L’uomo diventato donna e altri racconti
di Sherwood Anderson
Marsilio, novembre 2020
Traduzione e a cura di Anna De Biasio
Con testo a fronte
pp. 200
€ 16 (cartaceo)
€ 2,99 (ebook)
Spesso sono brevi e rapidissime epifanie che cambiano drasticamente le nostre vite, sconvolgendo tutte le nostre certezze. Piccoli dettagli, gesti osservati da lontano, uno scambio di sguardi. Uno scambio di identità. I tre protagonisti de L’uomo diventato donna e altri racconti - la nuova piccola antologia Marsilio dedicata a Sherwood Anderson e curata nei minimi dettagli da Anna De Biasio – sono alle prese con degli accadimenti che hanno scosso profondamente le loro vite e che ora, a distanza di anni e con uno sguardo retrospettivo, cercano misteriosamente di spiegare a sé stessi e, implicitamente, al lettore con il quale intrecciano un importante dialogo. Quello che sconvolge i personaggi nel fior fiore degli anni riguarda una materia che difficilmente viene collegata al mondo dei cowboy e dei cavallerizzi americani dei primi decenni del Novecento: il multiforme aspetto dell’amore, i segreti e le sorprese del sesso, e le domande su cosa significhi essere concretamente uomo, donna o animale.
Ci troviamo nel mondo delle racetrack stories, brevi racconti dedicati all’universo delle corse ippiche, degli stallieri, dei garzoni, degli allenatori e dei cavalli da competizione che tanto hanno affascinato Anderson da giovane e che hanno irreversibilmente influenzato il suo immaginario. In queste brevi storie, i protagonisti passano dall’adolescenza al mondo adulto attraverso il contatto “traumatico” con il corpo e la sessualità che li conducono ad esplorare in modo intimo come il maschile e il femminile si definiscono e, spesso, si sovrappongono, cancellando i labili confini tra quello che chiamiamo “uomo” e “donna”. La traduttrice Anna De Biasio, indagando tra gli scritti personali dell’autore, afferma che Anderson stesso collegava la creazione letteraria al cambio di genere, in cui il corpo dello scrittore si tramuta in quello di una donna incinta che inizia a sentire la piccola nuova vita muoversi dentro il suo grembo: «Di notte, disteso nel letto, potevo sentire i calcagni della storia scalciare contro le pareti del mio corpo» (p. 22). E da questa lunga gestazione sono nati tre racconti che sovvertono le “normali” questioni di genere, di sesso e di identità.
Voglio sapere perché apre la raccolta e racconta di un quindicenne del Kentucky che, fuggito di casa con degli amici per assistere alle corse dei cavalli a Saratoga Springs, si invaghisce di Sunstreak, il purosangue più valido di tutta la competizione. Al primo amore se ne accosta un secondo: quello per l’allenatore Jerry Tillford. In un gioco di sguardi carichi di tensione sessuale e che distruggono la barriera che separa l’uomo dall’animale, i due amori non possono esistere l’uno senza l’altro: «Immagino di aver amato l’uomo tanto quanto amavo il cavallo perché sapeva quello che sapevo. Mi sembrò che al mondo non ci fosse nient’altro a parte quell’uomo e il cavallo» (p. 59). Bramoso, il protagonista segue l’allenatore in un locale che si rivela essere un bordello, e lo vede baciare una delle prostitute. Ecco la prima epifania: la repulsione immediata e violenta dell’eterosessualità esibita da Tillford e che segnerà, da lì in poi, i turbamenti del protagonista.
Il secondo racconto - Sono uno stupido - affronta la sessualità attraverso un canale diverso: la parodia. Un ragazzo vuole lasciarsi alle spalle la claustrofobica realtà piccolo-borghese della sua famiglia per diventare stalliere durante i raduni ippici. Nonostante il suo essere impacciato e maldestro in questioni di cuore, durante una gara il ragazzo si innamora perdutamente di Lucy Wessen, e per mascherare la sua umile vita, inventa di essere una persona di alto rango. Nella fase di corteggiamento, i ruoli sessuali si invertono: il protagonista si descrive con tratti femminili, mentre la ragazza si mostra forte, determinata e decisa come un uomo. Ed eccoci al secondo “trauma”: il bacio da parte della ragazza prima di congedarsi per sempre dal protagonista. Bacio che lui non aveva avuto il coraggio di dare.
