Ritratto corale di Elda Cerchiari Necchi
a cura di Mariateresa Chirico, Emanuela Daffra, Silvia Mascheroni
Nomos Edizioni, 2020
pp. 238
€ 19,90 (cartaceo)
Il nome di Elda Cerchiari Necchi (Genova, 1924-Milano, 2019) potrebbe non dire molto al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori dell’ambiente storico-artistico. Non ci sarebbe da stupirsi: si tratta, del resto, di una sorte piuttosto comune, e perlomeno in Italia, persino ai più importanti personaggi del settore, come in tempi recentissimi hanno ben dimostrato le differenti reazioni mediatiche alla scomparsa di Germano Celant prima e di Philippe Daverio poi. Più familiare ne diviene però la figura se la si associa a quella che è stata la sua prova più popolare e più diffusa sull’intero territorio nazionale, ovvero la firma, insieme con Pierluigi De Vecchi, del manuale di storia dell’arte Arte nel tempo, la cui prima edizione venne data alle stampe nel 1991 da Bompiani: un testo fortunatissimo, su cui generazioni di studenti della scuola superiore e dell’università hanno appreso a affinato le proprie competenze in materia, ma che fu solo uno, si badi, dei molti modi in cui “la Elda” declinò la sua passione nei confronti della bellezza. Per ricordarne la figura oltre ogni piagnucolante e retorico “coccodrillo”, e per raccontarla attraverso il filtro molteplice di chi a vario titolo ebbe modo di conoscerla e frequentarla nel corso della sua lunga vita, la casa editrice Nomos ha appena pubblicato Elda Mia, un volume che (come da sottotitolo) ne offre “un ritratto corale” e per nulla scontato.
Risultato della triplice cura di Mariateresa Chirico, Emanuela Daffra e Silvia Mascheroni, il lavoro ha ben poco dei paludamenti che tanto spesso caratterizzano questo genere di memorie collettanee. Lo si capisce subito, a partire dalla natura dinamica dell’Indice che suddivide gli interventi a livello tematico per intervallarli all’occorrenza con brani autografi della stessa Elda (estrapolati, questi ultimi, da appunti, carte e scritture pregresse che nelle intenzioni dell’autrice sarebbero dovuti divenire un lungo racconto autobiografico da titolare a sua volta, per l’appunto, Elda Mia). Ma se la lettura progressiva dei testi può essere consigliata a chi abbia voglia di partire da zero per costruire tessera per tessera il grande mosaico raffigurante la donna, l’amica, la moglie, la studiosa, l’autrice, l’insegnante liceale e l’animatrice culturale, chi invece preferisce farsi un’idea preliminare può partire direttamente dalla fine, ovvero dalla Nota biografica ragionata in senso cronologico che rende conto delle tappe principali di quello che fu un autentico percorso esplorativo della vita.
Illuminata dall’amore per l’arte e per la sua valorizzazione, l’esistenza di Elda Cerchiari Necchi ebbe certamente nelle aule scolastiche (specialmente, dal 1964, in quelle milanesi del Liceo “Giovanni Berchet”) il suo humus più fertile e privilegiato. Ma, a scorrere le varie testimonianze, non solo si evince come il suo approccio alla materia non sia stato mai didattico nel senso più asettico e formale del termine, ma si comprende, al contrario, come esso si sia sempre avvantaggiato di una specialissima indole comunicativa che mirava a trasmettere stimoli più che nozioni, e dunque a contagiare un approccio curioso nei confronti di pittura, scultura, architettura e design come anche nei confronti di pittori, scultori, architetti e designer. Amica e frequentatrice, tra gli altri, di Lucio Fontana e Bruno Munari – senza tacere del suo matrimonio con Aldo Cerchiari (1906-1971), disegnatore, caricaturista e pittore scomparso prematuramente e di cui dal 2006 avvierà la costituzione dell’Archivio omonimo – Elda non poteva che avere una concezione dell’arte “viva” nel suo senso più quotidiano e consuetudinario possibile, lontana da quelle forme di elitarismo e rigorismo che addirittura ancora oggi tendono a creare una cesura tra gli artefici, le opere, le istituzione e il grande pubblico.
Attraverso i ricordi di chi (allievi, colleghi, collaboratori, amici e parenti) ebbe modo di conoscerla bene, la sua figura appare sempre coerente sia nelle scelte professionali – l’attività scolastica come vera e propria militanza a favore e in difesa della materia, l’impegno nell’ambito dell’ANISA (Associazione Nazionale Insegnanti di Storia dell’Arte), dell’IRRSAE (Istituto Regionale Ricerca Educativa Lombardia), degli Amici di Brera e di Italia Nostra fino alla fondazione nel 2013 dell’Associazione Elda Cerchiari Necchi (suo il motto: “Cultura come risorsa”) – sia in quelle di vita privata – come, in modo affettuoso e a tratti struggente, lasciano intendere i racconti che ne descrivono l’indole domestica accogliente e sempre pronta allo scambio conviviale di idee e la tenacia con cui, anche negli ultimi anni caratterizzati da problemi legati alla vista e alla deambulazione, non volle rinunciare alla frequentazione di mostre, musei e città d’arte per il puro piacere che queste attività le avevano sempre procurato.
È da credere che chi ha avuto il privilegio di conoscere e frequentare Elda Cerchiari Necchi, di averla avuta come professoressa o di avere partecipato a qualcuno degli eventi animati dalla sua inventiva o dalla sua presenza non avrà problemi a ritrovarne i tratti con la stessa precisione con cui li consegna ai posteri la foto scelta per la copertina del volume, uno scatto in bianco e nero di Paola Mattioli in cui lo sguardo sereno del primissimo piano restituisce tutta la gioia esperita in quasi novant’anni dedicati alle arti visive e alla loro valorizzazione. Elda Mia è un tributo variegato e ricco, una celebrazione mirata il cui pregio sta nel proporre implicitamente un esempio da seguire in materia di formazione e divulgazione; dunque, indirettamente, un omaggio all’arte generalmente intesa, e al ruolo di tutti i suoi migliori ambasciatori del passato, del presente e del futuro.
Cecilia Mariani
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