Il gioco delle ultime volte
di Margherita Oggero
Einaudi, 2021
pp. 164
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Potrei parlare di Ale, la ragazza bellissima che ha deciso di fare un colpo di testa, e scendere dal marciapiede proprio quando stava arrivando il tram. Potrei parlare di Nicola, che l'ha soccorsa ed è rimasto profondamente turbato dalla visione di questa diciassettenne che ha rovinato per sempre tutta la vita ancora davanti a sé. Potrei parlare di quel weekend che Nicola deve passare con la moglie e gli amici in montagna, via da tutte le preoccupazioni, e di come invece queste preoccupazioni inseguano e ingoino qualsiasi speranza di divertimento. O di come sia Matteo, vecchio amico di Nicola, a rompere qualsiasi prevedibilità del weekend, essendosi presentato lì dopo trent'anni di silenzio. Pure coincidenze?
Preferisco partire da una considerazione: Il gioco delle ultime volte di Margherita Oggero è un gioco spietato, dalle regole apparentemente semplici - raccontare l'ultima occasione in cui è fatta o vista una determinata cosa o persona -, ma fin dal primo momento terribili, se alle spalle di questi ricordi c'è un segreto irraccontabile. Un'idea come un'altra di gioco attorno al fuoco simbolico del weekend può trasformarsi in un'occasione per estrarre dal cilindro tutti i casi irrisolti della propria vita. Un gioco catartico? Non è detto. La tensione domina le pagine del romanzo, così come un'estrema incomunicabilità, che fa sì che persino Teresa pensi di non conoscere a fondo suo marito, anzi:
Vivere accanto a una persona e non sapere quasi niente di lei, di quello che per lei ha veramente importanza. Non che lui sappia molto di me, anch'io ho sbarrato porte e finestre. E non è affatto sicuro che portare tutto alla luce sia preferibile a lasciare zona d'ombra o addirittura di buio. (p. 95)
Su cosa si reggono i rapporti, dunque? Nessuno dei personaggi, neanche gli amici lì presenti in montagna e gli altri ospiti che arriveranno via via, sembra risolto e pago delle proprie relazioni sentimentali, amicali e lavorative: un rovello che spesso emerge dal passato si fa ostacolo nel presente. Ostacolo alla felicità, ma anche - voglio sottolinearlo di nuovo - ostacolo alla comunicazione: e d'altra parte si vede, perché i dialoghi tra i personaggi si fanno spesso botta e risposta senza reale interesse nel raggiungere l'altro, o si riempiono di negazioni davanti a proposte dell'altro.
Una catena di solitudini e di egoismi si avvicenda nel romanzo: così come Ale ha agito pensando solo al suo disagio, senza preoccuparsi della sua famiglia e del suo ragazzo, Nicola tiene per sé le proprie preoccupazioni, Teresa coltiva una storia extraconiugale senza grandi remore, e molto potrei aggiungere a questo quadro.
Ma non pensiate che siamo davanti a un romanzo monologante: Margherita Oggero struttura la vicenda in tanti quadri paralleli, che coprono dal venerdì alla domenica. Si passa così dalla situazione di Ale, che viene vista anche dopo il suo ricovero (e dunque conosciamo la sua famiglia, il suo ragazzo, la sua governante, il suo passato scolastico e sentimentale,...), alla situazione in montagna. Spesso la forza del romanzo sta proprio nella giustapposizione di momenti diversissimi tra loro e per questo volutamente stridenti.
A fare da trait d'union, c'è il pensiero ricorrente di Nicola, che torna all'immagine di Ale in ospedale. Eppure la sua preoccupazione finisce lì, Ale è in altre mani sotto ai ferri. Come sempre, ha la meglio la tutela della propria vita, non della propria privacy, perché «chi la invoca e ci crede non è al passo coi tempo o è in malafede» (p. 39). In questo presente in cui tutto sembra ostentato e mostrato con noncuranza, sono i sentimenti più intimi a essere nascosti, così tanto da risultare incomprensibili per chi ci sta accanto (mai i genitori di Ale avrebbero pensato che la ragazza potesse spingersi a tanto, ad esempio), ma anche per noi stessi. Il segreto che ha rotto l'amicizia tra Nicola e Matteo si rivelerà nel corso del romanzo, certo, e qui non lo anticipo, ma questo parlarne cosa risolverà davvero?
Ecco perché molto spesso durante la lettura mi sono chiesta: è troppo tardi? È troppo tardi per Ale? E per gli altri? Solo la narrazione di Margherita Oggero ci porterà alla fine del testo raccontandoci chi tornerà alla vita di tutti i giorni, al suo inquieto eppure tutelato equilibrio, e chi invece svolterà per sempre.
GMGhioni
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