Orrido famigliare
di Giorgio Franzaroli
Pop Edizioni, luglio 2020
pp. 136
€ 8,50 (cartaceo)
€ 4,50 (ebook)
Raccontare una storia è come aprire un vecchio baule pieno di polvere, falene e fantasmi. Una volta aperto, non si riesce più a rimettere dentro il suo contenuto volatile e sfuggevole. Allora bisogna immagazzinare tutto dentro di noi, farne tesoro prima che voli via per sempre. Le storie che ci raccontano i nostri nonni funzionano un po’ così, hanno un qualcosa di magico, evocativo e, alle volte, spaventoso. L'incipit da fiaba "c'era una volta" si trasforma nella formula "Eh, ai miei tempi…", e di colpo ci troviamo catapultati in un passato che non abbiamo vissuto ma che, in qualche modo, ci appartiene attraverso la memoria che, di generazione in generazione, ci viene tramandata. Così, ci trasformiamo in "testimoni" di seconda e terza generazione che non hanno vissuto i traumi e le sofferenze di un'Europa lacerata dalla fame, dalla guerra e segnata da orribili genocidi, ma che hanno, grazie ai preziosi ricordi della storia non ufficiale, un compito fondamentale: ricordare.
Ed è dell’oblio che Giorgio Franzaroli ha paura. Nell’introduzione, intitolata “Per non dimenticare”, scrive:
Ho cominciato a disegnare questa storia cinque anni fa, perché le storie di guerra che raccontava mia nonna (e mio padre, successivamente) non finissero nell’oblio, e perché mi sembrava utile integrare il vissuto di persone comuni con la Storia, anche per fare emergere eventi drammatici poco conosciuti grazie alle omissioni mirate della propaganda fascista. (p. 5)
Scavando nella memoria della sua famiglia, Franzaroli dà vita a una graphic novel che si inserisce in quella linea dei memory and trauma studies inaugurata da scrittori e artisti di seconda e terza generazione, quali per esempio Art Spiegelman e Jonathan Safran Foer, che non hanno vissuto in prima persona i traumi e le violenze della Seconda guerra mondiale, ma che conoscono le sue storie dalle esperienze personali di nonni e genitori. Attraverso uno stile grafico che ha i toni ironici degli Sturmtruppen di Bonvi, per prendere poi i tagli cinematografici e grotteschi del film Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini, in Orrido famigliare Franzaroli ci racconta la storia dei suoi nonni, Riccardo e Lucia, durante gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale e segue i loro spostamenti geografici, accompagnati dai relativi eventi storici.
La famiglia Franzaroli passa dal Friuli all’Istria, e da lì fugge sull’Appennino modenese, a Montese, lungo la linea gotica. E dato che la guerra si fa sempre più intensa durante le loro migrazioni, la famiglia cerca di reagire alla Storia con forza, tenacia, amore e tanta voglia di vivere, nonostante gli eventi strazianti che sono costretti ad affrontare: le rappresaglie dei fascisti e le loro esecuzioni sommarie; l’esplosione della miniera di Arsia nel 1940, in cui Riccardo e Lucia sentono per la prima volta l’odore della morte che penetra lentamente nel loro narici; il conflitto interno e il dramma identitario tra italiani, croati e sloveni, tutti vittime degli orrori del fascismo; l’occupazione nazista di Arsia; le stragi collettive e le deportazioni ai campi di concentramento; la lotta armata dei partigiani titini per prendere il potere e il massacro delle foibe, vere e proprie porte dell’inferno; la fame, la povertà, la miseria; la desolazione e la distruzione causate dai bombardamenti americani lungo la linea gotica.
L’importanza della testimonianza storica di Giorgio Franzaroli risiede nel presentare gli eventi non attraverso la Storia ufficiale, ma attraverso quella subalterna, della gente comune. Il fumetto muove critiche a tutti i regimi dittatoriali, nazisti, fascisti o comunisti che siano, e smonta tutte le ideologie basate sulla razza, sul sangue e sulla patria. Lo scopo è quello di salvaguardare la dignità dell’essere umano davanti alle atrocità che ha dovuto soffrire. E mentre sfogliamo le pagine, sentiamo la fame, la sete, il dolore, la puzza di sangue, le lacrime che rigano il volto. Gli spari dei fucili rimbombano nelle nostre orecchie. Ridiamo, perché i personaggi si fanno carico di una saggezza e furbizia popolare che, il più delle volte, inganna i tiranni. Ci emozioniamo, perché i personaggi, grazie ai vari escamotage per sopravvivere, intonano con le loro voci un inno alla vita.
Per ricordare bisogna riesumare i corpi dalle foibe, bisogna conoscere i nomi di chi è morto fucilato lungo un muro, bisogna sentire le storie di chi è sopravvissuto alla guerra e ai genocidi, bisogna conoscere ciò che la Storia ufficiale censura. Bisogna ascoltare la storia del popolo e dei “piccoli”, affinché la loro lotta non venga dimenticata:
Questo libro è dedicato a loro, e mi piacerebbe che per le nuove generazioni potesse diventare uno stimolo a esplorare la vita delle persone chi ci hanno preceduto.Senza avere paura di quello che potrebbero trovare. Perché certi orridi possono essere bellissimi. (p. 7)
Nicola Biasio
Riproduzione delle tavole per concessione della casa editrice
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