Siamo cinque
di Matias Faldbakken
Mondadori, gennaio 2021
Traduzione di Lisa Raspanti
pp. 216
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Siamo cinque, disse Helene osservando la vecchietta ricurva con aria perplessa. E dove sono tutti quanti? Be', io sono qui, rispose Helene. Due sono a lavorare. Uno dovrebbe essere a scuola. E uno è terra. Uno è terra?, si stupì l'anziana. (p. 124)
Quando si pensa alla composizione di una famiglia di cinque elementi si contano i genitori, due figli e un animale domestico al seguito. La composizione della famiglia di Tormod e Siv rispecchia questo schema. Oltre a loro due, ci sono Alf, il figlio maggiore pingue e interessato ai videogiochi, Helene, la piccola di casa con occhi verde ghiaccio e capelli biondi, e la cagnolona Snusken, che è compagna di giochi e di passeggiate per tutta la famiglia.
Quando purtroppo Snusken scompare, per riequilibrare la famiglia serve un quinto elemento: Tormod, abile costruttore e con un passato giovanile di droga e di alcol, non ci mette molto, nella sua officina-laboratorio, a dare vita a una "cosa": un miscuglio di argilla, acqua, cheratina, gommapane e chissà quale altro ingrediente che dimostra di poter prendere il posto dell'animale domestico. Questo ammasso, dotato di una propria forma e forza di vivere, andrà incontro a una sua naturale evoluzione anche se non sarà sempre del tutto a vantaggio dei suoi creatori.
Succedeva spesso che tra Tormod e Siv volassero parole bizzarre e così accadde in camera da letto quella sera. Siv usò l'espressione "obbrobio", rincarando con "sgorbio" e "mostro", per descrivere l'argilla-gomma di Tormod. Osò persino chiamarla "aborto". Dal canto suo Tormod fece ricordo a parole come "contributo scientifico", "dedizione", "lavoro irrinunciabile", nonché "invenzione". (p. 93)
Quando ci si addentra nella letteratura del nord Europa bisogna sempre fare i conti con le leggende e le storie del passato, così infiltrate e incistate nella cultura e nel modo di vedere la vita da essere a loro agio anche nella modernità. In Siamo cinque di Matias Faldbakken assistiamo a una trasposizione del mito perfettamente calata nella vita reale e alla leggenda che diventa simbolo della dipendenza.
La trasposizione del mito è data dal nucleo familiare di Tormod e Siv, i cui nomi rievocano quelli della coppia divina Thor e Sif. Oltre che nei nomi, sono calco della divinità anche in alcuni aspetti. Tormod è un gigante, talmente avvenente che tutti in paese dicono che sia Siv la fortunata tra i due, abile costruttore e che ci si immagina tranquillamente nell'atto di maneggiare con disinvoltura Mjöllnir. Siv, come la dea Sif, ha dalla sua, per controbilanciare la bellezza del marito, lunghi capelli biondi che sono il suo vero punto di forza e che Helene, la figlia minore, ha avuto la fortuna di ereditare. Dei capelli della dea condivide anche il destino visto che le saranno strappati alla radice dalla massa di argilla – rendendo quindi la "cosa" emule del dio Loki responsabile dello scherzo ai danni di Sif nella mitologia – e poi sostituiti con la più bella parrucca che mai si sia vista, realizzata con i capelli di una giovane morta durante la Seconda Guerra Mondiale. Sebbene la coppia sia tutt'altro che perfetta e impegnata in un matrimonio in cui la routine e le gravidanze molto difficili hanno logorato il rapporto, Tormod e Siv con i loro accenni di divinità sembrano la casa ideale per dare vita a una creatura uscita dal folklore più oscuro: un piccolo golem che sembra essere, in origine, una benedizione che si integra alla vita di famiglia, ma che poi diventa una capricciosa divinità a cui tributare continue offerte.
Questa massa pare essere l'incarnazione in chiave favolistica di un problema sociale che affligge la Norvegia, ovvero la dipendenza da alcol e droghe che nei paesi nordici ha un'incidenza pesante sui giovani, soprattutto se vivono in paesini sperduti come quello di Råset, dove si svolge la storia. Tormod stesso ne è stato vittima da giovane e solo grazie a Siv, la sua roccia, è riuscito a tirarsene fuori.
Proprio come la dipendenza, anche la massa all'inizio si presenta come qualcosa di piacevole. Tormod alle prime dosi di anfetamina da ragazzo reagisce con prestazioni sopra la media nel campo degli studi e in quello sessuale, mostrando quindi l'utilità della droga, anche se in maniera non convenzionale. Si comporta così anche la massa, che si rende utile nelle faccende domestiche e nel portare gli oggetti pesanti. Fino a che l'abuso, in entrambi i casi, libera il potenziale distruttivo. «Mi era trasformato nel mio opposto, ma adesso sono di nuovo qui» dice Tormod a Siv quando esce dalla crisi di astinenza peggiore. Quel doppio oscuro, quel mostro che all'inizio sembrava essere docile, prende le sembianze di questa palla lievitata che sa farsi voler bene, pare necessaria, ma che con il passare del tempo richiede sempre più offerte fino a che non devi sacrificare ciò che più ti sta a cuore, portandoti alla distruzione.
In un paese dove a nessun abitante pare strano che una massa di argilla giri dotata di vita propria, segno di un folklore vivo e presente, leggiamo di divinità umane e golem simbolo. E leggiamo di personaggi pronti a sacrificare ogni cosa all'altare dei loro vizi più oscuri, troppo deboli per poterli fronteggiare, a malapena in grado di contenerli.
Giulia Pretta
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