Il medioevo nordico e l'assenza di speranza che valsero il premio Nobel a Sigrid Undset: "La saga di Vigdis"

La saga di Vigdis di Sigrid Undset
La saga di Vigdis
di Sigrid Undset
Utopia Editore, gennaio 2021

Traduzione di Margherita Podestà Heir
 
pp. 176
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

«Ma io amo la voglia scura che l'altra aveva tra i seni più di tutta la bellezza di Leikny. E amai di più lei quando mi colpì alla gola col suo coltello di quanto ami Leikny quando mi getta le braccia al collo. Ero meno infelice quando erravo d'inverno sulle montagne di Dovre pensando alla sua maledizione di quanto non lo sia quando torno a Skomedal e so che Leikny mi accoglierà con parole affettuose sulla porta di casa. Preferirei essere dilaniato dagli artigli di un orso bianco che saperla tra le braccia di Kåre». (p. 113)
Se fossimo in un poema cavalleresco, Vigdis e Ljot sarebbero una coppia da far concorrenza a tanti altri amanti infelici. Si amerebbero nel modo più puro e sublime nonostante le avversità, i matrimoni d'ostacolo e il senso dell'onore mantenendo e godendo dell'amor de lonh: così ci hanno insegnato Lancillotto e Ginevra con il loro amore così potente da spingere al peccato anche gli sfortunati Paolo e Francesca e a condannarli al vortice infernale per l'eternità.
In ambito trobadorico, Ljot canterebbe il suo amore per la bella Vigdis che sarebbe crudele nei suoi confronti, pur lasciando sempre un barlume di speranza. 
Ma Vigdis e Ljot si trovano nel Nord Europa, tra Islanda e Norvegia. Lei, bella e di buona famiglia norvegese; lui, eccezionale lanciatore di giavellotto che ha vendicato, ancora ragazzo, l'omicidio del padre e che non pone freni ai suoi istinti, siano essi d'amore o di guerra. La loro potrebbe essere una delle più grandi passioni mai raccontate; in un certo senso lo è. Lo è nella misura in cui l'amore si trasforma in odio e dove vendicare un torto diventa l'unica ragione di vita anche a dispetto della propria felicità. 

Abituati come siamo a ben distinguere i ruoli di cavaliere e donzella per quanto riguarda la letteratura medievale, La saga di Vigdis presenta un ribaltamento di ruoli e dei personaggi che incarnano alla perfezione il grande spirito nordico contraddistinto dalla totale assenza di speranza per il futuro.
La loro stessa mitologia è esemplificativa di questo sentimento: nemmeno gli dei, nemmeno il grande Odino potrà opporsi a Ragnarök né saprà il momento esatto dell'arrivo della fine del mondo e della sua morte tramite le fauci di Fenrir. 

Questo spirito pervade la letteratura nordica, eppure i protagonisti non vivono passivamente in attesa dell'inevitabile fine, ma combattono in preparazione del triste epilogo, in modo da essere degni dei cancelli del Valhalla. Vigdis e Ljot non sfuggono a questa visione.
 
 
Vigdis è l'inflessibile eroina della storia. Quando la incontriamo è giovane, molto bella, di famiglia ricca e piena di corteggiatori. Anche Ljot è giovane e pieno di passione e i due sembrano essere destinati a stare insieme con grande felicità di tutti. Ma l'incapacità di Ljot di tenere a freno i propri istinti e la propria gelosia lo porta a commettere un atto che Vigdis non può perdonare, trasformando l'amore nell'odio più corrosivo, duraturo e desideroso di vendetta e rendendo Vigdis una donna d'azione. La giovane non ha paura nel vendicare di propria mano e nel sangue le offese recate alla propria famiglia, non teme di affrontare lunghi e pericolosi viaggi nel cuore dell'inverno che la porteranno a mutilazioni fisiche, non ha pudore nello stringere alleanze in un mondo maschile giocando con sottigliezza tra la propria avvenenza fisica e la propria lungimiranza. Cristiana battezzata per convenienza, in lei risplende la gloria delle avventure di Thor e Odino.
Ljot, a confronto, sembra scomparire. Anche se motore del grande cambiamento di Vigdis, una volta tornato in Islanda passerà tutta la vita alla ricerca di lei, aggiungendo dolore a dolore per le persone che gli stanno accanto. Consapevole della sua colpevolezza sentirà di meritare le maledizioni scagliate da Vigdis che si mostreranno precise ed efficaci e vivrà una vita ordinaria e di grandi sventure, alla ricerca di un perdono e di una catarsi che – e lui lo sa bene – potrà realizzarsi solo con il sangue. Una consapevolezza che accompagna anche Vigdis. 

Sigrid Undset vinse il premio Nobel nel 1928 per "la sua imponente descrizione della vita nordica durante il medioevo". Questa motivazione non è data dalla mera ambientazione o dalla resa della mancanza di speranza che interpreta benissimo il senso dell'epoca. La ragione va ricercata anche nello stile che si inserisce nella tradizione dei poemi nordici utilizzando formule proprie della letteratura medievale. 
C'era un uomo chiamato Veterlide Glumssøn che veniva dai fiordi orientali dell'Islanda. Era un mercante e durante l'estate gli capitava spesso di partire per viaggi lontani. Il figlio di sua sorella si chiamava Ljot. Il padre, Gissur Haukssøn di Skomedal, era stato ucciso quando Ljot era ancora bambino. (p. 5)
L'incipit ricalca quello tipico delle aperture delle saghe medievali dove venivano fornite le coordinate geografiche e familiari del personaggio. Tutta la narrazione non indulge in descrizioni approfondite, ma si affida a formule ricorrenti, proprio come quelle che si ritrovano nelle saghe nordiche. Formule che erano, in parte, un aiuto mnemonico per il narratore, ma che soprattutto erano rivolte all'ascoltatore e avevano un significato ben definito e immediatamente riconoscibile a chiunque. Celebre è il caso della "talk formula" che si trova nelle saghe islandesi: "si sedettero e parlarono a lungo" stava ad indicare, e tutti gli ascoltatori lo sapevano, che i due interlocutori in realtà avevano una relazione sentimentale. Così avviene anche ne La saga di Vigdis. "La trasse a sé e la fece sedere sulle sue ginocchia" ricorre più volte nella narrazione come indicazione di un comportamento di tipo intimo, anche se non sempre amoroso o ben accolto dalla donna. "Inzuppare i capelli nel sangue" è altra formula ricorrente riferita alle donne per descrivere una vendetta compiuta: con un solo dettaglio si riesce a dare maggior vigore alla situazione che se ci si fosse persi in lunghi giri descrittivi.

Vigdis e Ljot, amanti nonostante l'odio e la colpa che li divide, lotteranno per tutta la vita pur sapendo che alla fine del loro percorso non ci sarà la gioia dell'unione o la soddisfazione della vendetta: lotteranno senza speranza, consapevoli, come lo stesso Odino, di non poter evitare Ragnarök.
 
 Giulia Pretta