È inutile ripeterlo: il 2020 è stato un anno che ha messo a dura prova tutti i settori della nostra società, e quello dell’editoria in particolare. Editori, autori e librai hanno dovuto letteralmente reinventare un sistema di convivialità che – necessariamente – caratterizza il cuore pulsante dell’oggetto “libro” e di tutto il lavoro che ci sta dietro. Le perdite sono state molte, e spesso le idee per riattivare il sistema non hanno dato i frutti desiderati. Chi mai potrebbe avere la pessima idea di dare vita ad una nuova casa editrice nel bel mezzo di una pandemia globale? Ebbene, noi abbiamo due nomi: Loris Dall’Acqua e Sara Del Sordo, i due editori della giovane casa editrice Pessime idee. Come si evince dal loro sito web, il motto di questa nuova realtà è la frase di Erasmo da Rotterdam: «Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.» Quello che Pessime idee mette in moto non è solo una nuova politica, ma è un vero e proprio principio editoriale o forse, meglio ancora, una nuova “poetica” della pessima idea che, andando letteralmente contro corrente rispetto alla salda razionalità, tiene in piedi tutta la struttura della coraggiosa casa editrice. Sara Del Sordo ha gentilmente accettato il nostro invito per raccontarci delle “pessime idee” che girano nella loro redazione.
Com’è nata la “pessima idea” di aprire una casa editrice in pieno 2020? Cos’ha fatto scattare la necessità di dare vita a questa nuova realtà, nonostante la saturazione del mercato editoriale italiano?
Io e Loris veniamo da due mondi completamente diversi, che si sono incontrati nella casa editrice in cui lavoravamo prima di dare vita a Pessime idee. All’epoca io ero l’editor e lui il responsabile di tutta la parte di marketing e promozione. Abbiamo conosciuto l’universo editoriale, lo abbiamo vissuto per tanti anni e ci siamo appassionati a tutto ciò che comporta la creazione di un libro, dalla genesi, allo sviluppo, all’uscita sul mercato. Questo trasporto è diventato il primo motore che ci ha permesso di capire che volevamo camminare sulle nostre gambe e abbiamo quindi deciso di creare il nostro progetto editoriale, in maniera completamente autonoma. Inoltre volevamo discostarci da un tipo di editoria - quella per cui lavoravamo appunto - nella quale non ci riconoscevamo e nella quale non credevamo. Come spesso accade dunque, la passione e l’insoddisfazione hanno generato la nostra migliore Pessima idea. Inutile dire poi che mai nome fu più profetico, dal momento che Pessime idee nasce esattamente un mese prima dello scoppio dell’emergenza sanitaria. Con una buona dose di autoironia abbiamo scommesso sulla potenza della letteratura di qualità, nonostante il mercato sia innegabilmente saturo. Il nome della casa editrice vuole essere un modo per esorcizzare proprio l’immaginario collettivo che ci impone di pensare che aprire una casa editrice, in un momento storico come quello attuale, sia una pessima idea.
Il mondo editoriale italiano è vastissimo, ognuno con una visione diversa di editoria, di testo e di libro. In cosa ritenete che il vostro progetto editoriale si differenzi rispetto alle altre realtà già esistenti? Qual è la novità che vi caratterizza? Cosa significa oggi, di fatto, fare editoria per voi?
L’apertura di Pessime idee non è che la concretizzazione di una nostra necessità comunicativa, della volontà di cercare, scovare e buttarci dentro a storie che si basino sul carburante che alimenta questo mondo, le idee. L’obiettivo è fare una buona editoria, con una scelta di catalogo pensata e ragionata, che porti con sé una qualità riconoscibile di cui i lettori possano godere. La nostra linea prevede narrativa italiana e straniera e, soprattutto per quanto riguarda quella straniera, non ci poniamo confini geografici. Vogliamo provare ad attingere da tutto il mondo - anche se questo prevede un impegno notevole: il fine è realizzare un’editoria libera, indipendente e il più aperta possibile!
Passiamo ora al vostro catalogo. Attualmente compaiono cinque titoli, tutti apparentemente diversi tra loro ma con un filo rosso che unisce il gusto e la sensibilità nella scelta dei testi. Ce ne parlate un po’, in base anche a quello che è il vostro principio (o poetica?) della “pessima idea”?
Pessime idee non strizza l’occhio solo al marketing (difficilmente infatti si dimentica un nome così!) ma è anche un richiamo al catalogo della casa editrice: narriamo storie, spesso vere, che nascono da una pessima idea che poi evolve in qualcosa di inaspettato… o magari no. I libri lo raccontano bene: ad esempio L’ultimo detenuto dell’autore australiano Anthony Hill, uscito lo scorso ottobre - il nostro esordio con la narrativa straniera - è la storia vera di Sam Speed, ultimo deportato, a fine ‘800, dalle carceri inglesi a quelle delle colonie australiane per aver compiuto un crimine - sottovalutandone le conseguenze - che lo avrebbe condannato per il resto della sua vita. Attualmente abbiamo in catalogo sei uscite (da giugno 2020 ad adesso) e ne abbiamo in programma altre sette per tutto l’anno 2021. Il filo rosso che orchestra tutto, quello della “pessima idea”, ha l’obiettivo di far emergere dei piccoli tesori che troppo spesso, in questo mare magnum editoriale in cui viviamo, rimangono nascosti. È il caso di Enrico Renzi con La tomba Pascucci, un segnalato della trentaduesima edizione del Premio Calvino: i Pascucci, tre fratelli tombaroli ormai anziani, sono alle prese con una vendetta da consumare ai danni di un loro vecchio amico francese, il ricco Emile Rostand, poiché lo ritengono responsabile della denuncia a causa della quale hanno passato sette anni in prigione e perso il fratello Ottavio, colpito per errore da una pallottola. Ambientato a Tarquinia negli anni ‘80, questo romanzo tragicomico, connotato da grande vivacità e spesso da un umorismo quasi nero, diventa soprattutto un pretesto per dipingere il mondo dei predatori di tombe etrusche, un mondo all’insegna dell’inganno ma in fondo anche di tanta umanità. Il testo viene segnalato dal comitato di lettura del Premio Calvino per l’originalità della storia e per la maturità di scrittura e per queste motivazioni abbiamo deciso di inserirlo nel catalogo. Attualmente è uno dei nostri romanzi di punta.
