di Giulia Caminito
Bompiani, 2021
pp. 304
€ 18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
Imprevedibile, complessa, discontinua: la formazione della giovanissima Gaia è quanto di meno lineare possiamo immaginare, a cominciare dalle condizioni in cui vive fin da piccola. La madre, Antonia, lotta ogni giorno per riuscire a sbarcare il lunario, facendo pulizie in nero per ricchi concittadini, mentre a casa la aspettano quattro figli (Mariano, avuto da una precedente unione; Gaia e i due gemelli piccoli) e il marito, rimasto su una sedia a rotelle, dopo essere caduto da una impalcatura. Chiamarlo disagio sociale sarebbe un eufemismo: ogni giorno Antonia deve ricordare ai figli che bisogna essere onesti, sempre e comunque, ma anche trovare il modo per affermare i propri diritti. Ecco perché nelle primissime pagine leggiamo di come Antonia fa di tutto - ma proprio di tutto - per vedersi finalmente assegnare la casa popolare che da anni le promettono.
Tuttavia, neanche questa è la soluzione: Gaia si ritrova in un quartiere nuovo, dove tutti hanno una ricchezza che loro non possono neanche lontanamente sperare; e di nuovo ci saranno povere valigie e un ulteriore trasloco fuori città, sul lago di Bracciano. La scuola non accoglie Gaia come la ragazza avrebbe sperato e anche i risultati lasciano a desiderare. Antonia è stata chiara: Gaia deve riscattarsi e riscattare sua madre, e la cultura è l'arma designata per una vendetta che deve portarla a vivere senza così tante fatiche. Niente però è scontato, neanche l'amicizia: Gaia si avvicina a due ragazzine che, come lei, viaggiano ogni giorno in treno per raggiungere la scuola, ma relazionarsi in tre è qualcosa di nuovo, da scoprire, perché lei è sempre stata abituata a rapporti a due, oppure alla buriana di casa.
L'amore? L'amore per Gaia potrebbe essere l'ennesima occasione di riscatto, specialmente se riuscisse a farsi corteggiare da un ragazzo ambito del suo stesso liceo classico. Inizierebbe, allora, a contare qualcosa? Certo, Gaia da sempre è stata interessata a un altro ragazzo, che le pare però irraggiungibile.
Crescere, per Gaia, significa scontrarsi con tradimenti, scarsa lealtà, delusioni, smacchi, a cui la ragazza reagisce con rabbia. La violenza è un sentimento che Giulia Caminito esplora a fondo e senza paura in L'acqua del lago non è mai dolce, rendendoci questo io narrante a volte ingiustificabile.
Eppure la protagonista si fa amare ugualmente, pur essendo giudicante e a volte intollerabile nel manifestare bisogno d'amore in modo disfunzionale, esagerato. Sarà che tutti quanti in adolescenza abbiamo rivolto sguardi impietosi agli altri e al nostro stesso corpo, ponendoci schizofrenicamente domande come: "perché non mi ama?" e "perché mi ama?", e faticando a trovare risposte coerenti. Tenere lontano gli altri (da sé, come dalla propria casa, oggetto di vergogna) e poi meravigliarsi dei loro voltafaccia sono dinamiche che si ripetono, a cui ci abitueremo. La vita con Gaia non è mai dolce, parafrasando il titolo, e le sue reazioni sono un'esplosione dopo l'altra: se si sente messa in un angolo, lei reagisce e colpisce, forte, per far male, a costo di sporcarsi le mani e di rischiare addirittura di commettere un crimine più grande di lei.
A stupire nel romanzo, oltre ai colpi di scena che definirei "emotivi", ovvero relativi alla sfera degli affetti, è lo stile: Giulia Caminito ha scelto per il suo nuovo romanzo una lingua diversa, ricca, in cui spesso non basta un termine per definire una cosa, ma occorrono elenchi. Non si arriva mai alla sovrabbondanza in senso negativo, ma certamente siamo lontani dallo stile che aveva scelto per Un giorno verrà e per La grande A: come la protagonista scava nel dizionario che le ha regalato la madre per affermarsi, e forse proprio solo nelle parole trova un punto fermo, così la narrazione si fa ricercata e fitta, inesausta nel sondare sensazioni, dipanare (e a volte intricare) riflessioni. Non mancano certamente i dialoghi, ma spesso è la voce monologante dell'io narrante a imporsi, con i suoi commenti e i suoi giudizi, che ci impongono di guardare il mondo attraverso i suoi occhi. Se queste scelte stilistiche possono essere disturbanti nelle prime pagine, perché chiedono un accomodamento, dopo i primi capitoli riconosciamo Gaia, con la sua ricchezza lessicale, il suo disperato bisogno di riempire di senso un vuoto. E ci troviamo a ringraziare Giulia Caminito per questa scelta coraggiosa e personale, lontana dal minimalismo di certe scritture contemporanee.
GMGhioni
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