Un'amicizia
di Silvia Avallone
Rizzoli, 2020
pp. 455
€ 19,00 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
Elisa ha trentatré anni e manca una settimana a Natale quando riceve una telefonata che non le lascia scelta: è giunto il momento di esorcizzare il suo buio, di scrivere la storia che non ha mai avuto il coraggio di scrivere.
Dovrà ricordare e per farlo dovrà aprire i diari del liceo, dove tra quelle parole incapaci di mentire scritte «con calligrafia svolazzante, uniposca e lustrini d’argento» (p. 13) appare il nome che dovrà affrontare: Beatrice.
C'è stato un tempo infatti in cui Beatrice Rossetti non era quella Beatrice, l'influencer di fama internazionale regina dei social, incontrastata icona di stile amata e odiata dal mondo che crede di conoscerla, ma era solo la sua migliore amica.
La narrazione si svolge fin dalla prima parte del romanzo su due piani temporali distanti tredici anni: il presente, in cui la perfetta sconosciuta Elisa è insegnante e madre, distante anni luce da Beatrice «che più celebre di così è impensabile» (p. 18) e i primi anni duemila.
Iniziare il liceo a T, quella città toscana di mare piena d’estate e vuota d’inverno che resterà innominata per tutta la narrazione, non era stato facile per Elisa Cerruti, costretta a lasciare Biella dopo la decisione impulsiva della madre di ricongiungersi a quel padre che «era sempre stato una voce nel telefono, al massimo un’apparizione taciturna a Pasqua e a Natale» (p. 42): Elisa era per tutti "la straniera", ma quel giorno di novembre Beatrice aveva scelto lei come partner per un furto di jeans, sancendo l'inizio di quell'amicizia assoluta che solo l'adolescenza sa conoscere.
Così esteriormente diverse eppure accomunate dall'essere entrambe piene di contraddizioni, le due compagne di classe diventano inseparabili: Eli con i capelli tagliati corti, la giacca del fratello Niccolò, gli anfibi di quattro numeri più grandi che sognava di scrivere come la Morante ma ascoltava Marilyn Manson e Bea, bellissima e secchiona, con la chioma magnifica, il rossetto rosso e quelle innaturali iridi verdi, da sempre smaniose di fama.
Attraverso i diari Elisa ripercorre le sue fughe sul Quartz di seconda mano per raggiungere l'SR truccato di Beatrice, in un'eterna rincorsa metafora del loro rapporto, le chiamate al telefono fisso di casa, la spiaggia di ferro, il bastione e Piazza A, «con le panchine di pietra spruzzate dalle onde nei giorni di vento e l’arcipelago lì davanti, che se allunghi la mano, ti sembra quasi di toccarle: il Giglio, Capraia, l’Elba» (p. 293): cinque anni passati simbioticamente con l'amica, condividendo le emozioni del primo amore, sorreggendosi nel dolore di una morte, vivendo insieme l'avvento di internet nella loro vita quotidiana e la nascita de Il blog di Bea&Eli.
Di diari però ne esiste un sesto: quello del primo anno universitario a Bologna, quello del 9 luglio 2006, per tutti il giorno in cui l'Italia vinse i mondiali, per Elisa la data della scissione, dell'evento traumatico che ha dissolto il suo legame con Bea, cambiando la sua vita per sempre.
Ma la verità è che il lutto per un’amicizia finita non si risolve. Non c’è modo di curarlo, rielaborarlo, chiudere e andare avanti. Rimane lì, piantato in gola, a metà tra il rancore e la nostalgia. (p. 241)
Elisa adesso è una ricercatrice riconfermata di letteratura, è rimasta fedele ai libri e alle parole e non ha mai ceduto all'ammaliante mondo dei social che si è portato via Beatrice: a distanza di tredici anni dalla loro rottura osserva quelle foto patinate dell'amica pubblicate ovunque, «dove la creatura magica che un tempo balenava in lei a intermittenza, ora è una luce compiuta che abbaglia» (p. 426) e stenta a riconoscere quella ragazza che ha visto "normale", struccata, inerme di fronte al dolore, con la fragilità che solo l'intimità riesce a svelare, che le domandava prima della pubblicazione di una foto: "Sembro felice?"
E, pur conoscendoti in ogni recesso, pur sapendo quanto lavoro c’è dietro ogni foto, quale certosina pulizia delle prove, delle armi, perché ti ho aiutato mille volte a sbarazzartene, e perché ormai abbiamo imparato tutti, come si fa, e ti imitiamo di continuo – però non c’è niente da fare: nella tua illusione, ci casco sempre anche io. (p. 374)
Dopotutto però anche Anna Massia di Corullo, la protagonista del suo libro-amuleto Menzogna e Sortilegio scrivendo lettere d'amore a se stessa «si prende la rivincita sulla vita. Che poi è quello che cerchiamo di fare tutti continuamente, giusto? Quando ci scattiamo una foto e la pubblichiamo con una bella frase fatta» (p. 390): in fondo chi mente di più tra letteratura e social network, tra parole e immagini?
E Beatrice, tra uno scatto in tailleur a Parigi e un altro in compagnia di un ragazzo bellissimo a Tokyo, inciampa mai nel ricordo dell'amica?
Dopo quella fatidica telefonata Elisa una risposta ce l'ha ed è chiamata a prendere una decisione: il passato torna sempre, ma il conto che le chiederà sarà inaspettato.
Per Silvia Avallone, scrittrice biellese vissuta a Piombino, Un'Amicizia è il primo romanzo scritto in prima persona e difatti c'è molto di lei nella narrazione: dai luoghi della sua vita (Biella, la Toscana, Bologna), al periodo storico vissuto dall'io narrante scrittore e scrivente e alle tematiche affrontate, tanto che si fatica a ricordare che non siamo alle prese con un'autobiografia.
Dopo dieci anni dall'uscita di Acciaio, il suo pluripremiato romanzo d'esordio, Silvia torna ad affrontare i delicati temi dell'amicizia adolescenziale come forma di amore che crea dipendenza, capace di colmare vuoti ma anche di lasciare cicatrici indelebili e del rapporto genitori-figli: in particolare la madre di Elisa, che ha rinunciato alla carriera di bassista in una rock band per un matrimonio sbagliato e la madre di Bea, che proietta sulla figlia le sue antiche aspirazioni di modella dal futuro di gloria naufragate sposando un "avvocatuccio di provincia" hanno un ruolo fondamentale nella formazione delle due ragazze e sono personaggi di primaria importanza nella narrazione.
Un'amicizia affronta soprattutto un altro delicato tema: la rivoluzione digitale che ha travolto una generazione, silenziosamente, subdolamente, cambiandola per sempre.
Oggi i social network hanno sostituito i diari del passato: lo strumento necessario a noi stessi ha lasciato spazio ad una vetrina addobbata per gli altri, che appaga il nostro bisogno di accettazione resituendo tuttavia un'immagine parziale e falsata delle nostre vite: e pensare che invece, come Elisa avrà modo di comprendere, «chi siamo è infinitamente più interessante, e commovente, di quel che vorremmo a tutti i costi sembrare» (p. 439).
Elisa Pardi