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#PagineCritiche - «Alexa, riprogrammami la mente!»: scienza, coscienza ed etica nella discussione filosofica riguardo il nostro futuro in “Artificial you”, di Susan Schneider

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Artificial you. L’intelligenza artificiale e il futuro della tua mente
di Susan Schneider
Il Saggiatore, ottobre 2020

Traduzione di Giovanni Malafarina

pp. 224
€ 23 (cartaceo)
€ 17 (ebook)


Alle volte è davvero difficile notarle. Spesso, sono installate in complessi programmi nascosti dietro allo schermo di un computer. Molte volte immagazzinano informazioni che creano sterminate reti network di condivisione di dati. Altre volte, si prendono cura del funzionamento automatico della nostra casa, del nostro ufficio, della nostra agenda. Controllano algoritmi al di fuori della nostra portata. Ricordano quello che diciamo. Quasi sempre ci ascoltano, in silenzio. Diamo loro un nome e interagiamo con loro, in modo sempre più spontaneo e naturale, quasi non rendendocene più conto. “Hey Siri!”. “Alexa?”. “Ok Google”. È inutile negarlo. Le intelligenze artificiali fanno già parte del nostro quotidiano e stanno cambiando radicalmente il nostro stile di vita e la relazione che abbiamo con la tecnologia. 

L’intrecciarsi del genere umano con le macchine è progredito così tanto che molti filosofi parlano già del nostro secolo come l’era del postumano, in cui la biologia cede il posto alla tecnologia, trasformando irreversibilmente la nostra specie. Da questa visione nasce il transumanesimo, una teoria che crede che l’umanità sarà profondamente trasformata dalle tecnologie e che la categoria “umano” verrà riprogettata per migliorare tutti i parametri vitali, dall’invecchiamento alle limitazioni dell’intelletto, dalla psicologia involontaria al controllo del dolore, dalla regolazione della crescita al cambio di sesso, dalla vita non cosciente a quella cosciente. Il responsabile di tutti questi cambiamenti ontologici sarà, infatti, il perfezionamento dell’intelligenza artificiale dotata di una coscienza propria. Ed è a questo che le grandi aziende quali Google, Neuralink e Kernel stanno puntando. Ma quali saranno le conseguenze di queste trasformazioni che cambieranno per sempre l’uomo? Artificial you di Susan Schneider, emerita professoressa di Filosofia della mente e delle scienze cognitive dell’Università del Connecticut, cerca di rispondere ai quesiti filosofici ed etici che si stanno accumulando durante il dibattito riguardo la “creazione" di una coscienza artificiale.

Ma cosa intendiamo per coscienza? Schneider la definisce come «la qualità percepita della vostra vita mentale. Senza coscienza non ci sarebbe dolore, sofferenza, gioia, curiosità, afflizione. Le esperienze, positive o negative, semplicemente non esisterebbero» (p. 10). Gli studiosi e i ricercatori stanno mettendo a punto il modo di dotare l’intelligenza artificiale della capacità di percepire qualitativamente la sua esistenza interiore, dando così vita ad una coscienza artificiale. Una volta raggiunto questo stadio, siamo pronti a fonderci con l’IA: potremo espandere a piacimento le capacità intellettuali e mnemoniche del nostro cervello; potremo riprogettare la nostra mente basandoci sui modelli preimpostati offerti dalle IA; potremo collegarci a internet e navigare fisicamente nei suoi contenuti; potremo scaricare la nostra attività cerebrale in un chip e inserirlo in un cervello posticcio di silicio; potremo avere il nostro androide personalizzato; potremo decidere di smaterializzare il nostro corpo e riversarlo in forma digitale su un supporto adeguato. Arrivati a questo punto, la domanda sorge spontanea: che cosa rimarrà di noi dopo la fusione con l’IA?

È a questo punto che entra in gioco l’etica della creazione. Generare un essere significa rendersi responsabili per la propria creazione (Victor Frankenstein docet). Il primo step sarà di sicuro quello di sottoporre l’intelligenza artificiale a vari test in cui dovrà dimostrare di possedere una vera coscienza, e non di essere semplicemente una raffinata simulazione. Ma allora, se l’IA diventerà di fatto un essere cosciente, utilizzarla per un determinato compito e controllarla sarà da considerare una nuova forma di sfruttamento e schiavitù? E chi si assumerà la responsabilità di un possibile fallimento? E se l’IA rappresentasse di fatto la fine dell’individualità umana indipendente? Insomma, quelle della Schneider sono speculazioni su un futuro possibile, ma che allo stesso tempo sono assolutamente necessarie oggi, durante le prime fasi di progettazione di un domani che, a quanto pare, non sarà molto lontano. Un futuro in cui l’uomo, forse, si trasformerà da essere biologico in cyborg, in cui il suo corpo sarà un tutt’uno organico di carne, metallo, vasi sanguigni, circuiti elettrici, neuroni, impianti in silicio, nervi e chip inseriti nel nostro corpo che ci aiuteranno a fonderci con l’IA cosciente. Ma alla base di questo sogno-visione del futuro, c’è prima di tutto un’altra ricerca che unisce scienza, coscienza, etica e filosofia. La ricerca di qualcosa di più profondo, quella scintilla di vita che neanche le scienze esatte riescono a spiegare. Stiamo parlando dell’anima: «Noi crediamo che l’era dell’IA sarà un’epoca di ricerca di anime: tanto della nostra quanto della loro» (p. 75). Ed è forse questa la parte più sorprendente di tutto il processo che Susan Schneider analizza con grande sensibilità e umanità, ovvero che durante le ricerche sulla coscienza artificiale delle macchine, forse saremo in grado di ritrovare anche la nostra, di coscienza. 

Nicola Biasio