di Carlo Ginzburg
Adelphi, 2020
pp. 311
€ 24 (cartaceo)
Una nuova edizione per questo saggio del 1966 è davvero un bel regalo che la casa editrice Adelphi fa ai suoi lettori. Innanzitutto perché il suo autore è uno degli storici di più grande pregio presenti in Italia, e poi perché in questo testo, col rigore di uno storico, si affrontano in anni così poco ben disposti verso l’argomento, ovvero la stregoneria, delle tematiche fino ad allora considerate solo all'interno di studi antropologici e relegati a pochi addetti ai lavori.
Rileggere poi la postfazione dell’autore, presente in questa nuovissima edizione, arricchisce il suo lavoro e l’intera finalità della sua ricerca, riportando verso una luce giusta e coerente, un filone di studi che ad un lettore attento non può non avere nessi con la vicenda biografica della famiglia Ginzburg, se mettendola in prospettiva riusciamo a vedere la persecuzione che l’Inquisizione fece, nei confronti di questi ignari contadini, colpevoli di seguire l’impulso del bene contro il male e infarcirlo di qualche strana credenza sui culti agrari, con quella ben più irrazionale e parimenti catastrofi che il regime nazista fece con gli ebrei.
“Quando mi proposi di studiare le vittime della persecuzione della stregoneria non pensai affatto alla mia esperienza infantile. L’analogia tra streghe ed ebrei rimase allora del tutto inconsapevole. Emerse di colpo (avevo più di trent’anni, avevo scritto nel frattempo vari libri) quando Paolo Fossati, storico dell’arte che lavorava da Einaudi, mi fece notare che per un ebreo la scelta di studiare streghe ed eretici era ovvia”. (p. 283)
Carlo Ginzburg ci conduce attraverso testimonianze e atti processuali, e costruisce man mano la parabola che conduce le vittime ad essere considerate carnefici. Ciò che si mette in evidenza, a partire dal dato storico, è la capacità manipolatoria dei poteri clericali, di far confessare ad uomini e donne che cercavano di affrancarsi da pratiche maligne e stregonerie, proprio di appartenere a quella schiera. I benandanti, per la tradizione, erano coloro che nascono avvolti nel sacco amniotico, i cosiddetti nati con la camicia, che avevano già dalla nascita una speciale capacità di combattere il male:
“Chi sono questi benandanti? Da un lato essi affermano di contrapporsi a streghe e stregoni, di ostacolarne i disegni malefici, di curare le vittime delle loro fatture; dall’altro, non diversamente dai presunti avversari, asseriscono di recarsi a misteriosi raduni notturni, di cui non possono far parola sotto pena di essere bastonati, cavalcando lepri, gatti e altri animali.” (p. 31)
Nelle parole sospettose dei primi inquisitori si intravede la volontà di accomunare le pratiche di questi “benandanti” con quelle degli stregoni; no, non stiamo parlando di fantasie ma di credenze popolari, di allucinazioni indotte da unguenti, di crisi epilettiche scambiate per pratiche magiche, di nulla di nuovo insomma, rispetto a quello che molti secoli dopo alcuni cristiani chiameranno possessioni e Jung analizzerà come suggestioni mentali e malattie da suggestione. Il potere della mente che si veste di rituale; l’incomprensibile che diventa dono e l’eterna lotta del bene contro il male che si mette al servizio dei raccolti dei contadini del Friuli, a cavallo tra 500 e 600.
Questo lavoro giovanile fu negli anni anche molto contestato, perché basandosi sugli atti dei processi inquisitoriali, Ginzburg ipotizzò il rapporto tra il sistema di credenze molto diffuse nel mondo contadino, come l’evoluzione di un antico culto agrario con caratteristiche che lo accomunano anche allo sciamanesimo. Per alcuni storici non c’erano molte prove di queste derivazioni e quindi questo gettò una luce non proprio positiva su questa ricerca.
Resta un lavoro importante per capire come la diffusione di un fenomeno abbia legami con molti luoghi e si riproponga, dall’origine in una forma, per poi trasformarsi nel suo opposto appena un secolo dopo, quando ormai, nei processi del Seicento l’aderenza di questi culti agrari ad una qualche forma di sabba e di vari atti di stregoneria sembra totale, almeno nei racconti di alcuni testimoni e soprattutto nelle menti di chi vuole punirli e mettere al bando ogni forma di verità altra, che non sia quella universalmente riconosciuta dalla Chiesa.
Samantha Viva
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