di Nino Haratischwili
Marsilio, 2020
Traduzione di Giovanna Agabio
pp. 1.146
€ 24,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
"Il sapore era unico, il piacere simile a un'estasi spirituale, a un'esperienza ultraterrena. Ci si fondeva con la dolce massa , si diventava tutt'uno con questa squisita scoperta e, dimentichi del mondo, si provava un senso di felicità straordinario. Finché si assaporava questa cioccolata tutto era come doveva essere" (p. 52)
Tutto era come doveva essere... eppure, dopo aver assaporato la cioccolata calda, preparata secondo la ricetta del trisavolo Jashi, nulla andava come doveva andare. Questa era la convinzione di Anastasia, che aveva ricevuto in eredità dal padre il segreto della bevanda sublime, con la promessa di utilizzarla soltanto in casi eccezionali, proprio per la sua pericolosità. Da dove cominciare a parlare di questo immenso libro? Immenso, sia per la mole che per la potenza narrativa? Forse proprio da qui, dalla cioccolata calda, il filo conduttore che tiene unite le vicende della famiglia Jashi. Che partono proprio dal fabbricante di cioccolato, vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, per poi dipanarsi, di generazione in generazione, fino al 2006. Più di un secolo di storia. E non un periodo di Storia qualunque. Il romanzo è ambientato in Georgia e narra del suo passaggio da Stato dell'Impero russo a Repubblica dell'Unione Sovietica a Paese indipendente. Passaggi tutt'altro che indolori. Anzi, il romanzo non nasconde nulla delle crudeltà, degli stupri, delle ferite, delle lotte, degli strumenti di oppressione dei tempi. Il periodo cruciale è quello di Stalin, di Berja, ma anche quello della dissoluzione dell'Unione Sovietica e del caos che ne seguì.
Difficile raccontare della trama di questo monumentale romanzo e non lo farò, se non per sommi capi. Il filo della narrazione si dipana intorno a sette donne: Stasia, Christine, Kitty, Nana, Elene, Daria e Niza, la voce narrante. È lei che prende su di sé il compito di riavvolgere il filo del passato per raccontare a Brillka, l'ultima donna della famiglia, le sette vite che l'hanno preceduta. In modo che lei, titolare dell'ottava vita, possa conoscere davvero chi è, da dove viene e dove sta andando. Per il momento, proprio nelle pagine iniziali, sappiamo che, soltanto dodicenne, è fuggita, balzando su un treno per Vienna sulle orme della prozia Kitty, morta molto tempo prima.
Niza parte da lontano, dal trisavolo cioccolatiere e da sua figlia Stasia (la bisnonna amatissima di Niza), che nasce nel 1900, ad apertura di secolo, e proprio da qui inizia il racconto che piano piano avvolgerà il lettore, tenendolo attaccato al libro pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo.
La sfida che l'autrice, Nino Haratischwili, georgiana lei stessa, lancia al lettore è proprio questa: dare vita a un volume di oltre mille pagine e riuscire a tenere desta la sua attenzione, riuscire a legarlo alla storia, spingerlo a desiderare che non finisca, nemmeno dopo mille pagine, incitarlo a proseguire nella lettura. E la scommessa può dirsi vinta. Perché con "L'ottava vita" ci troviamo di fronte a un grande racconto che si innesta nella tradizione del grande romanzo russo. Lungi da me l'idea di fare paragoni scomodi che non mi azzardo nemmeno a proporre, ma la moltitudine dei personaggi, la potenza evocativa delle vicende storiche, l'intensa carica emozionale dei sentimenti, la plasticità con cui viene costruita ognuna delle numerosissime figure che popolano il romanzo meritano davvero un grande plauso e richiamano modalità di scrittura appartenenti alla tradizione letteraria dell'Est. La Haratischwili, scrittrice, drammaturga e regista di teatro attinge a piene mani alla sua conoscenza della cifra teatrale, sia come linguaggio che come rappresentazione scenografica, e la traspone nella sua scrittura facendone così una sorta di spettacolo che va in scena sotto gli occhi del lettore.
Le sette donne, dalla bisnonna all'ultima nipote, sorreggono lo scheletro del romanzo; le loro vite si intrecciano continuamente, anche se, formalmente ogni capitolo è dedicato a una di loro, agendo nella cornice degli avvenimenti storici che riempiono la loro vita di accadimenti e tragedie. Molto interessante la focalizzazione dell'autrice sul punto di vista femminile. Perché la Storia, spesso, è fatta dagli uomini, ma quasi sempre sono le donne a portare su di sé e sul proprio corpo i segni delle loro scelte... ne sanno qualcosa Stasia e Kitty. Le decisioni maschili si riverberano sulle vite delle donne stravolgendole, spesso distruggendole, a volte senza che gli uomini nemmeno immaginino che cosa hanno provocato. E in mezzo a tutte queste donne, piantato nel bel centro delle loro vite, c'è un uomo, che si erge come il ramo principale dell'albero da cui gli altri si dipartono. È Kostja, che ha un legame di sangue con ognuna delle figure femminili: figlio di Stasia, nipote prediletto di Christine, fratello di Kitty, marito di Nana, padre di Elene, nonno di Daria e di Niza e bisnonno di Brillka, l'ottava vita. È la figura cardine del libro, nel bene e nel male, lo incontriamo bambino e lo lasciamo sul letto di morte, anziano. Kostja, la cui carriera nella Nomenklatura russa è esemplare, è lo specchio riflesso della Storia: dalle ambizioni di un giovane sottufficiale della Marina sovietica nella Russia di Stalin, alla stabilità e all'autorevolezza dei suoi anni della maturità nella Russia post bellica, fino al declino dell'età senile, quando viene esautorato da tutti i ruoli ed è costretto all'inerzia, nello sgretolarsi della Grande Madre Russia, abbandonata da quelle che si chiameranno le Repubbliche post sovietiche. Kostja incarna la Storia stessa: potente, influente e sprezzante nel Passato detta legge, debole, vacillante e deluso ricusa il Presente incerto e ingrato. Una figura imponente, ingombrante, tragica la sua.
Tanto altro ci sarebbe ancora da dire su questo romanzo davvero corale, una saga familiare che, rispetto ad altre dello stesso genere, ha un respiro in più, quello di una parte di Storia complessa e difficile che entra a gamba tesa nelle vite, le strapazza, le calpesta, le distrugge o le risparmia. D'altra parte è la storia stessa della Georgia a essere complicata: Colchide mitologica, patria di Medea, la tragica eroina di Euripide (ed echi "medeiani" si colgono nelle donne Jashi), diventa un piccolo staterello che vive all'ombra del grande gigante russo, in un rapporto di subalternità orgogliosa, di dipendenza ribelle, fino a quando come Golia alzerà la testa sfidando i carrarmati sovietici.
Molto curata è l'edizione Marsilio, che propone un testo pulito, corretto, senza fastidiosi errori di battitura (un paio ma del tutto irrilevanti), e tenere questo livello per più di mille pagine è sicuramente cosa da sottolineare, soprattutto di questi tempi in cui capita troppo spesso di imbattersi in edizioni che mancano di una rigorosa curatela finale. Così come molto efficace e scorrevole risulta la traduzione dal tedesco (lingua in cui la Haratischwili scrive) di Giovanna Agabio.
Per diversi motivi, L'ottava vita è uno dei migliori libri che io abbia letto in questo 2020. Non fatevi spaventare dalla mole, partite... il viaggio che vi condurrà a intraprendere vi rimarrà sottopelle.
Sabrina Miglio
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