di Toshikazu Kawaguchi
Traduzione di Claudia Marseguerra
Milano, Garzanti, 2021
pp. 176
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Seguito del fortunatissimo Finché il caffè è caldo, già recensito su Critica Letteraria e diventato un vero e proprio caso letterario nel giro di pochi mesi, Basta un caffè per essere felici è una storia deliziosa, un libro delicato e suggestivo, che vi coinvolgerà dopo poche pagine. Anche se, come già detto, tecnicamente si presenta come la prosecuzione della prima uscita (Garzanti, 2020) l’opera può essere fruita anche singolarmente poiché in essa sono presenti tutte le informazioni necessarie per orientarsi. Siamo certi, però, che non appena voltata l’ultima pagina, correrete ad acquistare la puntata precedente.
Siamo a Tokyo, città in cui è presente un piccolo e grazioso caffè che, a prima vista, si mostra come un normalissimo locale, anonimo, su un frenetico sfondo urbano. Tuttavia, attorno a quella caffetteria circola una leggenda, un affascinante racconto secondo il quale basterebbe farsi servire il caffè da una, e solo una, delle cameriere del locale, Kazu, per viaggiare nel tempo. Perlopiù si tratta di viaggi nel passato, ma teoricamente, ci viene detto, sarebbe possibile anche trasportarsi nel futuro, tuttavia quasi nessuno sceglie di farlo perché è molto improbabile indovinare quando la persona che vuole incontrare entrerà nella caffetteria.
Il protagonista di uno dei racconti, intitolato Gli innamorati, ci riesce ma solo dopo una meticolosa preparazione e un piano ben organizzato. Le storie mettono a nudo i sentimenti dei protagonisti e uno di questi (Marito e moglie) si chiede, con sincera curiosità: cosa spinge qualcuno a tornare nel passato se ciò che farà non potrà mai in alcun modo cambiare il presente in cui si trova ora? Già, perché è questa una delle ferree regole che regolamentano l’esperienza. Kazu le elenca a tutti coloro che chiedono se quella diceria sia effettivamente vera e la serietà con cui le espone non lascia adito a dubbi. Una sola sedia può permettere di viaggiare nel tempo ma questa è occupata tutto il giorno da una misteriosa donna vestita di bianco, la quale si alza solo una volta al giorno, per recarsi in bagno. Solo in quel momento il cliente può essere ammesso all’esperienza e iniziare la sua avventura. Ma, attenzione, egli dovrà trattenersi nel passato solo finché il caffè è caldo, pena il non poter più tornare indietro. Questa e altre dettagliatissime regole servono a chi si approccia all’evento. Pochi attimi, quindi, una manciata di minuti vengono offerti ai clienti che decidono di credere in questa leggenda e si spingono oltre la soglia della caffetteria. Pochi minuti, però, indispensabili. Ogni storia è un affresco delicato e sensibile, efficacemente rappresentativo della sensibilità e del sentire appartenete alla cultura giapponese, in grado di veicolare dei valori importanti e comunque universali.
Magia, mistero, delicatezza, senso profondo della vita: tutto in Kawaguchi sembra essere al posto giusto e se l’inizio in medias res potrebbe sembrare ad alcuni un po’ destabilizzante, in realtà l’autore si preoccupa subito di sistemare tutti i pezzi al posto giusto, con la conseguente immersione totale nella vicenda. La costruzione del libro è sapiente e calibrata: all’interno di una vicenda di fondo, che occupa l’opera nella sua interezza, prendono posto quattro vicende, di cui non è bene dire troppo per non rovinare la sorpresa al lettore, totalmente differenti tra di loro, tuttavia legate l’una all’altra. Arrivando alle ultime pagine si capisce infatti che quelli che ad una prima occhiata sembrano quattro racconti slegati l’uno dall’altro, in realtà sono tessere di un mosaico la cui figura appare chiara e nitida solo alla fine, portavoce di un significato profondo e in grado di raccordarsi alla storia di Kazu, vera protagonista dell’opera.
Basta un caffè per essere felici, quindi, è un libro delizioso e intimo, una carezza che regala un sorriso, un’uscita da non perdere.
Valentina Zinnà