"Grandi artiste al lavoro" di Mason Currey: l'ostinazione, il sacrificio, la maniacalità di 53 protagoniste dell'arte

Grandi artiste al lavoro. Stranezze, manie e rituali quotidiani Mason Currey


Grandi artiste al lavoro. Stranezze, manie e rituali quotidiani
Mason Currey
Neri Pozza, 2020

Traduzione di Chiara Brovelli

pp. 384
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Questo libro nasce da una mancanza e dal desiderio lodevole di porvi rimedio. Nel 2013, Mason Currey aveva infatti pubblicato un lavoro simile, una serie di ritratti di artisti di cui raccontare il genio creativo, le manie, i codici, ma di queste centosessantuno figure incluse solo ventisette erano donne. Una sproporzione cui ora Currey pone rimedio dedicando l’opera intera alle artiste, cinquantatré donne protagoniste della letteratura, dell’arte, della musica, del cinema
Ciò che appare subito interessante non sono soltanto le ragioni immediate che l’hanno spinto a colmare questo vuoto, ma la più ampia riflessione cui inevitabilmente opere di questo genere si legano: la discrepanza di genere, la difficoltà tutta femminile di conciliare il ruolo di artista con quello di moglie, madre, donna in generale e il sessismo e la discriminazione di cui è intriso il mondo artistico. Ne emerge, quindi, un excursus sulla produzione artistica femminile – sommario e naturalmente non esaustivo, per sua natura – e soprattutto su complesso sistema di sacrifici, compromessi, umiliazioni, con cui una donna che si dedichi all’arte ha dovuto e talvolta deve ancora fare i conti. Grandi artiste al lavoro è uno spunto da cui partire per riflettere sulla questione femminile, tanto da un punto di vista storico che assolutamente attuale e che ci spinge ancora una volta a interrogarci sul potenziale femminile non pienamente espresso per cause esterne, sulla fatica e l’ostinazione che esprimersi ed emergere ha richiesto a queste donne.
Un libro stratificato, cui è possibile approcciarsi con modalità differenti, anche dal punto di vista del metodo di lettura che può svilupparsi in maniera regolare o scorrere disordinato, seguendo una propria curiosità di scoperta, e rappresenta anche il punto di partenza per approfondire e aggiungere nuove letture. Un percorso interessante, quindi, che svela numerose curiosità sul processo creativo delle artiste scelte, le stranezze, i rituali e le manie che ne hanno accompagnato il percorso professionale e umano.
Ciò che personalmente ho trovato manchevole è soprattutto la strutturazione del testo: sarebbe stato più opportuno a mio avviso costruire un percorso tra le pagine più organizzato, per suddivisione tematica, geografica, cronologica o altro, per meglio cogliere anche i punti di connessione fra le artiste presentate. È un dettaglio, forse per alcuni lettori anche trascurabile, una scelta autoriale. Organizzata e sequenziale o, al contrario, più scomposta, la lettura di questo testo si apre come si diceva a numerose considerazioni sulle difficoltà dell’essere un’artista e molti spunti sulla natura del processo creativo, rivelato nei personali rituali quotidiani, nella maniacalità del lavoro, nelle scelte e nei compromessi che talvolta si sono resi necessari per non tradire sé stesse, il proprio lavoro.

È un viaggio curioso e qualche volta divertente che permette di guardare con una sensibilità diversa al lavoro di queste donne e trovare nelle loro parole – riprese da interviste, stralci di conversazioni con collaboratori e biografi – l’idea del mestiere, la vocazione artistica, la necessità bruciante di liberare la propria creatività.
Scopriamo la scrittura “furiosa” di Louise May Alcott e la sua curiosa abitudine a usare un cuscino opportunamente posizionato per tenere lontano le chiacchiere e le distrazioni del quotidiano, il “terrore” esercitato da Mademoiselle Chanel all’arrivo ogni giorno in atelier, il bisogno assoluto di solitudine di Margaret Bourke-White fondamentale per la sua scrittura e le inevitabili incomprensioni che questo atteggiamento suscitava in chi le stava accanto, il rito scaramantico-abitudine di Isabel Allende di iniziare ogni nuovo libro in una certa data.

Più di ogni altra cosa, ciò che mi ha colpita e che risulta trasversale, dalla scrittura alle arti figurative, alla scienza, è l’ostinazione, un approccio che si fa ispirazione:
«Non ho mai pensato che non sarei riuscita a vivere la vita che volevo» […] «Avevo questa semplice opinione: il motivo per cui le persone che prendono le mosse da ideali e aspirazioni non arrivano a fare ciò che sognavano da giovani è perché mollano. E mi sono detta: io non mollerò». (Susan Sontag, p. 137)
Non mollerà mai, a costo di sacrificare tempo per sé stessa e il proprio ruolo di madre single, con una fame insaziabile di vita, esperienze, insegnamenti, che la farà vivere e lavorare a ritmo accelerato, ostinata e sicura delle proprie ambizioni. Tutto ciò che conta è scrivere. Ecco, scrivere: un processo che non si riduce al momento dell’atto in sé, a battere i tasti e far fluire le parole sulla pagina bianca, no, si scrive tutto il tempo, ogni giorno, come Shirley Jackson:
[…] Shirley non si riconobbe mai nella scrittrice che siede alla macchina da scrivere tutto il giorno. Non cominciava nel momento in cui si metteva alla scrivania, così come non finiva quando si alzava. «Uno scrittore scrive sempre, vede tutto attraverso una foschia sottile di parole, e adatta piccole descrizioni veloci a tutto ciò che vede, nota ogni cosa». (Shirley Jackson, p. 272)
Le incombenze del quotidiano sono quasi un rumore di fondo, perché è solo nella scrittura che Shirley torna a respirare, a vivere davvero. La scrittura e la vita che nutrono i fantasmi, le ossessioni.
Non è stato facile per nessuna di loro che, in forme e per ragioni diverse si sono scontrate con la sconfitta, la rabbia, la mancanza di sostegno, il sacrificio e il compromesso. E quando l’ambiente famigliare ha loro permesso di concentrarsi sul proprio lavoro riconoscendone l’importanza, spesso è stato il mondo fuori a volerle tenere nell’ombra, sminuendone il talento.

Leggere di queste grandi artiste, delle loro ossessioni, della loro perseveranza e degli inciampi, produce qualcosa di più della rabbia verso una società che troppo spesso e ancora discrimina le donne e non le prende sul serio. Fa questo, per sua natura, ma soprattutto credo smuova qualcosa di più intimo e importante: ci infonde coraggio. È la spinta necessaria a credere nel nostro potenziale, ad ascoltare quel desiderio di esprimersi che ti divora da dentro.
«Non so se da piccola sei mai stata a pescare giù al fiume Matanza, e hai mai catturato una rana pescatrice. Sai, se vengono inghiottite da un pesce più grande, le rane pescatrici ne divorano le pareti dello stomaco fino a uscirne. Così è la vocazione alla scrittura. Devi dedicartici completamente, sennò ti divora dall’interno per poi sparire». (Zora Neale Hurston, p. 84)

Debora Lambruschini