La scorsa primavera non è stato, come vorrebbe il simbolismo tramandatoci da mitologie millenarie, la stagione della rinascita, dello sbocciare. È stata piuttosto una stagione di prove difficili a cui tutti noi siamo stati sottoposti. Eppure, in questo periodo complicato, qualcosa stava nascendo. Una casa editrice giovanissima stava muovendo i suoi primi passi, stava creando qualcosa di nuovo e mai visto, e nell'affrontare le sfide del periodo stava già inconsapevolmente affermandosi come una realtà fortissima, interessante, affascinante, come solo le idee coriacee e testarde sanno essere. Ora Utopia è finalmente arrivata in libreria con i suoi primi titoli, e ci sembrava che una tale avventura meritasse un'intervista. Perché, come sempre, non è tanto il traguardo che conta, ma ciò che ha portato ad esso, ai primi volumi che stanno apparendo nelle librerie di tutt'Italia. Alle nostre domande ha risposto, con grande gentilezza, Gerardo Masuccio, editor di Utopia.
Com’è nata la vostra avventura utopica? Come vi siete conosciuti e cosa vi ha avvicinati l’uno all’altro? E com’è stato muovere i vostri primi passi in piena emergenza sanitaria?
Il progetto editoriale affonda le radici nella mia adolescenza e negli anni dell’università, ma ha assunto questo nome e adottato queste linee programmatiche soltanto nove mesi fa, a gennaio, quando Utopia è nata ufficialmente. Quello dell’editoria è un ambiente ostile al rinnovamento, anche generazionale; conoscevo perciò i pochi coetanei che, ciascuno a titolo diverso, avessero sufficiente esperienza per intraprendere un percorso più ambizioso del lavoro dipendente in altre case editrici. Quando si sono create le condizioni ambientali giuste, è bastato un messaggio. Sapevamo già, tutti. Nessuno di noi poteva prevedere che una pandemia complicasse la gestazione della casa editrice. La nostra forza è stata però la coesione: i legami professionali sono cementati dall’amore per la letteratura autentica.
Siete stati, fin dall’inizio, molto presenti sui social, specialmente Instagram, il social network che più di ogni altro nell’immaginario comune si basa sull’apparenza, sulla semplice visibilità; è per questo particolarmente interessante la vostra scelta di andare contro questa tendenza, coinvolgendo i vostri seguaci in modo interattivo, presentando i dietro le quinte del vostro lavoro, lanciando contest di (ri)scrittura, e non per ultimo elencando i vostri principi fondanti proprio lì, tra le stories, approfondendo e riempiendo di significato uno spazio che nell’uso comune è invece il mondo del transeunte. Quali sono i motivi dietro questa scelta?
La stampa ha definito Utopia “la casa editrice più giovane su scala nazionale”. La letteratura vera travalica i limiti del tempo, è vero, né esistono perimetri generazionali quando si interagisce con l’arte. È inevitabile però che un progetto under 30 coinvolga particolarmente i lettori giovani. I titoli di Utopia sono in tutte le librerie, su tutte le piattaforme digitali e percorrono la filiera – anche – in maniera tradizionale. A ciò però si affianca l’urgenza di comunicare attraverso mezzi nuovi che abbattano le barriere tra chi sceglie i libri e chi li compra. Facebook e Instagram sono perfetti e preziosi, se li si usa con intelligenza.
Passiamo ora alla vostra scelta di testi. Una collana di cui solo tre titoli sono stati per ora annunciati, divisi tra narrativa e saggistica, accomunati però dalla cura della scelta; non solo a ogni autore è dedicata un’attenzione notevole, come dimostrano i vostri incontri con gli eredi degli autori da voi selezionati, ma anche il legame tra un libro e l’altro è presentissimo e imprescindibile. Raccontateci un po’ il vostro catalogo: quali libri sono già disponibili in libreria?
Il catalogo di Utopia è un libro di cui ciascun volume rappresenta un capitolo. La coerenza nelle scelte è essenziale per conservare l’identità di quest’opera d’arte composta. Tra gli autori fondanti del catalogo della casa editrice ci sono Massimo Bontempelli, premio Strega e padre del realismo magico, di cui Utopia ha portato già in libreria il romanzo “Gente nel tempo”, in attesa di pubblicare tutte le altre opere; Camilo José Cela, premio Nobel per la letteratura nel 1989, esponente di spicco delle lettere spagnole, di cui è già disponibile “La famiglia di Pascual Duarte” e sono in lavorazione tutti gli altri romanzi; Piero Scanziani, premio Schiller e voce tra le più autorevoli della letteratura svizzera, di cui il 22 ottobre sarà pubblicato il saggio “Avventura dell’uomo”. Il rapporto con gli eredi degli autori è personale e quotidiano: oltre alla stima per le opere, chi cura con amore un libro matura autentici sentimenti nei confronti di chi l’ha scritto. E ne condivide l’eredità spirituale.
Ci anticipate qualche titolo prossimamente in arrivo? Nella vostra visione artistica, qual è la trama che intreccia insieme tutti i libri del vostro progetto editoriale?
Non posso rivelare molto. A novembre è in arrivo un saggio economico-letterario scritto da una delle massime esponenti della letteratura anglofona contemporanea. Nei mesi successivi, tra recuperi dal ‘900 e traduzioni di romanzi e saggi inediti, i lettori di Utopia viaggeranno in cinque continenti, tra il Brasile e l’Africa francofona, la Russia, la Scandinavia e l’Iraq.
Giovani pronti a ribaltare l’editoria italiana, con un’attenzione particolare alle librerie indipendenti, ai lettori forti, alla riscoperta di ciò che il mainstream e le mode hanno espunto; sarebbe interessante sapere da voi cosa ne pensate della situazione letteraria italiana, di chi legge, chi scrive e chi pubblica.
Alla nostra generazione è stato lasciato poco in eredità. L’impressione alle volte è che occorra ripartire da zero. Un giovane editor degli anni ’80 doveva aver ben chiaro quali fossero i perimetri editoriali tra un catalogo e l’altro, quali libri meritassero la cittadinanza letteraria e quali invece no. Negli ultimi trent’anni le case editrici – con pochissime, nobili eccezioni – hanno perduto l’identità. Alcune hanno un carattere letterario, con frequenti contaminazioni, altre conservano una vocazione popolare, riservando pochi spazi alla letteratura. Il lettore? Non le distingue più. E non si fida. Chi dovrebbe guidarlo ha perso a sua volta l’orientamento.
Per concludere, cos’è per voi l’utopia? Un semplice concetto filosofico o qualcosa di vivo e reale da perseguire? E come vi immaginate il non-luogo letterario che state pian piano creando con la vostra casa editrice?
Lo immaginiamo oltre lo spazio e il tempo, vigile alle istanze del mondo ed estraneo alle sue pretese. Il motto di Utopia è: “Oltre la polvere”. Il nostro non-luogo vuol rimanere uguale a se stesso: che trascorrano i decenni, che si alternino le mode, che la polvere veli le superfici del mondo. Ma i libri no, i libri che Utopia raccoglie non conoscano la dittatura dei metri e dei minuti.
Intervista a cura di Marta Olivi
Intervista a cura di Marta Olivi