Il colore dei fiori.
Composizioni e accordi cromatici
di Darroch e Michael Putnam
traduzione di Laura Bianchi
L’ippocampo, 2021
pp. 482
€ 25,00 (cartaceo)
Le ragioni che portano ad ammirare incondizionatamente le nature morte di tipo floreale possono essere tanto estreme quanto quelle che portano ad ignorarle senza misericordia: da una parte il fascino eterno della Vanitas, l’incantamento cromatico e luministico, la passione botanica unita alla carica simbolica e alla ricerca infinita di significati nascosti; dall’altra l’indifferenza per la riproduzione di semplici mazzi di steli recisi, la secolare convinzione che l’arte davvero valida si esprima ben altrimenti a livello di temi e soggetti, magari una malcelata vis polemica ambientalista («Raccogliere i fiori equivale a condannarli a morte») o una rivendicazione radicale del primato antropico e culturale su quello naturale («Sono solo corolle e petali, molto meglio un bel ritratto in posa»). Eppure, ogni volta che si parla di questo argomento, sarebbe forse sufficiente ricordare I fiori di Aldo Palazzeschi per provare a mettere d’accordo, tra il serio e il faceto, entrambe le fazioni: bandita ogni interpretazione ingenua o leziosa, i malintesi «esseri puri della natura» apparirebbero nella loro evidente ambivalenza di creature complesse e dotate carattere, e come tali affatto prive di vizi e perversioni; dunque tutto, ma davvero tutto, fuorché un refugium peccatorum nel quale cercare di evadere dalle brutture del consorzio umano, anzi uno specchio non consolatorio delle contraddizioni del vivere.
Che i fiori siano dotati di personalità ben definite oltre che di un variegato sembiante arcobaleno lo sanno bene Darroch e Michael Putnam, nomi di riferimento per il floral design oltre che proprietari, dal 2014, di uno studio-boutique con sede a New York divenuto in breve la rosa dei venti internazionale in caso di sfilate, servizi fotografici, installazioni, eventi e cerimonie (matrimoni in primis), e a cui si è aggiunto, dall’autunno del 2019, il Putnam Flower Channel, un’innovativa piattaforma di e-learning per lezioni e corsi a tema. Le collaborazioni di Putnam & Putnam soddisfano da anni l’esigente settore del lusso, mettendo d’accordo i guru dello stile e della moda (non si piace, tra le altre, a una come Grace Coddington per pura ventura) e finendo periodicamente sulle più importanti pubblicazioni (Vogue, Harper’s Bazaar, Martha Stewart Living, Tom & Country, W Magazine, Elle Decor e via dicendo). Un business, a conti fatti, ma anche una vocazione vera e propria, che ha saputo concordare il carattere pratico dell’ambito florovivaistico con quello simbolico e narrativo, riuscendo a evocare atmosfere e raccontare storie affascinati a partire da forme e sfumature vegetali.
Dopo Il colore dei fiori, già pubblicato nella sua versione italiana da L’ippocampo e accolto con grande favore, ecco dunque che la fortunata coppia nella vita e sul lavoro ha voluto ribadire il segreto del proprio successo in un secondo volume che si pone come perfetta prosecuzione del precedente, in cui il vero e proprio “florilegio” veniva presentato al lettore in base a un criterio originale, ovvero cromatico prima ancora che stagionale. A sua volta, questo nuovo contributo si pone come scopo principale quello di aiutare professionisti o semplici appassionati a fare le scelte più accorte in caso di autonomo cimento, evitando «le composizioni innaturali che ricordano i tipici cliché degli anni ‘90» (p. 11), mirando a una naturalezza ben diversa dalla sciatteria del puro caso e soprattutto al raggiungimento di «un’attenzione al colore intuitiva ed emozionale sempre più sofisticata» (p. 10). Darroch e Michael Putnam prendono ovviamente molto sul serio la questione, e nel caso in cui il concetto non fosse chiaro non mancano di ricordare i presupposti artistici del loro modus operandi:
«durante i nostri workshop siamo soliti dire che quello che facciamo è dipingere. I fiori sono lo strumento, e il colore il messaggio. Mentre tutti consigliano di sentire il profumo della rosa e degli altri fiori, noi consigliamo di osservarne i colori» (p. 12).
