I giardini di Arid
di Paul Biegel
La Nuova Frontiera, ottobre 2020
Traduzione di Valentina Freschi
pp. 192
€ 14,90 (cartaceo)
Raccontare storie è forse uno dei doni più naturali dell’uomo. Da tempo immemorabile, i nostri antenati si raccontavano avventure attorno al fuoco, per scongiurare la paura della notte ed aspettare la luce mattutina e la vita di un nuovo giorno. L’oralità della trasmissione di questi racconti caratterizzava la loro struttura, tutta orientata verso una musicalità che permetteva alla memoria di fissare le vicende e tramandarle di bocca in bocca, di generazione in generazione, da padre a figlio, da madre a figlia, da nonno a nipoti. Nelle loro trame si incrostano le paure più profonde, i tabù sociali, i sogni collettivi e individuali, gli insegnamenti morali e gli ammonimenti etici di un’intera società. Nei nostri ricordi ancestrali si è invece radicata quella magia che impregnava la terra primordiale e che permetteva a tutte quelle creature fantastiche di strisciare al suolo, volare nei cieli e parlare con gli umani. Queste storie che racchiudono l’essenza profonda della nostra umanità sono state poi declinate in miti, epopee, leggende, fiabe, favole, racconti che ogni cultura del mondo custodisce nel cuore e nella mente.
Paul Biegel, uno degli autori olandesi più famosi di libri per bambini, sembra essere il diretto discendente degli antichi cantastorie all’ombra dei falò. Biegel scoprì a trent’anni la sua vocazione come narratore di favole e da quel momento non riuscì più a fermare la sua penna, pubblicando un libro all’anno, ognuno dei quali ebbe un grande successo di critica e di pubblico. Dalla sua immaginazione, che attinge alla magia primitiva del mondo, è scaturito l’universo senza tempo delle fiabe e di straordinarie avventure, dove c’è sempre un eroe, un enigma da risolvere, l’eterna lotta tra il bene e il male e dove hanno spazio i grandi temi che accompagnano la vita dell’uomo: l’amicizia, l’amore, la solitudine, la paura, la gelosia, la guerra, la sopravvivenza e la morte.
Una delle sue opere più importanti è I giardini di Arid, libro che è entrato a far parte del canone della letteratura olandese per l’infanzia, e non solo. La storia riprende la magica trama che caratterizza la struttura di ogni favola che si rispetti. In una terra lontana, una Principessa si innamora del Figlio del giardiniere del castello. L'amore tra i due scatena le ire della strega Sirdis, la quale ha infatuato il re e controlla la vita di corte. Per questo motivo, la strega decide di trasformare il giovanotto in un fiore che a ogni ciclo di vita appassisce e rilascia un seme che palpita come un cuore. La Principessa raccoglie il seme che custodisce all’interno di una collanina d’argento. L’eroina si mette allora in viaggio alla ricerca dei giardini della città di Arid, unico luogo in cui, secondo la profezia, può piantare il seme per riavere l'amato di nuovo tra le sue braccia. Ma la città di Arid è vittima di un incantesimo che l'ha tramutata in pietra e privata dell’allegria, nascondendo i giardini all'interno dei suoi grigi meandri.
In Morfologia della fiaba, Vladimir Propp afferma che le fiabe presentano, al di là del luogo di origine e delle culture che le creano, una stessa struttura conformazionale e una serie di personaggi che ricoprono le stesse funzioni in relazione allo svolgimento della storia. La bellezza del racconto di Biegel sta proprio nella conformazione morfologica della struttura che richiama la magia originale di quel mondo che ormai non conosciamo più. Il primo elemento che richiama l’attenzione del lettore è la tecnica del “racconto nel racconto”: la storia d’amore e della città di Arid ci vengono costantemente narrate attraverso le bellissime analessi dei personaggi che incontriamo lungo il cammino: sentiamo la voce di Jarrik, il menestrello che insegue la Principessa per proteggerla e che racconta, man mano, le sette estati trascorse dalla protagonista per cercare il luogo adatto in cui piantare il seme; leggiamo tra i libri del rospo Golp le cronache della fondazione della città di Arid; ascoltiamo il soldato Jiri e il mago Aljassus raccontare dell’invasione della città da parte dell’armata d’argento; percepiamo la solitudine di Eipse e Jojo che riportano la trasformazione della città in roccia e silenzio; sentiamo la paura di Zanzara che racconta della morte di tutte le piante e della vita cittadina. In tutto ciò, i personaggi si muovono nel labirinto di pietra che è Arid per cercare i giardini nascosti dal sortilegio di una misteriosa strega.
Il secondo elemento che rende tipica la storia di Biegel è il ricorso alle formule arcaiche della narratologia fiabesca, agli epiteti e alle ripetizioni strutturali che ricordano l’oralità degli antichi racconti e le frasi fisse utilizzate dai cantastorie per memorizzare le storie tramandate dalle generazioni precedenti, infondendo in questo modo una magia primordiale alla narrazione. Ma l’aspetto più originale e che personalizza le avventure raccontate da Biegel è l’uso del linguaggio (perfettamente reso in italiano dalla traduzione impeccabile di Valentina Freschi) attento alla musicalità, all’accostamento di parole, ai nomi parlanti e alla metrica delle numerose canzoni che costellano la narrazione. I nomi dei due protagonisti esemplificano la questione: la Principessa non sembra possedere un nome, ma viene chiamata, a seconda dei personaggi che la interpellano, Dulcinana, Miasarai, Suano. A causa dell’amore impossibile, il Figlio del giardiniere viene invece chiamato Tuononsarò.
La magia che scaturisce attraverso questo impianto narrativo regala un inimitabile sogno ad occhi aperti al lettore che si immerge nelle mille storie di nani, menestrelli, dame, soldati, rospi parlanti, fiori, streghe e maghi che ricostruiscono, pezzo dopo pezzo, la struggente storia d'amore di Miasarai e Tuononsarò che lottano contro l'inverno, l'oscurità e la morte. Ed è la generalità della tematica dell’amore che vuole superare ogni limite e sopravvivere ad ogni costo che rende la favola di Biegel una lettura adatta a grandi e piccini, e che va al di là della pura narrazione per l'infanzia per sconfinare nel miglior piacere che la letteratura può regalarci: quello di una buona storia che ci permetta di sognare da svegli e di goderci il tanto sperato lieto fine.
«Ci si sente così soli» disse Jojo, «così insicuri senza il finale. Ma poco importa, ci sono abituata.» Sospirò di nuovo. «Ha una fine triste, la vostra storia?» chiese. «Ho questa sensazione.»Jarrik scosse la testa. «Sì» disse. «No» disse, «dipende da come la si racconta.» (p. 69)
Nicola Biasio