dalla selva oscura alla realtà aumentata
di Alberto Casadei
Il Saggiatore, 2020
pp. 195
€ 18,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Nel prendere in mano il breve volume dell’italianista Alberto Casadei, da poco edito da Il Saggiatore, ci si rende conto quasi subito che per il lettore può risultare fuorviante il sottotitolo, come la quarta di copertina. Non si tratta infatti (soltanto) di un viaggio all’interno o nei dintorni della Divina Commedia, quanto nell’intera opera del Sommo Poeta – per osservarne le traiettorie, le linee di continuità, le dissonanze. L’obiettivo è ambizioso: si vuole capire se Dante, oltre ad essere uno dei più grandi nomi della nostra letteratura, riesce ad avere caratteri di attualità che rendano la sua opera davvero fruibile anche dal lettore contemporaneo. Perché Dante è un uomo impastato di cultura medioevale, di un contesto che intride e influenza ogni suo scritto, ma è anche autore poliedrico, sperimentalista, forzatore di limiti e convenzioni. Il saggio di Casadei costituisce la sintesi di un lungo percorso di ricerca sull’opera dantesca, che porta lo studioso a operare delle scelte nel fitto panorama delle proposte critiche che si sono succedute nel tempo. Fin dalla premessa, viene lanciata una sfida al lettore esperto: “a chi [...] lo conosce già bene, segnalo che troverà molte sorprese o, nei limiti in cui questo è possibile con un autore che vanta quasi settecento anni di commenti e glosse, novità” (p. 15). Si lascia al destinatario di questo appello decidere se la promessa venga mantenuta o meno nel testo. Certo è che il volumetto di Casadei si presta molto bene al suo intento primariamente divulgativo: chi sia poco addentro ai meandri dell’opera dantesca si troverà accompagnato per mano in un percorso che non conduce attraverso una selva oscura, ma lungo una via ben battuta che costeggia, con poche diversioni, la biografia del poeta e le tappe della sua produzione letteraria. La scrittura ondivaga, sempre nuova di Dante appare espressione, nel saggio di Casadei, di un suo fremito interiore, di un’ambizione covata (ma neanche troppo) sotto le ceneri del suo inarrestabile vagare:
Dante ci appare come un individuo inquieto, votato a raggiungere risultati eccezionali in tutti gli ambiti della sua azione. [...] Una drammatica e tormentata recherche de l’absolu che contraddistinguerà tutte le tappe della sua esistenza e della sua produzione letteraria. (p. 52)
L’itinerario previsto dallo studioso prevede alcune soste sui testi, di cui vengono riportati e commentati in uno stile piano e chiaro passi scelti significativi, utili per supportare alcune interpretazioni del percorso esistenziale del poeta fiorentino, che proprio nella parola scritta trova spesso un riflesso.
È altresì evidente che, se la Commedia (o il “poema sacro”, come preferisce definirlo Casadei, seguendo le indicazioni di Dante stesso) non è l’unica opera di cui si parla nel volume, è sicuramente quella di cui si parla di più, rappresentando l’apice creativo del suo autore. Non è un caso quindi se il capitolo più interessante, più nuovo del saggio è l’ultimo, quello in cui si cerca di dimostrare “perché Dante non è più soltanto un classico”, ripercorrendo proprio le sorti, le riapparizioni, le metamorfosi della Divina Commedia attraverso i secoli.
Con la morte di Dante sembra che il percorso del suo poema sacro si chiuda. Invece, come per ogni grande opera, comincia un’altra fase, dato che un capolavoro comprende sia la sua storia iniziale, sia la sua “fortuna”, l’accoglienza immediata e quella negli anni o nei secoli successivi. Ancora più radicalmente, un capolavoro porta in sé i segni e la sintesi più alta del tempo in cui è nato, ma allo stesso tempo è un circuito che lascia aperte sinapsi, ovvero, fuor di metafora, elementi che continuano a risuonare nei lettori perché riguardano la continuità biologico-cognitiva degli esseri umani oltre che le fasi storiche, e che quindi possono essere più facilmente reinterpretati sotto nuove angolature. Si tratta, per dirla in poche parole, della questione dell’attualità di un classico, ossia del perché ci continuano a interessare opere che non rispondono più all’orizzonte storico e che magari risultano complesse per gli aspetti linguistici o per i riferimenti culturali. (p. 145)
Nell’avvicinarsi sempre di più al presente, ci si rende conto che forse non è tanto sulla presenza di elementi moderni nel poema che bisogna interrogarsi, quanto sulla persistenza di alcuni temi, di alcune istanze che, suggerite per la prima volta da Dante, continuano a riemergere, cambiando continuamente forma ma rimanendo riconoscibili nella loro natura più profonda. Dante ha plasmato il nostro immaginario più con i modi e gli intenti del suo narrare che con i contenuti specifici, ed è questo a garantire la sua sopravvivenza imperitura: “Dante richiede un’immersione completa nel suo universo, che è ‘possibile’ e continuamente ‘ripensabile’, a seconda del nostro paradigma mentale e della nostra cultura” (p. 186). È forse questa la risposta più forte che emerge dallo studio di Casadei, e che fa venire voglia, una volta letta l’ultima riga, di correre a riprendere in mano, ancora una volta, la propria copia sgualcita e a più riprese sottolineata della Commedia dantesca.
Carolina Pernigo
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