L’ultimo racconto corona il sottile e ingegnoso processo di decostruzione identitaria, di genere e sessuale messo in moto dall’autore. In L’uomo diventato donna, il protagonista Herman vive come vagabondo per gli Stati Uniti e, durante un autunno piovoso, decide di fermarsi a lavorare come stalliere delle piste da corsa. In una notte solitaria, Herman si reca in un bar di minatori e accade l’inaspettato:
Il punto è che la faccia che vidi nello specchio dietro al bancone, quando sollevai lo sguardo dal mio bicchiere di whisky quella sera, non era affatto la mia faccia, ma quella di una ragazza. Ecco cos’era. Era la faccia di una ragazza, e di una ragazza sola e spaventata. Anzi, proprio di una ragazzina (p. 143)
Da semplice riflesso sulla fredda superficie dello specchio, la trasformazione da uomo a donna sembra concretizzarsi nella notte, quando Herman si corica nudo nella stalla e viene assalito da due stallieri che, scambiandolo per donna, tentano di stuprarlo. E qui Anderson colloca un’ennesima sovversione ideologica, trasformando Herman dalla condizione di dominante, maschio e borghese a quella del dominato, donna e vittima della violenza del mondo maschilista delle competizioni ippiche. Senza togliere al lettore il piacere di gustarsi il finale di questo meraviglioso e affascinante racconto, va solo aggiunto un dato che, attraverso un movimento circolare, chiude il libro da dove è iniziato. Per nascondersi dagli assalitori, a Herman, nel pieno della sua crisi identitaria, viene offerto dal destino un nascondiglio che suggella simbolicamente la storia: la carcassa di un cavallo morto nei pressi del mattatoio.
Di fatto, le tre storie si propongono di fare qualcosa di veramente alternativo per l’epoca: dimostrare che la maschilità non è un blocco monolitico a cui bisogna umilmente sottomettersi, ma che esistono infiniti modi diversi di essere “maschio”, al di là di ogni stereotipo e di ogni pressione sociale. Quello che i protagonisti sembrano vivere, allora, è una sorta di apprendistato di una maschilità “alternativa” e che molto spesso appare in versione parodica o addirittura grottesca. I personaggi apprendono anche ad accogliere in sé dei tratti tradizionalmente associati alla donna, dimostrando che è possibile far coabitare il maschile dentro il femminile, e viceversa. Infine, la tensione erotica che l’autore crea attorno alla figura dei cavalli dà vita ad un inatteso incrocio di desideri e passioni che portano i protagonisti a smentire tutti le norme stabilite e a superare tutti i confini di genere, di sesso, e persino di specie. I tre racconti di Anderson mostrano quindi l’intricato gioco di scambi di identità, di sessualità e di genere che non viene limitato alla semplice opposizione binaria uomo/donna, ma che si apre a una dimensione ontologica differente, in cui l’uomo può trasformarsi in animale, e l’animale può diventare a sua volta uomo o donna. In questo senso, a scambiarsi non sono solo le identità di genere e sessuali, ma anche i corpi materiali e gli spiriti dei personaggi che si trasformano costantemente nell’incessante fluire del nostro presente. La vera epifania finale che Anderson sembra voler trasmettere è che soltanto il superamento della condizione “umana” e la rinascita nel corpo “animale” permettono ai tre ragazzi di placare la tempesta di inquietudini che rimbomba dentro di loro (e anche dentro di noi): «A volte desideravo che fosse una ragazza, oppure essere io una ragazza e lui un uomo. È strano a dirsi ma è così. Stare con lui in quel modo, così a lungo, e in maniera così tranquilla, placò un poco qualcosa che avevo dentro» (p. 129).
Nicola Biasio
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