Piranesi
di Susanna Clarke
Fazi Editore,
2021
Traduzione di Donatella Rizzati
pp. 267
€ 16,50 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
“Tutti erano ammaliati dall’idea del progresso e credevano che qualsiasi cosa nuova dovesse essere superiore a ciò che era vecchio. […] Ma secondo me la saggezza degli antichi non poteva essere semplicemente svanita. […] Dovevano esistere altri luoghi, altri mondi. E così mi sono ripromesso di trovarli.” (p. 103)
Il Mondo è la Casa, la Casa è il Mondo.
Infinitamente vasta, meravigliosa nella sua imprevedibilità, minacciosa e
protettiva al tempo stesso, la Casa è per Piranesi regno e luogo d’inesauribili
avventure. L’immensità di quanto si trova dinanzi a tratti lo travolge, ma lui
è “scienziato ed esploratore”, e ha
quindi “il dovere di riportare una
testimonianza degli Splendori del Mondo” (p. 16). Lo fa in lunghe
spedizioni solitarie, oppure insieme all’Altro che abita la casa. È stato
quello, l’unica altra persona vivente al momento della narrazione, a dargli il
soprannome di Piranesi, visto che il suo vero nome è sepolto lontano nel tempo,
in una nebbia che il protagonista non riesce a diradare. Insieme i due si
dedicano a una inesausta ricerca della Grande
e Segreta Conoscenza, pur non sapendo esattamente in cosa consista, o quali
poteri potrebbe dar loro. Allo stesso tempo, in uno scenario che si fa sempre
più misterioso e indecifrabile, vengono passati in rassegna gli individui che
hanno abitato quelle stanze prima di loro, o le statue di diversa foggia e
grandezza che affollano ogni nicchia, ogni scalinata, ogni parete. Non c’è nulla dell’esistente che la Casa
non riveli attraverso le sue sculture, e queste del resto serbano memoria
di cose che non esistono più (montagne, giardini, folle, lotte furiose tra
esseri umani, creature mitologiche...). La Casa sembra inviare messaggi e
talvolta protezione, e il protagonista la idolatra, ne ammira l’incredibile
magnificenza. Eppure, poco alla volta, dalle pagine del diario che Piranesi tiene per l’uomo che verrà, un tu
che coincide col lettore, iniziano a emergere dubbi, se non domande esplicite:
esiste forse un Altrove, al di fuori della Casa? Si dà la possibilità che il
palazzo, con i suoi Saloni e i suoi Vestiboli, con i piani che affondano nel
mare e quelli che si slanciano tra le nuvole, non esaurisca il Mondo come
sembrerebbe? E perché l’Altro riesce ad avere molte più cose rispetto a quelle
che sono date a Piranesi? Cosa vogliono dire le strane reminiscenze che a
tratti colgono il protagonista? A chi appartengono i bigliettini che si trovano
a brandelli nell’Ottantottesimo Salone Occidentale?
Mentre
l’Altro, con uno spirito più pragmatico e razionalista, si ostina a voler
decifrare il mistero della Casa, assegnando al più giovane compagno compiti via
via più complessi, Piranesi sceglie inizialmente di serbare la propria Fede inalterata, di mantenere vivo il simbolo,
ciò che la casa rappresenta per lui. Mentre l’Altro mette in dubbio la sua
memoria e instilla in lui dubbi, Piranesi si mantiene ingenuo, conforme al
proprio inguaribile ottimismo verso la grandezza della Casa. Lui è l’individuo
che vive in perfetta simbiosi con la
Natura, in una relazione profonda e immersiva con quello che lui considera
il Mondo. Se nelle parole dell’Altro la casa diventa labirinto, per Piranesi è
invece terreno fertile del pensiero, culla rassicurante, luogo familiare. Il
narratore si presenta come un bambino a
cui il reale si disvela poco a poco, ma le sue annotazioni sono anche la porta d’accesso alla verità per il lettore,
che si trova quindi a raccogliere indizi insieme a lui e a cercare di
assemblarli autonomamente, vista la riluttanza del protagonista a trarre
conclusioni.
L’irruzione
dell’esterno – incarnato per buona parte della narrazione dalla figura di 16,
un non meglio precisato nemico in arrivo – nella pace imperturbata della Casa
mina un equilibrio che si è consolidato
nel tempo e che solo ora rivela le sue crepe, la sua precarietà. Non
potendo svelare di più di una trama che va scoperta progressivamente attraverso
la lettura, non si può non notare la grande
capacità immaginifica di Susan Clarke, che si dispiega nelle descrizioni sorprendenti
degli ambienti di una struttura che richiama a un tempo la classicità, le
architetture impossibili del vero Giovan Battista Piranesi, ma anche gli
universi paralleli di tanta narrativa fantastica.
Fantasy, ma anche giallo e romanzo di formazione, Piranesi è un testo visionario, impossibile da definire in modo univoco, che
potrebbe incautamente essere relegato tra gli scaffali della letteratura per
ragazzi, quando con i suoi slanci descrittivi e il complesso sistema di indizi
e rimandi interni può dare grande soddisfazione anche al pubblico adulto.
Soprattutto questo infatti potrà apprezzare appieno la riflessione che soggiace
alla narrazione, quella che indaga i
limiti del progresso e della ricerca scientifica, il tema dell’ambizione che consuma e della
spietatezza del mondo accademico, ma anche quello della relazione uomo-mondo, sempre più mediata e quindi compromessa.
Nella realtà nuda ed essenziale della Casa si può leggere sottotraccia la
possibilità di un diverso modo di vivere, più fedele all’ideale e quindi meno
legato al fluire incessante delle distrazioni quotidiane. Nello sguardo
illuminato del giovane protagonista si può leggere, per contrasto, una considerazione
amara sulla contemporaneità, un monito al fallimento dell’uomo d’oggi che troppo
spesso si dimentica di cercare e coltivare la bellezza.
Carolina Pernigo