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#CriticARTe - La Fondazione Ragghianti di Lucca e l’avventura dell’arte nuova di Cioni Carpi e Gianni Melotti, anni 60-80

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L’avventura dell’arte nuova | anni 60-80

Cioni Carpi | Gianni Melotti

   (foto di Elena Arzani © 2020)

Adiacente al lussureggiante giardino botanico, all’interno del complesso monumentale di San Micheletto, sorge la Fondazione Ragghianti, un luogo di quiete e profonda cultura, nelle antiche mura di cinta della città di Lucca. Teche disposte lungo i chiostri del complesso espongono affascinanti sculture, a cui si accompagnano le altre interessanti opere disseminate lungo il giardino e l’ingresso del palazzo.

La Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti è un punto di incontro internazionale per riflessioni sull’arte, la storia, politica e costume, donato dai coniugi Ragghianti alla Cassa di Risparmio di Lucca, nel 1981. Attiva sul fronte della preservazione dei documenti e della didattica, la Fondazione si arricchisce costantemente grazie a nuove donazioni, come quella di Pier Carlo Santini, ed è costituita dalla fototeca, da un archivio e dalla biblioteca, che possiede oltre 70 mila volumi, alcuni dei quali estremamente rari, numerosi scritti accademici e circa 800 testate di riviste. 
I libri possono essere consultati in loco e, tramite tesseramento, essere presi in prestito. Una scelta inusuale e lodevole, che sottolinea ancor più il desiderio concreto del Centro studi di essere un supporto all’educazione culturale delle pubblico. Azione che dal 2004 si dispiega anche nell’attività di pubblicazione di libri, che si affiancano ai cataloghi di mostre ed alle ricerche accademiche, e della rivista LUK, incentrata sulla proposta culturale della Fondazione. Proprio quest’ultimo aspetto ha permesso sia alla Fondazione sia ai suoi collaboratori dipendenti di continuare a lavorare e produrre cultura, nonostante le restrizioni imposte dalla diffusione del Covid19, durante l’anno in corso. 

   (foto di Elena Arzani © 2020)

Proseguendo, pertanto, sul filone della trasmissione di contenuti d’arte di valore universale, è stata recentemente inaugurata la prima “doppia-mostra”, mai esposta presso gli spazi della Fondazione. Non era mai accaduto, infatti, che fossero proposti due artisti contemporaneamente, ma, come sarà possibile osservare, i fotografi ospitati presso le sale, Cioni Carpi (Milano, 1923-2011) e Gianni Melotti (Firenze, 1953), presentano interessanti analogie, frutto di una tanto casuale quanto avvincente comunanza di pensiero e sperimentazione. Giocata sullo sfondo di colori opposti come il bianco e il nero, che enfatizzano ancor più la sobrietà del mezzo artistico, la mostra non si limita a esporre immagini ai sali d’argento, ma si completa di una ricca collezione di manufatti, appunti e riflessioni dei due artisti italiani. 

   (foto di Elena Arzani © 2020)

A Milano, Carpi, Eugenio Carpi de’ Resmini, in arte Carpi, approda alla fine di un lungo periodo trascorso all’estero, tra Parigi, New York, Haiti ed il Canada. A partire dagli anni ’60, dopo l’iniziale desiderio di dedicarsi alla pittura, sperimenta in ambito cinematografico, complice la regista Maya Deren, che lo invita a seguire questa forma d’arte. Avanguardista del settore, Carpi raggiunge alti livelli di espressione, realizzando filmati e proiezioni, che oggigiorno sono presenti in archivi internazionali, il più rinomato dei quali è il MoMa di New York. Curata da Angela Madesani, l’esposizione presenta numerose opere di grandi dimensioni tra dipinti, installazioni, lavori fotografici, filmati, disegni, progetti e libri creati dall’artista in unica copia, ma anche documenti e cataloghi sull’opera di questo intelligente protagonista dell’arte della seconda parte del XX secolo. Quello che colpisce maggiormente, osservando il numeroso compendium di opere presenti in mostra, è l’elemento di indagine, la sperimentazione a tratti ludica dell’artista, una produzione fine, colta, dai numerosi rimandi a teorie illustri e artisti del passato, che tuttavia non manca di una sua straordinaria unicità. Emerge la passione per un mezzo, quella della fotografia, ai tempi meno sfruttato, per certi aspetti anche sottovalutato, che si accosta a riflessioni sull’identità, l’esistenza e spiritualità, di notevole statura intellettuale. Particolarmente importanti, le opere di proprietà della Collezione Panza di Biumo, nove testi e fotografie su carta come le quattro Trasfigurazioni/Sparizioni (1966-1974) e Abbiamo creato atipici sistemi (1963-1974); Seshspass 01 (Sequoia semper virens) (1976) e Palinsesto 2 (1963), lavori su carta per la composizione dei quali Carpi utilizzò vari materiali. L’arte di Carpi è una provocazione dell’intelletto, che utilizza un linguaggio immediato, per certi aspetti popolare, arrivando ad argute raffigurazioni della cultura del suo tempo. Corre su binari paralleli la seconda proposta artistica, dedicata alla produzione di Gianni Melotti, che si caratterizza per un taglio d’immagine dall’estetica elegante, curata, spesso essenziale. 