Sfogliando le quasi 500 pagine del volume non c’è difatti da stupirsi che l’ispirazione per le composizioni sia debitrice di ripetute visite al Guggenheim e al MOMA di New York e al Clark Art Institute di Williamstown nel Massachussets, e sembra proprio di vedere la coppia aggirarsi per le sale intenta a stilare promemoria visivi con fotografie e bozzetti. Questo non perché ci si trovi di fronte a una mera scopiazzatura di originali su tela o su tavola, ma perché la cura che anima le creazioni del duo (e quelle proposte sono ben 175) ha evidenti riferimenti che nulla hanno in comune con il tipo di improvvisazione che fa di tutte le erbe un fascio. Proprio per questa ragione, il volume L’ippocampo è una guida che alterna esempi e consigli, immagini e spiegazioni, in cui il ruolo del colore è sempre quello del protagonista. Molta attenzione viene dedicata alla presentazione degli schemi cromatici (Accento colore, Colori analoghi, Colori complementari, Monocromatico, Arcobaleno, Gradazione cromatica, Triadico) e alla disambiguazione di alcuni concetti chiave (cromie fredde, cromie calde, tocco colore, punto luce, ombra, tonalità, saturazione, sfumatura), e oltre ai suggerimenti circa le associazioni cromatiche e le palette colore (consigliate per stagione e per eventi) il libro è arricchito da alcuni specchietti di rapida consultazione (un glossario, un elenco di attrezzi indispensabili, un focus sui contenitori consigliati – alzate, coppe, contenitori domestici di riciclo, vasi monofiore, vasi alti, contenitori basi, urne – e un altro sugli allestimenti nuziali e da tavola; non mancano nemmeno riflessioni sull’emozionalità e sulla sostenibilità). Ogni composizione, presentata su due pagine, è accompagnata da brevi didascalie in cui vengono indicati lo schema cromatico, i colori chiave, l’elenco dei principali fiori e frutti utilizzati identificati attraverso il loro nome comune e un consiglio “extra”, per così dire di “bonus”. Il suggerimento principale, ad ogni modo, resta quello di procedere dapprima con la scelta dei colori, e di far seguire a questa quella dei fiori, a loro volta suddivisi in quattro gruppi:
«le star, ossia i fiori più grandi e vistosi, di sicuro successo; i riempitivi, che servono come base di partenza e sui quali si costruisce la composizione; i materici, che con la loro texture aggiungono interesse all’insieme; e infine quelli che con il loro portamento creano un effetto di movimento, dando l’illusione di una danza» (p. 9).
Perfetto complemento alla precedente pubblicazione, questo secondo volume a cura di Darroch e Michael Putnam ne conferma la doppia valenza, per così dire, teorica e pratica. Se nel primo caso si trattava di offrire al pubblico uno spunto contemplativo potenzialmente infinito nel presentare i fiori adottando come criterio principale quello cromatico, in questo caso la riflessione sul senso e sul valore dei colori si associa a una guida concreta di utilizzo e di accostamento in ambito botanico, e dunque a un normario non dogmatico (l’invito resta quello a personalizzare ogni idea e ogni scelta) corredato da decine di esempi. Immancabile nelle librerie personali e sui banconi da lavoro dei floral designer – anche in virtù del formato pocket e dei campioni in coda al volume, removibili e comprensivi di tutte le gamme citate: sul fronte i colori, sul retro la foto della composizione con la corrispondente didascalia e il numero di pagina – questo volume L’ippocampo è una guida di consultazione dinamica e maneggevole che piacerà senza dubbio alcuno a chiunque, indipendentemente dalla professione, ami coltivare, donare, ricevere, disegnare, dipingere e fotografare fiori. E chissà che in tempi difficili come quelli attuali, in cui i colori sono tristemente associati alla partizione del territorio nazionale in aree di maggiore o minore rischio pandemico e in cui l’imminente primavera farà sospirare ancora per un po’ il godimento esterno delle sue nuove gemmazioni, il confinamento domestico non tragga benessere e consolazione dalla presenza decorativa più antica del mondo, meglio ancora se il bouquet da osservare dalla sua prima floridezza al suo appassimento finale è stato realizzato home made ma con crismi e accorgimenti di autentica eccellenza.
Cecilia Mariani
Social Network