioni, se ne andrà e restituirà loro la casa, poiché il suo compito è questo: insegnare agli altri a fare qualcosa della loro vita e delle loro proprietà. Queste cose le sta dicendo da talmente tanto tempo che ormai ci crede lui stesso […] In più, sono talmente tanti anni che ripete che se ne andrà senza mai muoversi che ai piani inferiori sono nate fazioni tra quelli che sperano di ereditare, o meglio riprendersi la casa». (p. 413)
Il gioiello della corona è un romanzo nel romanzo costruito da testimonianze, resoconti e ricordi dei personaggi – a volte fondati su pregiudizi che non hanno nulla a che fare con la verità – che percorrono all'infinito il movimento circolare della narrazione, evocatrice del cerchio del fuoco cosmico dell’immagine di Shiva danzante, appeso al muro di un improvvisato santuario, simbolo di un ciclo completo: la danza della creazione, della conservazione e della distruzione. 

Paul Scott affronta il ciclo dell’inevitabilità tra il colonizzato e il colonizzatore, tra il bianco e il nero; affronta i ricordi di animi esacerbati a causa delle coscienze vulnerabili; esamina il coraggio di andare oltre alle differenze di pelle, a quelle culturali e alla sensazione di tristezza accumulata durante gli anni del colonialismo. Il gioiello della corona è il romanzo del meccanismo di affermazione, confutazione e controaffermazione.
«Ebbene, la vita non si riduce al fatto di starsene all'asciutto sulla terraferma e bagnarsi i piedi di tanto in tanto. Il fatto che alcuni di noi si trovino su una riva e altri su quella opposta e solo un’illusione. Stando fermi in quelle posizioni non stiamo vivendo, ma solo sognando. Dobbiamo entrare, tuffarci e lasciarci risvegliare dallo shock. Anche se finiremo per annegare, se non altro per un momento o due prima di morire saremo completamente svegli e vivi». (p. 185)

Olga Brandonisio 

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Da oggi in tutte le librerie #IlGioielloDellaCorona di Paul Scott, il primo capitolo della saga #TheRajQuartet, nella bella, nuovissima e colorata edizione di @fazieditore! Un romanzo nel romanzo costruito da testimonianze e ricordi che affrontano le questioni coloniali e postcoloniali del Raj, impero Anglo-Indiano. Un'opera meticolosa e attenta che cerca di raccogliere i pezzi dello smembramento storico anglo-britannico attraverso una turpe azione: lo stupro di una giovane donna inglese. Un alveare di personaggi, lettere e pareri personali. Una rete intricata di amori, segreti, complotti, ingiustizie sociali e razziali. Il gioiello della corona affronta il dramma dell'identità e della tradizione; l'odio e l'amore nei confronti della propria patria che diviene, nello stesso tempo, una detestabile terra d'esilio. Presto su @CLetteraria la recensione di @f_lic! Vi ispira? #FaziEditore #Criticaletteraria #instabooks #Inlibreria #novitàeditoriali #inlibreria

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