Lady Chevy
di John Woods
NN editore, 2021
pp. 320
€ 18 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Potrei diventare una veterinaria. Potrei andare in prigione. Potrei cambiare nome, trasferirmi altrove e ricominciare tutto daccapo. Non importa. Non c'è nessuna luce ad aspettarmi chissà dove. Il buio non mi segue. Il buio sono io. (p. 286)
Prendete una ragazza diciottenne, con una famiglia a dir poco disfunzionale che trae guadagni dall'aver affittato la propria terra a un'azienda di fracking, aggiungete il bisogno di questa ragazza di farsi strada e di sognare di diventare veterinaria, per andarsene dalla sua cittadina stagnante dell'Ohio. Se intrecciate a questa già complessa situazione un amore non corrisposto nascosto dietro l'etichetta di "migliori amici" e numerosi episodi di body shaming perché la protagonista è obesa - da qui il soprannome di "Lady Chevy", per il suo posteriore largo come quello di una Chevrolet -, capirete che le premesse per avere in odio il mondo sono tante. Amy Wirkner si proclama fieramente di razza caucasica, bianca quasi come il suo amico Paul, di origine irlandese lui e con avi "ariani" lei (così si definisce, a causa di inquietanti retaggi culturali razzisti della sua famiglia). A scuola tutti la conoscono per quello che è, la migliore del suo corso, e adesso che è ora di scegliere l'università, lei inizia a sognare di andarsene da lì.
A casa, d'altra parte, la situazione non è delle migliori: il suo fratellino Stonewall è nato con una patologia genetica grave, che fin dalle prime pagine del romanzo viene associata alle sostanze nocive che si liberano nell'aria con il fracking. La madre di Amy e Stonewall, estremamente disinibita, spesso se ne va in qualche bar, per tornare a tarda notte o il mattino dopo, con i segni evidenti di una notte di passione sul corpo. Il padre, d'altro canto, è lì che subisce, riaccoglie ogni volta la moglie, e si limita a commentare con rassegnazione: "L'amore è difficile. Quando non hai altra scelta, allora sì che è reale" (p. 224).
Per Amy tutto questo è terribilmente difficile da accettare. Così come è stato difficile comprendere la scelta dei genitori di cedere all'azienda di fracking. Gli effetti devastanti delle sostanze liberate con le trivellazioni hanno portato anche il padre di Paul a stare in un letto, gravemente malato, e nei ragazzi cova un nero e pesante bisogno di vendetta. È Paul ad architettare un piano folle per far saltare la centrale e farla franca; Amy, semmai, fatica a dirgli di no in nome della tanto proclamata amicizia (o di quell'amore che ammette tra sé, ma che non trova realizzazione). Quello che nessuno pensava è che durante il sabotaggio qualcosa va storto e Amy si trova a sparare a un uomo. Certo, lei pensava di sparare alle gomme del mezzo, ma un proiettile ha colpito il collo dell'inseguitore.
Tranquilli, questo non è uno spoiler. Questo, semmai, è l'inizio di tutto. In parallelo alla storia di Amy, narrata efficacemente in prima persona, si sviluppano infatti capitoli in terza persona dedicati alla storia di Hastings, l'agente incaricato di fare luce sull'omicidio di Steven Forsythe, il sorvegliante della cisterna esplosa: chi può mai aver guidato il furgone nero di cui ha parlato Steven, prima di restare ucciso? Anche Hastings non ha alle spalle una storia leggera, ma questo non può di certo giustificare il suo operato spietato e, come vedrete durante la lettura, senza freni.
Ecco che in questo contesto estremamente povero e grigio, si sviluppa la storia di due grandi tormenti: Amy "Lady Chevy" è in caduta libera verso quel «grumo nero che si sta sciogliendo» dentro di lei, guarda con occhi diversi alle teorie razziali di zio Tom, che si è costruito un rifugio antiatomico in cui ha nascosto le sue copie di Mein Kampf e tanti altri libri filo-nazisti. E dall'altra parte c'è Hastings, che ha imparato negli anni a fare i conti con i sensi di colpa, ha messo a tacere la morale e ha eletto a suo imperativo di vita "farsi giustizia a modo proprio".
Mentre Sadie, l'amica di Amy profondamente diversa da lei (tanto ricca quanto terribilmente magra, avvenente, disponibile e corteggiata), guarda impotente il loro rapporto che si disfa via via, Amy si chiude progressivamente in un gorgo risucchiante: è disposta a tutto pur di garantirsi un futuro.
Una violenza cruda slabbra tante pagine di questo romanzo d'esordio, concentrandosi in immagini estremamente difficili da accettare: John Woods non risparmia niente al lettore; chiede, anzi, di fidarsi delle sue scelte narrative, perché tutto poi avrà un senso. E in effetti la violenza non è gratuita: è la drammatica manifestazione di un mondo in cui i valori sono stati sovvertiti, il quadro di un'America armata in cui l'individualismo spinto e la povertà creata dal capitalismo hanno scavato profondi solchi, fino a recidere il valore di collettività e di rispetto della vita altrui. Il tutto è però raccontato con uno stile ora asciutto (si vedano i tanti dialoghi, che spesso si riducono a degli incisivi botta e risposta) ora maggiormente analitico (specialmente per le descrizioni); anche l'uso consapevole di alcune ripetizioni concettuali aiuta a ribadire efficacemente il chiodo fisso che rintocca nella mente della giovane io-narrante, una sorta di refrain inquietante che ribadisce l'esigenza di pensare al proprio futuro.
Per tanti versi, Lady Chevy è un romanzo scomodo, perché, al di là del thriller, porta a riflettere sul concetto di giustizia, sull'allarme ambientale e sui pericoli del fracking, così come sul rischio più grande: quello di pensare troppo per sé, considerando gli altri semplici ostacoli alla propria realizzazione. Ostacoli da togliere di torno, in qualsiasi modo.
GMGhioni