Sii coerente al tuo cuore: "La mia estinzione" di Valentina Laudadio, un inno a un'evoluzione collettiva

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La mia estinzione
di Valentina Laudadio
Lupi Editore, marzo 2020

pp. 196
€ 15 (cartaceo)
€ 1,99 (e-book) 

Questa è la storia di tutti e di ogni cosa, non è né un romanzo, né un’autobiografia, potrebbe essere un manifesto ma, probabilmente, non è e basta. Non importa cos’è perché è un regalo al mondo intero e, se sei qui, forse sei la persona giusta al momento giusto per me. Lungo la lettura di questo libro la tua coscienza cambierà un po’ insieme a quella della protagonista, è un viaggio per te e per la tua rivoluzione. (p. 7) 

Questa è la presentazione che il lettore trova nella prima pagina del libro di esordio di Valentina Laudadio, “La mia estinzione”. È diviso in tre tempi fondamentali, che costituiscono anche la triade di elementi fondamentali dell’uomo: il Paleozoico, che rappresenta il cuore, il Mesozoico, la mente, e infine il Neozoico, che designa lo spirito. Scopriamo però che queste fasce temporali sono metaforiche, in quanto rappresentano gli stadi di evoluzione e coscienza di sé e del mondo. Un libro molto difficile da classificare, ma proviamo a partire dalle due categorie citate: il romanzo e l’autobiografia. 

È un romanzo perché parla della storia di Alice, una giovane donna che una sera scompare lanciandosi dalla finestra della sua casa a Bologna “in via Broccaindosso, in una casa come le altre in una città come ce ne sono milioni al mondo” (p. 10). L’intensità di quella notte afosa la conduce verso uno “strano flusso, spaventoso e assicurante allo stesso tempo” (p. 9), una scia cosmica luminosa, che assorbe Alice in una spugna di pensieri e libertà, portandola ai confini di se stessa. Non sappiamo realmente dove sia andata, né quanto tempo duri questo suo viaggio. Forse però Alice non è scomparsa, ma ha solamente deciso di intraprendere un viaggio alla ricerca di se stessa, in una dimensione onirica in cui tutto ha la forma di ciò che ha sempre sognato. In questo suo viaggio incontra prima il nonno, morto ormai da tanti anni, poi Fernando Pessoa, incantevole scrittore portoghese, e poi ancora Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, figure che le danno consigli paterni, lucidi e teneri al tempo stesso, e le indicano la strada per la sua evoluzione interiore. In realtà non sono altro che proiezioni di Alice, rifugiatasi in un mondo che si è creata, dove tutto ciò che vede e le persone che incontra sul suo cammino altro non sono che le proiezioni della sua coscienza. 

Parallelamente troviamo, in una dimensione terrena e concreta, Penelope, impegnata in un lungo viaggio alla ricerca della sua migliore amica, di cui sente terribilmente la mancanza. Attraversa l’oceano e arriva in Brasile, prima tappa, dove spera di trovare delle tracce che la conducano da Alice. Questo viaggio in solitaria le fa scoprire però lati di sé di cui ignorava persino l’esistenza, incontra il vero Amore, si riempie gli occhi della bellezza e della leggerezza che mancano all’Europa da cui proviene, e tutto questo a volte le fa perdere di vista la ragione iniziale che la spinse fino in Sudamerica. 

Sempre lontani dal viaggio onirico, per chiudere il cerchio dei tre personaggi principali, troviamo Tommaso, un anziano signore bolognese, che abita di fianco alla casa di Alice e la vide saltare dalla finestra in quella lontana sera d’estate. Tommaso si ritrova però a vivere in una situazione suggestiva e incredibile: vede in sogno Alice, che gli riempie la testa di parole entusiastiche e piene di ragionata consapevolezza, che Tommaso, al risveglio, fissa sulla carta ticchettando sulla sua vecchia macchina da scrivere, rendendo reali i pensieri della ragazza, senza tralasciarne neanche uno. Tommaso e Penelope saldano la loro amicizia nella missione comune di ritrovare Alice, e non cedono mai allo sconforto: sono sicuri che è viva e che presto tornerà a casa. 

Questo libro può però essere interpretato anche come un’autobiografia, forse della scrittrice, o forse nostra, perché il nucleo fondamentale del libro credo sia un invito al risveglio collettivo delle coscienze, a ridestarci da un torpore statico, a muoversi, perché è il movimento che spinge l’essere umano ad evolversi, con il cuore e la mente lanciati sui binari dello spirito. Ma per muoversi “si dovrebbe tornare ad avere coraggio. Ecco qual è la base di tutto. Non è un caso, poi, che per definire questa virtù si sia scelta la parola cuore. “Sai, coraggio deriva proprio dall’aggettivo latino coraticum, colui che ha cuore. Capisci? Avere coraggio significa ascoltare il proprio cuore” (p. 19). Ed è il cuore che ci conduce alla verità, alla possibilità concreta di cambiare il mondo per sovvertirne l’ordine costituito. Sì, perché in questo romanzo, manifesto o autobiografia, la critica sociale tesse la trama del movimento, del coraggio di viaggiare dentro di sé per riscoprire la propria identità e decidere finalmente in che mondo vogliamo vivere. Quella che ritroviamo ne “La mia estinzione” è una rabbia giovane, un grido di urgenza al cambiamento. Molti lettori si potranno riconoscere nelle preoccupazioni di Alice riguardo alla società odierna, dove il progresso spazza via fino all’ultimo granello di istinto umano primordiale che l’uomo si porta dentro da millenni. Questo istinto va ritrovato, per frenare il progresso e, semplicemente, rallentare, per riscoprire il contatto con la natura e la leggerezza, la stessa che Penelope respira a pieni polmoni nella danza selvaggia del Brasile. 
Sì, l’arte, la natura. Al giorno d’oggi si è perso il contatto con la natura e, per questo, si è smesso anche di sviluppare il nostro senso artistico che è direttamente legato ad essa. Sono due cose che vanno di pari passo. Guarda nelle scuole, per esempio; le materie umanistiche stanno praticamente scomparendo soppiantate da quelle scientifiche. […] Noi siamo la natura, siamo fatti della stessa energia, e se ci dimentichiamo della natura ci dimentichiamo di noi stessi. (pp. 42-43)
Un libro molto intenso, in cui in ogni dialogo troviamo un’importante lezione di vita o spunto di riflessione sul presente e sul futuro. Ci sentiamo a volte addirittura in colpa a riconoscere i lati negativi della società e, nonostante ciò, continuiamo a restare seduti a guardare i fatti da lontano, come se non ci riguardassero. Pepe Mujica sprona Alice, e tutti noi, ad evolverci, ordinandoci di smettere “di pensare che la politica siano gli altri, siano i potenti seduti sulle poltrone. La politica sei tu, ogni giorno” (p. 115). 

Non sapremo mai se Alice è realmente scomparsa o se si è solo persa in un sogno per ritrovare la sua identità. Non sappiamo nemmeno quanto dura la sua scomparsa, forse il tempo di un sogno, forse l’eternità. Forse Alice, scomparendo, si è rintanata un po’ in ognuno di noi, e ci sussurra, mentre dormiamo, che l’unico modo per salvare il mondo è muoversi, lasciandosi trasportare dallo stesso flusso cosmico che la portò lontano in quell’afosa notte bolognese. E sappiamo solo che ora spetta a noi decidere se cambiare il mondo e agire l’evoluzione che ci prefiggiamo, o estinguerci. 


Lidia Tecchiati