   (foto di Elena Arzani © 2020)

Curata da Paolo Emilio Antognoli, la mostra si prefigge di documentare l’opera di Melotti, il primo decennio della sua ricerca storica e archivistica, dal 1974 al 1984, ancora inedita. L’artista fiorentino ha intessuto rapporti e collaborazioni di lavoro illustri, Bardi, Bartolini, Chiari e Mariotti, tra i quali spunta un giovane Bill Viola, legato alla sua esperienza in art/tapes/22, come documenta un bellissimo scatto in bianco e nero presente in sala. A Firenze negli anni Settanta art/tapes/22 video tape production, Zona non profit art space, la Galleria Schema, la Galleria Area e la Casa Editrice e Libreria Centro Di sono state centri-chiave per l’arte contemporanea in Italia, da cui sono transitati grandi nomi dell’avanguardia artistica internazionale come Vito Acconci, Chris Burden, Daniel Buren, Urs Lüthi, Joan Jonas, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Nam June Paik, Giulio Paolini, Robert Rauschenberg.

L’esposizione documenta le sperimentazioni cameraless (senza uso della macchina fotografica) in bianco e nero alle sue coloratissime opere tridimensionali, realizzate con materiali cibachrome su tessuti decorati. Di nuovo, come nel caso di Carpi, osserviamo un’attività di sperimentazione acuta, che non disdegna l’elemento ludico, giocando con il voyeurismo e gli stereotipi, facendo della curiosità un elemento di indagine. L’elemento sacro è materia di ricerca, di analisi che tocca profondità, che sconfinano dai limiti della carta, che trascendono la materia e si fanno impressione dello spirito e dell’anima, per mezzo della luce. Sovrapposizioni, scatti ragionati, in cui la ragione lascia il posto all’emozione, all’anima, che si estende fino ad abbracciare i tratti di un’identità universale. Melotti sembra trovare l’elemento primo, puro e concettuale, come un taglio di Fontana, per portarci alla scoperta del linguaggio della fotografia. Tra le realizzazioni emblematiche del percorso di Melotti si ricordano: 9,30/10,30, opera d’esordio del 1975; Giallo (1979), installazione site-specific con fotografie e testi ambientata in un parcheggio genovese; Gli angoli della Biennale (1976), serie di fotografie dedicate a Pier Luigi Tazzi riferite ai Corners Portraits di Irving Penn; Come as you are / Jacket and necktie (1981), fotografie e film super8 in loop sul tema del rapporto di coppia; la dia-proiezione di Uovo fritto (1980) per la piazza fiorentina di Santo Spirito; Ritratti nella rete (1982), serie di polaroid che Melotti scatta agli amici mascherati con una calza a rete, in cui si teorizza il network come arte prima dell’avvento del personal computer; la serie di cinque videografie Foto fluida (1983); Pelle/Pellicola (1987-1989), tre lavori in silicone trasparente, sul rapporto tra opera e cornice. Una consistente collezione di queste fotografie è oggi conservata all’ASAC della Biennale di Venezia.

La mostra L’avventura dell’arte nuova, anni 60-80. Cioni Carpi e Gianni Melotti è accompagnata dalla pubblicazione di due cataloghi dedicati ai rispettivi artisti, ed è visitabile fino al 6 Gennaio presso la Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti.


Elena Arzani
@arzanicurates

Per informazioni:

Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
Complesso monumentale di San Micheletto,
Via San Micheletto, 3 - 55100 Lucca
Telefono 0583-467205 Fax 0583-490325
info@fondazioneragghianti.it 
www.fondazioneragghianti.it