Othello De'Souza-Hartley, (1977) è un fotografo, artista multimediale e docente, che vive e lavora Londra, UK. Ispirate dall'atmosfera e dai temi psicologici della pittura classica, le sue opere figurano all'interno di mostre in prestigiose gallerie e musei, tra cui la Sulger-Buel Gallery e il World Museum Liverpool. L'approccio unico alla composizione di De'Souza-Hartley, l'uso della luce e dell'angolazione di scatto, aprono una finestra sulla narrativa personale del soggetto e del suo mondo intimo. L'artista ha collaborato inoltre con Istituzioni tra cui la National Portrait Gallery, la Photographers' Gallery ed il Victoria and Albert Museum di Londra. Formatosi presso la University of the Arts London, De Souza-Hartley ha inizialmente studiato fotografia presso il Central St Martins, ottenendo successivamente un Master in Fine Arts presso il Camberwell College of Arts, a Londra.
Ho conosciuto il lavoro di Othello nel 2018, quando i nostri cammini si sono incrociati presso la University of the Arts London, essendo entrambi insegnanti e collaboratori di Shades of Noir, il centro di pratica accademica della giustizia sociale contro il razzismo. Quello stesso anno, De'Souza-Hartley è stato ospite di Rome Art Week, all'interno del progetto Own Narrative, curato da Alessandra Migani.
Il progetto Own Narrative – afferma Alessandra Migani – è nato dal desiderio di lavorare in un contesto non propriamente dedicato alle arti visive, Pietralata, un quartiere della periferia romana, simbolo della resistenza alle retate fasciste sul finire della seconda guerra mondiale e di quelli amati e raccontati da Pasolini. Da oltre 10 anni l'associazione sportiva Liberi Nantes gestisce il campo che era rimasto abbandonato da anni e ha dato la possibilità a tanti rifugiati politici e migranti di formare una squadra calcistica e ritrovare una dignità e un'appartenenza a una comunità grazie al gioco. Othello De’Souza-Hartley mi è sembrato l'artista perfetto per lavorare in questo contesto. Own Narrative rappresenta, infatti, un passaggio ulteriore di un progetto in divenire intitolato Masculinity, dove Othello, partendo da un’esperienza personale, affronta il significato della mascolinità oggi, unito a una riflessione sulla vulnerabilità maschile. Il fotografo s’interroga su alcuni stereotipi e i ruoli ben definiti dalla società come razza e genere. Il soggetto delle fotografie, in questo progetto specifico, è l’artista stesso. Own Narrative, infatti, è la serie di De’Souza-Hartley più intima. L’artista sente di aver raggiunto quel momento della vita in cui bisogna raccontare la propria storia senza compromessi e decide di farlo utilizzando una fotocamera Polaroid. Le sei immagini che compongono la serie sono il risultato della registrazione di una sua performance.
I AM 6 - Image courtesy of the artist, Othello De’Souza-Hartley © |
In questa intervista all'artista Othello De’Souza-Hartley, abbiamo approfondito alcuni elementi cardine della sua produzione artistica e una riflessione sulla comunicazione contemporanea in materia di razzismo e uguaglianza sociale.
Come è iniziato il tuo percorso all’interno del mondo della fotografia e quali artisti hanno avuto maggior impatto sulla tua pratica professionale?
Il mio interesse per la fotografia è iniziato quando ero bambino. I miei genitori mi regalarono una fotocamera compatta. Non avrei mai immaginato che sarebbe diventata la mia professione. Non ho scelto consapevolmente di essere un artista, ero attratto dalle varie dorme della creatività ed avevo la sensazione che la vita d’ufficio, dalle 9 alle 5, non fosse adatta a me. Il mio lavoro è influenzato da diversi artisti ed all'inizio non consisteva nella mera fotografia. Penso che il mio vero interesse per la fotografia sia nato, quando ho scoperto le riviste, in quanto trascorro molto tempo a sfogliare le riviste nelle librerie. Gli artisti che più mi hanno ispirato sono Caravaggio, Gregory Crewdson, Rembrandt, Gordon Parks, Jean Michel Basquiat, Rothko, Spike Lee, Bill Henson, Edvard Munch.
Pensi che la fotografia possa aver cambiato il modo in cui guardi il mondo?
Direi che la fotografia ha plasmato il modo in cui guardo il mondo. Attraverso la fotografia sono diventato più consapevole del mio ambiente e di come vedo le cose. Sono affascinato dalla luce e tendo a guardare alle forme e al modo in cui la luce crea un effetto sulle superfici che incorporo nel lavoro che produco.
In merito al tuo progetto “Reclaim the Skin”, hai dichiarato: “In molte culture, la pelle scura è vista come poco attraente. La tradizione culturale correla un tono della pelle più chiaro alla percezione della bellezza. Il colonialismo ha svolto il suo ruolo in questo. I prodotti per schiarire la pelle sono un'industria che fattura miliardi di dollari. Reclaim the skin è dedicato a recuperare il senso della tonalità, che ci ricorda che la pelle nera è bella”. Potresti approfondire ulteriormente questo argomento?
Si potrebbero menzionare altre culture, ma in questa (Inglese) c'è una relazione con il colonialismo. Durante la schiavitù i padroni di schiavi violentavano spesso le donne di colore. Alle persone di razza mista venivano affidati i lavori nella casa del padrone schiavista, mentre gli schiavi più scuri lavoravano nei campi. Questo dato ha suggestionato le successive generazioni, portando a considerare più belle le persone di pelle chiara, le donne in particolare, che pertanto acquisivano uno status più elevato rispetto a una persona dalla pelle più scura. Stiamo assistendo a un cambiamento oggigiorno, grazie al lavoro di attivisti di colore, che sempre più numerosi si riuniscono in organizzazioni nel Regno Unito come Gal-dem e Shades of Noir, per far sentire la loro voce.
