Avvicinati e ascolta
di Charles Simic
Tlon, 2021
traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan
pp. 184
€16,00 (cartaceo)
€7,99 (ebook)
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Di poesia si parla in genere troppo poco e probabilmente se ne legge ancora meno di quanto non se ne parli. Tuttavia, l’uscita italiana dell’ultima raccolta di Charles Simic, pubblicata negli Stati Uniti nel 2019 da HarperCollins, ha avuto le sembianze di un evento – piccolo e limitato, ma comunque con tutte le caratteristiche proprie dell’evento –, ricevendo un plauso generale, parole di giubilo e di esaltazione. Nulla a che vedere con le discussioni intorno al singolo di Vasco Rossi uscito a Capodanno o intorno al Premio Strega, ma si sa, Vasco è Vasco, lo Strega è lo Strega e Simic è Simic. Le parole sono spese, molto spesso, proporzionalmente alla moda del periodo e alla celebrità che il soggetto del discorso ha in un determinato gruppo più o meno grande e più o meno chiuso. Ed evidentemente, Charles Simic è un soggetto che si adegua bene al poco numeroso circolo intellettuale italiano, a quelle discussioni sulla poesia tanto care alle riviste letterarie, cartacee e non, e agli inserti culturali dei giornali nazionali. Queste sono discussioni che hanno l’obiettivo di smuovere un mercato impantanato e che, forse, lo smuovono realmente un po’. In ogni caso, forse per un mio inconscio voler appartenere a qualcosa, forse perché questo poeta merita veramente tutta l’attenzione che gli si può dare, anche io ho deciso di partecipare alla discussione, spendendo due parole e applaudendo a questa uscita.
L’edizione è ben curata, con un’introduzione utile e intelligente di Moira Egan – uno dei due traduttori della raccolta – e con il testo a fronte, cosa, quest’ultima, non sempre così ovvia e che dà modo al lettore interessato di «ascoltare» i versi confessati dal poeta. L’oggetto-libro, di per sé, incontra il gusto estetico contemporaneo, ha una bella copertina, cosa che rende l’esposizione in casa gradevole e forse in alcuni casi auspicabile – ricordo di aver visto su YouTube un’intervista a Carmelo Bene, in cui lui sosteneva che il possedere un libro, in quel caso parlava dell’Ulysses, era necessario per far parte di une determinata cerchia intellettuale. Magari, l’avere il l’oggetto-libro lì, tra gli scaffali, spingerà anche i non amanti delle raccolte poetiche a prenderlo e sfogliarlo; e magari, sarà proprio lo sfogliare distratto che porterà nuovi adepti e che allargherà il ristretto gruppo dei lettori di poesia. Non è probabile, certo, ma non per questo si deve dire che è impossibile. Sono convinto, quindi, che per parlare di una raccolta di poesia sia necessario possedere l’oggetto-libro, e che riflettere un momento sull’oggetto sia molto utile, anche per il motivo, per qualcuno ingenuo, della semplice speranza poco sopra espressa.
La raccolta, composta da quattro sezioni separate ma con un unico filo che le attraversa tutte, di per sé è molto bella e dà al lettore una buona idea della ricerca poetica di Simic e delle sue ossessioni tematiche. Si nota subito come sia una raccolta compassata, di un grande poeta, ormai alla fine della vita, che riesce a dire con una voce unica, nonostante la mancanza di una spinta propulsiva al cambiamento e alla novità, ciò che molti poeti della nuova generazione non riescono a dire. C’è tutto il suo mondo in questa raccolta, tutto il suo modo di fare poesia è mostrato con il suo classico tono quasi sussurrato, con il suo peculiare senso dello humor, con la brevitas che lo contraddistingue e con l’attenzione per le piccole cose quotidiane e per le metafore culinarie, quello «smell of bread» che da sempre lo caratterizza.
Si trova tanto del suo celebre minimalismo, che spesso caratterizza quel suo caratteristico modo di ricercare un’illuminazione metafisica attraverso il sussurro, attraverso situazioni piccole ma pregne di una significazione ben più grande, più alta, quasi assoluta. A questo proposito si pensi alla poesia Astronomy lesson, che chiude la prima sezione della raccolta:
The silent laughter
of the stars
in the night sky
tell us all
we need to know
Questo tipo di illuminazione conoscitivo-filosofica si raggiunge anche in altri modi e si dipana per tutto il corso del libro. Può capitare, per esempio, che la vista di una strada e di un quartiere scateni l’irruzione, dolce e violenta insieme, di un ricordo che riveli un cambiamento intimamente conosciuto ma non provato pienamente; oppure può capitare che un’immagine che si staglia davanti agli occhi del poeta lo spinga a riflettere, a pensare al tempo che scorre, a quell’«assassino / che nessuno ha mai catturato». Questo si trova in tutta la parte finale della raccolta, ma è riscontrabile anche all’inizio, si pensi a Hide-and-Seek, di cui riporto solo qualche strofa e in cui è facile vedere nello «skinny boy» il poeta stesso.
Haven’t found anyone
From the old gang.
They must be still in hiding,
Holding their breaths
And trying not to laugh.
[…]
The skinny boy
On crutches
Who always carried a book,
May not have
Gotten very far.
Darkness comes early
This time of the year
Making it hard
To recognize familiar faces
Among those of stranger.
Spesso sono anche gli animali a scatenare la riflessione filosofica. Sono animali – molti uccelli e, in particolare, corvi – visti da lontano, come da una finestra, e analizzati nel comportamento: non vengono quasi mai descritti. È quindi proprio il loro comportamento che spinge alla riflessione metafisica il poeta, come si vede bene nella poesia d’apertura del volume, Some Birds Chirp
Others have nothing to say.
You see them pace back and forth,
Nodding their heads as they do.
It must be someting huge
That’s driving them nuts –
life in general, being a bird.
C’è in questa raccolta anche molta di quell’ironia e molto di quel suo particolare sense of humour che rappresentano una delle sue maggiori cifre stilistiche e che sono presenti in molti altri suoi lavori, aspetti che molti critici hanno sottolineato – penso agli articoli di Bojana Vujin e a quelli di Stephen Yenser, a cui si deve dare merito di aver portato l’attenzione sull’uso del cibo e sul suo significato nella poesia di questo autore.
Non si può tralasciare di annotare la particolare attenzione – sempre nel suo particolare modus, direi quasi rifratto – che Simic dà al mondo contemporaneo, agli eventi storici del periodo. Penso, per esempio, ad Among My late Visitors,
There is also a cow
Whose eyes the soldiers
Took out with a knife
And lit strwunder its tail
So it would run blind
Over a minefield
And thereafter into my head
from time to time.
È presente, inoltre, una riflessione amorosa, raccontata con toni che spaziano dall’ironico – si legga The many Lauras –, passano all’ironico amaro – sto pensando a The American Dream – e giungono al quotidiano di It’s a Day like Any Other. È indicativo, infine, che questa sezione più amorosa, per così dire, lasci spazio anche alla morte, uno dei temi che più affascina e ha affascinato questo poeta e che permea quasi tutta la quarta parte. A questo proposito si legga Last picnic, che chiude l’opera e che richiama sia un suo vecchio lavoro, sia più in generale la sua idea del fare poetico, oppure Taking a Breather.
Amore e morte, ironia e irriverenza, empatia e distacco, ricordo di una vita che si nasconde e riflessione sul tempo, sul presente e sul caso, tutto questo, modulato con il suo classico tono – ben reso dalla traduzione –, è presente in Avvicinati e ascolta di Charles Simic.
Giorgio Pozzessere
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