Incredibile che questa donna così geniale, all’avanguardia e fondamentale fosse rimasta sepolta tra le pieghe del tempo. Si spiega così il successo di questo libro così ben congegnato, che coniuga biografia a romanzo ed è scritto in maniera appassionata e accattivante.
Al suo interno si avvicendano le vite, intrecciate in maniera incredibile, dei protagonisti di quella rivoluzione culturale, nella Germania degli anni Venti, in tempi di crescente ammirazione per il buon gusto e la bella vita, la scuola del Bauhaus punta l'attenzione sull'artigianato, la funzionalità e il design. Una rivoluzione che sembra inizialmente destinata al fallimento, sia per l'assoluta mancanza comunicativa del suo ideatore, sia per la difficile convivenza di quest'idea così rivoluzionaria dentro schemi ben congegnati e molto classisti, quali quelli dell'accademia dell'epoca furono. Anche Ise Frank, appena ventiseienne, quando per la prima volta sente parlare Gropius, all'Università di Hannover, non ne resta granché affascinata:
«Ho definito Bauhaus la casa che si occupa di costruzioni. Molto semplice» rispose; poi cercò altre mani alzate, a segnalare che per lui l'argomento era chiuso. Era tornato padrone della situazione, dopo aver tentato senza successo di vendere con marcata modestia accademica la sua idea di Bauhaus come un gioco di costruzioni. (p. 10)
Da quel primo incontro, che avviene per caso, nel maggio del 1923, visto che Ise si trova lì per far contenta l'amica Lise, passeranno alcuni mesi e il 15 agosto Ise verrà invitata come giornalista accreditata a seguire l'inaugurazione della prima mostra del Bauhaus a Weimar. Il concetto di fondo di quest'uomo visionario, Walter Gropius, conosciuto da tutti e persino da sua madre solo come Gropius, è quello di fondare una scuola di architettura, dove arte e artigianato si incontrino, in un nuovo linguaggio legato alla produzione industriale e che strizzi l'occhio al design. Nell'ottobre dello stesso anno Ise sposerà Gropius e soprattutto il progetto del Bauhaus, a tal punto da diventarne, per tutti, la signora Bauhaus.
Attraverso una narrazione incalzante, illuminata da alcune figure storiche, romanzate in alcuni tratti, come la stessa autrice ci confessa, anche il lettore si appassiona alle vicende di questa scuola, a come riuscì ad attrarre illustri artisti tra le sue fila, tra cui Klee, Kandiskij, Schlemmer, Breuer, Bayer. Jana Revedin ci conduce attraverso le sale in cui nascevano le sedie, in cui i metalli si piegavano e diventavano elementi d'arredamento, ma anche attraverso le nevrosi e le difficoltà della coppia, l'unione intellettuale che prende il sopravvento su quella amorosa, i rapporti di amicizia che sembrano vitali e si perdono per una leggerezza.
Su tutto mette la sua parola anche la grande Storia, quella che vedrà l'avanzare del pensiero nazista, che farà chiudere la scuola per mancanza di fondi, che renderà pericolose le idee e difficile l'imparzialità. Il Bauhaus ad un certo punto sembra fallito, ma lo ritroviamo di nuovo pronto a decollare oltreoceano, grazie alla forza creatrice di donne straordinarie, che si accontentarono di essere tessitrici di un progetto, e pronte anche a fare un passo indietro per il bene di quello stesso progetto che avevano realizzato, prima ancora che nei fatti attraverso le parole, e di cui Ise Frank è in assoluto una rappresentante indiscussa, troppo a lungo dimenticata.
Samantha Viva
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