Il numero di aziende di prodotti per la salute e la bellezza delle donne di colore è in forte espansione. La rappresentazione mediatica dei neri sta iniziando a cambiare, grazie al lavoro di registi neri, che realizzano film in grado di offrire una diversa narrativa. In passato, le immagini di persone di colore raffiguravano unicamente criminali, gangster e prostitute. Anche l'industria della moda sta cambiando, ma la spinta a questo cambiamento è stata innescata dai neri stessi, stufi della mancanza di rappresentazione globale e della distorta percezione causata da questa stessa lacuna. Inoltre, il modo in cui la cultura occidentale racconta l’Africa, gioca la sua parte in questo.
"Fabbricato" (messo in scena) e "scattato"(catturato). Come valuti questi termini, se applicati alla composizione del tuo lavoro? Qual è il tuo processo creativo?
Il mio lavoro è una mise-en-scene, ma prendo ispirazione dalla fotografia documentarista. Non mi focalizzo mai su un linguaggio particolare o una serie di riferimenti artistici. Direi che alcuni dei miei lavori, anche se messi in scena, hanno un riferimento socio-politico. Il mio processo creativo parte dalla semplice idea, che può generarsi in qualsiasi luogo, da una conversazione, dall'ascolto di musica, dalle news, dalla lettura o da una mostra. Poi gioco per un po’ con quell’idea nella mia testa, prima di iniziare la ricerca e la sperimentazione. Quest’ultime sono gli aspetti che amo maggiormente.
Nel 2012 ti è stato commissionato il progetto fotografico "The World in London" dalla The Photographers 'Gallery London. Nel 2018 hai partecipato alla Rome Art Week in Italia, presentando il progetto multimediale Own Narrative, una selezione di polaroid e un video d'artista. Quali sono state le principali differenze che hai riscontrato lavorando in queste due metropoli e paesi?
È stato interessante il confronto con le persone intervenute alla mostra in Italia. Quando sono stato intervistato, ho tuttavia dovuto spiegare alcune cose in modo più dettagliato di quanto avrei fatto nel Regno Unito. Stato in cui il colonialismo ha portato ad intessere relazioni con persone di tutto il mondo. Sono consapevole, come artista, che il mio lavoro sarà interpretato in modo diverso in Gran Bretagna. Ho tenuto una conferenza prima dell'inaugurazione della mostra in Italia. Il pubblico era molto coinvolto ed ha posto numerose domande alla fine. Ho una sensazione positiva in merito alla percezione delle persone di colore.
A livello globale, c'è stata una crescente consapevolezza e attenzione verso la questione del razzismo, l'uguaglianza e l'inclusione della diversità nelle strutture delle aziende. I marchi stanno rimodellando i loro valori trasformando la loro estetica visiva e la comunicazione con il pubblico. Ciò è particolarmente vero, se si considera l'industria della moda. Cosa ne pensi? Questi fattori influenzano il tuo lavoro?
Penso che sia fantastico che siano aumentate la consapevolezza e l'attenzione verso le dinamiche del razzismo e il perseguimento dell'uguaglianza nel mondo, nelle aziende e nel settore della moda. Non ho mai cercato conferme, sono sempre stato fedele a me stesso, quindi non risento personalmente di questi cambiamenti. Spero, tuttavia, che si profilino maggiori opportunità di lavoro per le persone di colore, che sono spesso discriminate, nonostante le qualifiche, l'esperienza o il talento. Mi auguro che tutto questo non rispecchi una semplice tendenza di moda, ma, come accennavo prima, sono i neri a guidare il cambiamento, quindi sono certo che questo dettaglio farà la differenza. Inoltre, le nuove generazioni sono stanche di osservare la mancanza di opportunità: lo ha ampiamente dimostrato il movimento Black Lives Matters lo scorso anno. Durante le proteste, diverse organizzazioni mi hanno contattato per inserirmi nelle loro piattaforme; questa è l'unica cosa che è cambiata in modo concreto, unitamente a un maggior riconoscimento del mio lavoro da parte degli addetti del mondo dell’arte.
Qual è stata la tua maggior conquista?
Quella di poter vivere e continuare ad essere un artista a Londra, probabilmente la città più costosa al mondo. Insegno un paio di volte a settimana, ma la mia pratica artistica viene prima di tutto. Il mio stile di vita è piuttosto bohémien, non è sempre facile, ma creare per me è una delle attività più belle.
Quale sarà secondo te il futuro della fotografia?
La fotografia è già cambiata e continuerà a cambiare sempre di più con lo sviluppo delle fotocamere digitali. Due anni fa, ho partecipato a una conferenza sull’utilizzo di persone create digitalmente negli spot pubblicitari. Questa tecnica avrà un impatto sul mercato della fotografia commerciale.
Avevo delle riserve, ma ora combino metodi nuovi e tradizionali nella mia pratica. Per me, si tratta comunque di creatività e di come usi la tecnologia a tuo beneficio. E lo affermo come artista, che lavora principalmente per il mercato dell'arte.
Qual è il tuo rapporto con il mercato?
Il mio mercato è il mondo dell'arte. Oltre alla fotografia, realizzo film d'arte e dipingo. Vendo le mie opere e ho tre collezionisti. Mi piacerebbe essere rappresentato da una galleria.
Elena Arzani
@arzanicurates
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Info:
Othello De’Souza-Hartley
Alessandra Migani
(Tutte le immagini contenute in questo articolo sono protette da copyright e courtesy of Othello D'Souza-Hartley ©)
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