Ci soffermiamo un attimo sul vostro affascinante Romantica Marsiglia di Claude McKay, tradotto da Anna Mioni e con la prefazione di Roberto Saviano e che è stato accolto calorosamente in tutte le più grandi testate; un testo rimasto inedito per più di novant’anni ma che è di un’attualità spiazzante perché parla appunto di razzismo, ingiustizia sociale, omosessualità, disabilità. Come avete riscoperto questo piccolo tesoro?
Romantica Marsiglia è il nostro piccolo gioiello, siamo particolarmente affezionati a questa riscoperta. Venirne a conoscenza, come spesso accade, è stato un processo del tutto casuale: un articolo di giornale raccontava dell’uscita, lo scorso febbraio, di Romance in Marseille per la Penguin Classics negli Stati Uniti. Ci siamo innamorati subito di questa storia incredibile: il protagonista è Lafala, marinaio africano che viene derubato di tutti i suoi averi da una prostituta marocchina nel porto di Marsiglia e per la disperazione si imbarca clandestinamente su una nave per New York. Viene scoperto, catturato e imprigionato in una cella gelida. Alla fine del viaggio i suoi piedi sono gravemente congelati, tanto da dover ricorrere all’amputazione di entrambe le gambe. Grazie a un avvocato di buon cuore fa causa alla compagnia navale e vince il caso, ottenendo un lauto risarcimento. Senza gambe ma molto più ricco decide di tornare a Marsiglia in cerca della prostituta e lì troverà una vita piena di eventi ad accoglierlo. La storia di Lafala è ispirata al reale caso di Nelson Simeon Dede, un nigeriano che McKay aveva conosciuto mentre viveva in una comunità di marinai e vagabondi neri a Marsiglia. Claude McKay, una delle voci più autorevoli dell’Harlem Renaissance, riesce a creare un vero e proprio romanzo militante. In queste pagine infatti c’è tutto: la debolezza sociale dei neri, problema atavico e mai risolto; la condizione perenne di schiavitù di emarginati che mai riescono ad avere un riscatto sociale, anche quando la legge è evidentemente dalla loro parte; il difficile e irrisolto binomio povertà-economia capitalistica. Durante tutto il flusso del racconto emerge anche un altro tema molto caro all’autore, quello dell’omosessualità, ennesimo motivo di emarginazione dei personaggi che costellano la storia. Tutte queste caratteristiche ci hanno quasi imposto di “adottare” il manoscritto - la cui ottima traduzione di Anna Mioni è partita proprio dal manoscritto originale, quello che McKay aveva conservato negli scaffali della New York Public Library, e che il suo editore dell’epoca, ormai più di novant’anni fa, decise di non pubblicare a causa delle delicate tematiche trattate. La prefazione di Roberto Saviano poi arricchisce e impreziosisce quest’opera con riflessioni e analisi che accompagnano il lettore in queste pagine straordinarie.
Pessime Idee è una realtà che vuole dare spazio anche agli scrittori esordienti del nostro paese, una decisione sempre molto delicata e alle volte un po’ rischiosa. Come avete intenzione di affrontare la presenza di questi autori nel vostro catalogo? Quali sono i criteri per poter essere scelti nei vostri piani editoriali? Bastano le “pessime idee” dei nuovi talenti o ci deve essere dell’altro?
Pessime idee ha scelto di trattare anche narrativa di esordienti e questo è un rischio a volte: vogliamo scommettere su quelli che riteniamo autori validi, che possano perfezionare e raffinare il nostro catalogo, ma farli poi conoscere al grande pubblico richiede un grande impegno. In prima istanza devono colpirci le storie ma non basta la bontà del testo. A lettura ultimata, se il testo ci ha convinti, cerchiamo di capire chi c’è dietro quelle pagine, proviamo a instaurare un rapporto empaticamente considerevole, entrando proprio in intimità con l’autore esordiente perché lui/lei deve affidarsi a noi e noi dobbiamo fare in modo che questo accada. L’editoria è fatta da persone e i libri sono il risultato di questi incontri!
Domanda di chiusura: “pessime idee” in arrivo? Cosa ci dobbiamo aspettare dalle prossime uscite di questo 2021 pieno di sfide ma, forse, anche di potenzialità? In che direzione si allargherà il vostro catalogo?
Apriamo il nuovo anno proprio con un’esordiente, Ilaria Boria e il suo Le formiche cantano sotto la neve, un romanzo intimistico denso di intrecci. Proseguiremo con Trash di Martino Costa, finalista dell’ultima edizione del Premio Calvino e con The Wild Laughter di Caoilinn Hughes, autrice irlandese arrivata tra i finalisti dell’ultimo Irish Book Awards, con una storia che narra il delicato tema del suicidio assistito nella cattolicissima Irlanda. Vedranno poi la luce nelle librerie italiane diversi romanzi stranieri, alcuni anche d’oltreoceano… La direzione è sempre una: dedicare tutta la cura necessaria a ogni singola Pessima idea.
Intervista a cura di Nicola Biasio