pp. 152
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Io la vedo così, quando se ne ha la possibilità, un libro, prima di leggerlo, bisognerebbe farselo raccontare dallo scrittore, ascoltarlo e cercare di vederlo con gli occhi prima della letteratura. (p. 103)
Imprevedibile e sorprendente, profondamente metaletterario e sornione nel tracciare un quadro disincantato dell'editoria, narrativo tanto quanto riflessivo: Cuore di furia, il nuovo romanzo di Romana Petri uscito a ottobre per Marsilio, ribolle, effettivamente, di quella furia del titolo. Molto si potrebbe dire di questo romanzo, a cominciare dalla curiosa ispirazione, perché sotto le mentite spoglie dello scrittore del romanzo, Jorge Tripe, si nasconde molto della biografia di Giorgio Manganelli. Se quest'ultimo è considerato da Romana Petri suo padre putativo in letteratura, in Cuore di furia la scrittrice si cela dietro l'anagramma di Norama Tripe, figlia invece di sangue ma nulla più, per lo stravagante, solitario e inaffidabile Jorge. Ma lasciamo da parte Manganelli, almeno per un po', facciamo finta di avvicinarci a questo romanzo senza aver prima letto il risvolto di copertina e senza conoscere la passione della scrittrice per biografie letterarie (tra cui citiamo almeno la bella biografia di Jack London).
Che cosa vedremmo? Un romanzo che sta assolutamente in piedi da solo, che non ha bisogno di nessuno svelamento per essere godibile, con quel suo tocco provocatorio e divertito, che non avevo ancora conosciuto nella scrittura di Romana Petri, e che è una gran bella scoperta.
Avviciniamoci, dunque, alla trama. La vicenda si ambienta in Spagna, ma ha in sé alcune atmosfere, metafore e similitudini più vicine alle tinte sudamericane. Qui Jorge Tripe un bel giorno «salì su un trattore che non era nemmeno suo, che non sapeva come si guidava perché non ne aveva avuti mai, e con quel trattore se ne andò da Barcellona fino a Siviglia, e così scomparve abbandonando oltre alla moglie anche una figlia che doveva ancora compiere i due anni» (p. 11, teniamo i tempi passati per rispetto del tempo della narrazione). Si rifugia a vivere in un magazzino di granaglie, dove sbarca il lunario di giorno come magazziniere, e nel suo angolo - che possiamo immaginare polveroso e scomodo - coltiva tutta la sua carriera di romanziere. Jorge non è un uomo convenzionale, lo si capisce subito: potremmo, anzi, definirlo egoista e irresponsabile, se volessimo usare le categorie che impiegheremmo nella vita reale. Eppure è meglio non farlo: bisogna sospendere, oltre all'incredulità, anche qualsiasi moralismo e qualsiasi parametro etico, per conoscere più da vicino un personaggio che si farà amare, più per la sua stramba genialità che, come avrete già capito, per la sua posatezza.
A Jorge non interessa rifarsi una vita con qualcuno, ed ecco perché vive come un agguato l'arrivo della figlia ormai cresciuta, Norama Tripe, che desidera conoscere quel padre che l'ha rifiutata e che non ha mai più chiesto di lei. C'è però un'altra donna nella vita di Jorge, Dolores, una donna "fatta a pera" che porta con sé l'improbabile ma affascinante saggezza di non chiedere mai nulla a Jorge, ma di amarlo per i pochi momenti condivisi, senza pretendere quella normalità che lui non sarebbe mai riuscito a darle.
Due donne, dunque, e un uomo che si fa perno della narrazione, nonché ossessione per Norama, che non accetta di essere rifiutata da lui. Potrebbero essere queste le premesse per un romanzo familiare tout-court, ma, come sottolinea Jorge in un passaggio a p. 87, «al mondo ci si viene proprio per questo, benedetta figlia, per stare a vedere». E se anche noi lettori stiamo a vedere, Romana Petri ci ha preparato un romanzo apertamente letterario, costellato di personaggi che rimangono ben impressi nella memoria, tra cui un posto a sé merita, ad esempio, l'editore di Jorge, il disincantato eppure a suo modo romantico Arroldez:
«[...] sia ben chiaro, suo padre era un grandissimo scrittore che tutti vorrebbero in catalogo, ma di illusioni quattrinesche non se ne faccia. Uno come lui venderà sempre poco più di niente. Il molto è già rimbambito a sufficienza per non capirci un acca nei libri di suo padre» (p. 116)
E se i più nostalgici di noi andranno a caccia di una soluzione al grande interrogativo: Jorge arriverà ad amare la figlia Norama, o almeno ad accettarla nella sua vita?, i più cinici o letterati si godranno tutto lo strato metaletterario, per non parlare dei dialoghi che, ora serrati ora più distesi, accentuano il carattere dei personaggi e ce li rendono riconoscibili. In ogni caso, Cuore di furia pare un'esperienza, un'occasione in più per conoscere un'altra sfaccettatura di Romana Petri, come sempre, scrittrice di talento.
GMGhioni
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